Il progetto lombardo esplora alternative al mais e alla soia, testando nuove razioni alimentari e rotazioni colturali. L’iniziativa fa parte di un’azione più ampia per ridurre le emissioni di gas serra nel settore agro-zootecnico

Il circuito produttivo dei salumi tradizionali, tra cui le indicazioni geografiche, è un settore di fondamentale importanza per la zootecnia lombarda che ospita il 50% circa del patrimonio suinicolo nazionale localizzato nelle così dette “Aree intensive ad agricoltura specializzata” basate principalmente sulla coltivazione del mais in monosuccessione. Il mais è una coltivazione ad altissimo fabbisogno idrico; per questo motivo si è imposta nei terreni a nord del fiume Po dove però negli ultimi anni sono emersi problemi di disponibilità irrigua e di prevalenza fungina (micotossine) che hanno fatto emergere la necessità di considerare piani colturali alternativi.

Oltre al mais, l’alimentazione del suino pesante si completa tradizionalmente con altre materie prime spesso in acquisto e di importazione, quale ad esempio la farina di estrazione di soia ogm di origine extra continentale che è uno degli alimenti più impattante sull’impronta ambientale.

In proposito, la Ue ha approvato il Reg (Ue) 2023/1115, che dovrebbe entrare in vigore da dicembre 2024, stabilendo norme relative all’immissione e alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione nonché all’esportazione dall’Unione di prodotti al fine di ridurre al minimo il contributo dell’Unione

  • alla deforestazione,
  • alle emissioni di gas a effetto serra
  • e alla perdita di biodiversità a livello mondiale.

Efficientamento tecnico economico della razione

La volatilità e la disponibilità dei mercati condizioneranno quindi sempre di più la sostenibilità e competitività della nostra filiera suinicola nazionale sia da un punto di vista economico sia ambientale.

L’attuale costo di produzione del suino pesante per il circuito tutelato è maggiore di 2 euro/kg peso vivo, di cui oltre il 50% è rappresentato dai costi alimentari: è quindi evidente che poter agire sull’efficientamento tecnico economico della razione è uno dei principali elementi discriminante i costi di produzione e la sostenibilità del settore.

In quest’ottica appare importante sottolineare che la produzione suinicola (attività agricola e di allevamento) si svolge in modo intensivo in aree comunque già fortemente antropizzate, dove la gestione della compatibilità ambientale è inderogabile per:

  • competizione nell’uso delle risorse, soprattutto di terra, con altre attività;
  • difficoltà di accettabilità sociale dell’attività agro-zootecnica (odori, benessere animale, potenziale inquinamento delle acque da azoto e fosforo);
  • crescente attenzione dell’opinione pubblica, così come lo sviluppo della normativa ambientale, riguardo alla produzione di gas ad effetto serra (Ghg) e ammoniaca e ai loro effetti sul clima e le forti responsabilità che vengono attribuite in tal senso all’allevamento intensivo.

In questo contesto, dopo trent’anni dalla sua prima stesura, lo scorso settembre è entrato in vigore il nuovo Disciplinare di produzione del Prosciutto di Parma Dop. Una revisione che ha riguardato diversi aspetti del sistema produttivo, tra cui anche una maggiore elasticità di formulazione della dieta con l’intento di consentire piani alimentari che, a parità di efficienza produttiva e qualità delle carni, consentano da un lato di ottimizzare i costi di produzione e dall’altro di ridurne l’impatto ambientale. In particolare, le modifiche comprendono:

  • aumento dell’inclusione massima di pisello proteico al 25%*;
  • aumento dell’inclusione massima mais (granella) al 65%*;
  • tolto il vincolo minimo della proteina grezza sul mangime finito prima fissato al 12%;
  • almeno il 50%* delle materie prime, su base annuale, deve provenire dalla zona geografica di allevamento;

(*valori riferiti sulla sostanza secca del mangime finito).

Progetto So-ppeso

Con queste premesse Comazoo, Cooperativa per il miglioramento agricolo e zootecnico (Bs), si è fatta promotrice, in qualità di capofila, di “So-ppeso: il suino pesante ma sostenibile”, un progetto finanziato dall’operazione 16.2.01 “Progetti pilota e sviluppo di innovazione” del Psr Lombardia 2014-2020, svolto in collaborazione con la Soc. Coop. Agricola Quadrifoglio (Mn) e le aziende agricole Perini Fabio (Mn) e Colle Fiorito (Mn) e con la consulenza scientifica della sede di Modena del Centro di ricerca zootecnia e acquacoltura del Consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria (Crea-Za) e di Fondazione Crpa studi Ricerche.

Un progetto che intende disegnare un percorso di sostenibilità del sistema produttivo suinicolo come elemento distintivo, ed eventualmente spendibile a livello commerciale, valutando sistemi agronomici per la produzione di alimenti alternativi al mais (qualora le possibilità di irrigazione ne precludono l’efficienza di coltivazione) e soia, utilizzati poi per testare e dimostrare la sostenibilità ambientale ed economica di nuovi modelli di razionamento compatibili con le nuove indicazioni del Disciplinare Dop.

In particolare, i fattori di miglioramento attesi sono specificatamente riferiti a buone pratiche che:

  • contribuiscono al miglior efficientamento dei costi alimentari e quindi di produzione del suino pesante attraverso la comparazione e valutazione dinamica delle soluzioni nutrizionali possibili rispetto alle materie prime disponibili;
  • aumentano la possibile percentuale di inclusione di alcune materie prime utilizzabili nell’alimentazione del suino pesante (quali pisello proteico e sorgo), con particolare riferimento a soluzioni che possono meglio adattarsi a zone con scarsa disponibilità idrica;
  • favoriscono avvicendamenti con colture (es. leguminose) utili a migliorare la sostanza organica del suolo, fenomeno propedeutico alla riduzione degli input chimici e al naturale contenimento delle infestanti;
  • supportino gli imprenditori agricoli riguardo le migliori scelte di rotazione colturale che possano consentire il massimo impiego di materie prime di produzione comprensoriale, e quindi di conseguenza ridurre l’esposizione dei propri costi di produzione alla disponibilità e volatilità del mercato;
  • individuino le varietà di mais che meglio rispondono, per contenuto di ac. linoleico, alle necessità dell’alimentazione del suino pesante, alla luce della nuova possibile inclusione concessa dal Disciplinare;
  • valutino quali soluzioni nutrizionali, a parità di efficienza produttiva, consentano da una parte di ridurre i costi di produzione del suino pesante e, dall’altra di ridurre l’impatto ambientale, non solo in termini di azoto escreto degli animali, ma anche in termini di impronte ambientali quali le emissioni in atmosfera, il fabbisogno in energie non rinnovabili, l’acidificazione, l’eutrofizzazione, l’occupazione di terreno coltivabile, il fabbisogno in fosforo.

Nuovi modelli di razionamento

Presso la stazione sperimentale del Crea-Za (sede di Modena) sono stati messi a confronto due nuovi modelli di razionamento con un piano alimentare tradizionale a base di mais e farina di estrazione di soia, come dettagliato nella tabella 1.

In particolare, sono stati coinvolti 72 suini di razza Duroc Italiana x Large White Italiana nella fase di accrescimento e ingrasso di peso vivo compreso tra 50 e 170 kg circa, ovvero fino alla macellazione. I capi sono stati suddivisi omogeneamente nelle 3 tesi di 24 animali, ognuna delle quali suddivisa in 6 box da 4 animali, di cui 3 di maschi e 3 di femmine.

L’alimentazione è stata razionata a secco e somministrata secondo una curva stabilita in base ai fabbisogni specifici e univoca per tutti i piani alimentari. Tra i box non si sono riscontrate variazioni di ingestione rispetto alla curva registrando una ingestione nel ciclo di prova (139 giorni) pari a 406,6 Kg mangime/capo.

I capi sono stati pesati all’inizio e alla fine della prova e durante il ciclo ogni 28 giorni.

Sulla base dei dati misurati sono stati calcolati l’accrescimento medio giornaliero (Amg) e l’Indice di conversione alimentare (Ica), come riportato nella tabella 2.

In sede di macellazione sono stati rilevati il peso della carcassa (peso a freddo ottenuto secondo Regolamento Eu n.1308/2013), e il tenore in carne magra (valutata secondo l’equazione del FOM2). Sono inoltre stati prelevati campioni di grasso di deposito per valutare la conformità ai requisiti del Disciplinare del Prosciutto di Pama, misurato il pH a 45’ e a 24 ore dalla macellazione e rilevato il colore della carne sui muscoli semimembranoso e bicipite femorale a 24 ore dalla macellazione.

Come era atteso, l’attuazione di nuovi modelli alimentari (con particolare riferimento all’utilizzo di materie prime diverse tra le tesi e la riduzione del contenuto di proteina grezza nel mangime finito) non ha prodotto nessuna differenza significativa rispetto alla razione tradizionale, nei parametri di efficienza produttiva e qualitativa considerati, avvalorando quindi l’opportunità della loro messa in pratica per i possibili risvolti di ottimizzazione economica e di riduzione dell’impatto ambientale, come di seguito evidenziato.

Bilancio e resa dell’azoto escreto

Il comparto agrozootecnico contribuisce per il 7% alle emissioni globali di gas climalteranti (Ghg) e il 95% di azoto ammoniacale (fonte Ispra 2021). L’efficientamento del ciclo dell’azoto risulta quindi di primaria importanza e può essere calcolato secondo:

  • il bilancio dell’azoto (N) che quantifica l’azoto escreto come differenza fra input (IN) e output (OUT) azotati secondo l’equazione: N IN (animali e alimenti) – N OUT (animali venduti e morti);
  • la resa dell’azoto che definisce l’efficienza di utilizzo dell’azoto durante il ciclo produttivo secondo l’equazione: (N animali OUT– N animali IN) / N alimenti IN*100.

Dove:

Il valore N animali (IN e OUT) rappresenta la quantità di azoto presente negli animali calcolato secondo un coefficiente fisso per categoria di peso (tabella 3).
Il valore N alimenti è il contenuto di azoto presente nella razione somministrata agli animali.

Come dettagliato nella tabella 4 il confronto delle razioni ha prodotto risultati molto significativi in termini di bilancio e resa dell’azoto: in particolare il piano alimentare a base cereali (C) ha consentito una riduzione del 28% dell’azoto escreto e un aumento del 21% della resa azotata, rispetto al tradizionale (A) e con pisello proteico (B).

Questi risultati aprono scenari molto interessanti sulla futura alimentazione del suino pesante e sui sistemi colturali su cui questa si basa. In quest’ottica, questi dati sono stati divulgati all’interno dell’attività del living lab nazionale “Ferty: Feed fertilization crops and energy” che ha l’obiettivo di ridurre le amissioni gas serra (Ghg) e di ammoniaca (NH3) nella filiera di produzione del suino pesante attraverso interventi sull’alimentazione degli animali, impiego dei reflui in impianti di biogas e al miglioramento della sostanza organica nel suolo applicando il modello del Biogasfattobene®.

Questa attività è svolta da Crea-Za (sede di Modena) in collaborazione con il Crpa e rientra nel progetto europeo Climate Farm Demo- A European-wide network of pilot farmers implementing and demonstrating climate smart solutions for carbon neutral Europe”, con l’obiettivo di promuovere la diffusione di buone pratiche di “agricoltura intelligente” in tutta Europa.

Per approfondimenti visita il sito di Comazoo.


L’articolo è disponibile per i nostri abbonati sulla Rivista di Suinicoltura n. 11/2024

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So-ppeso: suino pesante, ma sostenibile - Ultima modifica: 2024-12-05T16:28:28+01:00 da Barbara Gamberini

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