Fair Oaks Farms , l’allevamento industriale nato come attrazione turistica

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Nel breve termine dovrebbe poi essere inaugurato un ulteriore Centro educativo (di cui attualmente è visibile la miniatura), dove i turisti saranno aggiornati e informati su tutti gli step successivi necessari all’ottenimento di un suino da macello che poi sarà trasformato in carne.
Sdegno verso la trasmissione Announo. Informazione fuorviante

È da pochi minuti passata la mezzanotte del 22 maggio 2015, quando indignato ho spento la televisione e mi sono chiesto se quanto avevo appena visto valeva la pena che fosse commentato oppure no. Per quieto vivere avrei potuto optare per il no, anche perché quella mattina mi aspettava una levataccia per raggiungere uno di quei posti di morte di cui si era appena detto e inoltre non credo nelle levate di scudi soprattutto se effettuate a mente calda. Per chi non lo avesse ancora capito mi riferisco alla puntata di Announo in cui si è “parlato” dell’allevamento intensivo. Anzi, occorre dire che da questo punto di vista l’Italia è sempre stata un’isola (relativamente) felice.

Da oltre 20 anni giro prevalentemente per l’Europa e, fin dai primi tempi, ho sentito parlare di questo genere di argomenti: irruzioni di animalisti all’interno di allevamenti, sit-in di protesta di fronte a macelli e supermercati, pubblicità su radio e televisioni, ecc. Il potere di tali lobbies è talmente elevato da condizionare l’agenda delle grandi catene di distribuzione che in alcune nazioni, tra le altre cose, hanno iniziato ad esigere già da qualche tempo l’acquisto di carni provenienti da suini non castrati (la castrazione sarà abolita nell’Ue a partire dal 1° gennaio 2018), in Danimarca ci si sta preparando perché si prevede nei prossimi anni l’abolizione delle gabbie parto, in parecchie scuole si impongono menu vegetariani e vegani o si vietano salsicce, uova o salami nelle mense scolastiche dietro al paravento del rischio Salmonellosi (vedi il caso recente dell’Emilia-Romagna).

Entrare nel merito di quanto fatto vedere in trasmissione sarebbe fin troppo semplice da smontare anche se è doveroso premettere che se c’è qualcuno che sbaglia è giusto che paghi dal momento che questo danneggia l’intera categoria e rischia di avere ricadute sulla stragrande maggioranza degli allevatori che compiono il loro lavoro rispettando le regole.

Un cliché di luoghi comuni

Il programma ha seguito un cliché fin troppo banale: a lato dei due opinionisti(??) Alba Parietti e Antonio Di Pietro, avevamo un parterre di giovani con visioni diametralmente opposte (dal vegano al consumatore di carne) e infine Oscar Farinetti (presidente di Eataly), Sergio Capaldo (presidio Slow Food La Granda), Guglielmo Golinelli (allevatore) e si è registrato l’intervento dell’oncologo Veronesi.

Ovviamente a suon di luoghi comuni, si è cercato di demonizzare l’allevamento intensivo facendo un taglia e cuci tra immagini brevi e fugaci commentate in modo fazioso, senza dare la possibilità allo spettatore di verifica e per di più, rubate violando la proprietà privata. Commentare quasi 3 ore di trasmissione richiederebbe ben altri spazi e tempi che solitamente il lettore normale non ha. Tuttavia, questo non penso debba essere il punto, infatti rischieremmo di dire cose già note protestando come sempre tra noi.

Ritengo invece che una trasmissione come quella non vada sottovalutata ed esiga l’impostazione di contromisure che abbiano tra loro un filo logico e una strategia comune.

Parlare all’opinione pubblica

Occorrerebbe quindi interrogarsi su cosa fare. Più e più volte si è discusso circa la necessità che gli allevatori si facciano conoscere all’opinione pubblica prima che altri lo facciano al posto loro (e vediamo con quali risultati). Ecco che iniziative volte alla promozione del lavoro in allevamento (di qualunque specie si tratti) sarebbero assolutamente necessarie. In un mondo in cui l’immagine diventa sempre più importante è fondamentale comparire e assumere una propria identità. Giornali locali, sagre, iniziative tra le più disparate devono diventare vetrine per il mondo allevatoriale.

In questo caso non esistono né se né ma in quanto ne va dell’intera categoria, si richiede a tutti uno sforzo, pena il rischio di venire travolti da una mentalità non soltanto ottusa, ma altrettanto pericolosa per l’intransigenza delle proprie idee.

Nei box seguenti si propongono due casi il primo relativo a un’esperienza degli Stati Uniti in cui si cerca di mettere in contatto il mondo dell’allevamento con la cittadinanza e il secondo riporta un’intervista effettuata tra oltre 1.000 studenti francesi, futuri consumatori di domani, in cui si indaga sul loro rapporto con l’allevamento intensivo e il consumo di carne.

 

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I visitatori possono comunicare con il personale impiegato in allevamento attraverso una vetrata.

 

L'articolo intero è pubblicato sulla Rivista di Suinicoltura n. 7-8/2015

Fair Oaks Farms , l’allevamento industriale nato come attrazione turistica - Ultima modifica: 2015-07-07T15:32:31+02:00 da Barbara Gamberini

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