Anche quest’anno è stata copiosa la presenza di espositori italiani alla British pig & poultry fair, la fiera inglese dedicata all’allevamento intensivo di suini e avicoli che si è tenuta il 10 e l’11 maggio a Stoneleigh park, nello Warwickshire (www.pigandpoultry.org.uk).
Tra gli espositori italiani (Merlo, Supertino, Zago, Ska, Valli, Agritech, Bts) era presente anche Valerio Caravaggi, titolare dell’omonima azienda specializzata nella costruzione di biotrituratori, cippatrici, macchine per il compostaggio e altre applicazioni speciali.
Alla fiera, Caravaggi ha presentato la macchina mulino miscelatore o, come poi è stata definita per la sua funzione, “mangimificio ambulante”.
Spiega il titolare dell’azienda: «L’allevatore può decidere di comprare il mangime finito oppure di produrlo in prima persona utilizzando parte delle materie prime di sua produzione. Solitamente, l’imprenditore zootecnico che gestisce un allevamento di grandi dimensioni lo produce internamente. Al contrario, chi possiede piccoli o medi allevamenti decide di acquistarlo fuori. Noi ci poniamo nel mezzo. Vale a dire, proponiamo la macchina ai “piccoli” e “medi” allevatori che non sono disposti ad affrontare cifre troppo elevate per la costruzione di un vero mangimificio anche se di piccole dimensioni, ma che ugualmente vorrebbero produrre il mangime da sé».
Dal punto di vista del controllo qualità, preparare il mangime “in casa” significa avere la certezza della salubrità e della correttezza dei suoi ingredienti: «Se compro la soia – precisa il produttore – so che nel mangime metterò soia, non avrò mai il lontano dubbio che nella ricetta possano figurare il fagiolino o il pisello o altri ingredienti simili, magari non previsti dalla mia ricetta».
Ma si tratta anche di una questione economica. Aggiunge infatti Caravaggi: «Su 10mila quintali di mangime, se questo viene prodotto in casa, si possono risparmiare fino a 30mila euro».
In Italia queste macchine si collocano in un mercato di nicchia, «anche perché – precisa Caravaggi – gli allevamenti sono per lo più a ingrasso e l’alimentazione è soprattutto di tipo bagnato».
Solitamente il mangimificio ambulante viene venduto ad allevatori che gestiscono tra le 100 e le 400 scrofe a ciclo chiuso. «Ma le abbiamo commercializzate – aggiunge Caravaggi – anche per allevamenti che contano magari una cinquantina di capi e che hanno il mangimificio distante dalla sede dell’allevamento per cui il costo di trasporto incide di più sul prezzo finale».
Nel Regno Unito, invece, dove si coltivano essenzialmente orzo e frumento, quando queste materie prime cominciano ad avere prezzi troppo bassi, si decide di convertire le proteine vegetali in proteine animali, allevando suini liberi. Vale a dire, se sul mercato non conviene più vendere l’orzo, converto la mia produzione e comincio ad allevare suini, quasi sempre su paglia. Una situazione che nel Regno Unito si presenta in modo abbastanza frequente e facile».
In questi allevamenti di suini a stabulazione libera i silos si trovano ai lati degli spazi destinati agli animali e i suini mangiano quando e quanto vogliono (ad libitum). «In questo contesto – conclude Caravaggi - il mangimificio ambulante diventa strategico per l’allevamento».
Da considerare che nel Regno Unito non vengono prodotti né prosciutti, né insaccati. Sul mercato si commercializzano essenzialmente una sorta di mortadella, dei wurstel e molto bacon da un maiale di 105 kg. In questa forma, il suino viene consumato dagli inglesi in grandi quantità.
Leggi l’articolo completo sulla Rivista di Suinicoltura n. 7-8/2016
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