Di Orlando Fortunato
“La biosicurezza è oggi lo scudo più importante contro la Ped, la diarrea epidemica suina, che da inizio gennaio è comparsa in Lombardia e sta causando qualche problema ai suinicoltori. Bisogna però evitare inutili allarmismi, perché la Ped non è pericolosa per l’uomo e non influisce minimamente sulla qualità delle carni. Ma tutti coloro che operano nella prima parte della filiera suinicola devono prestare attenzione alle norme sulla biosicurezza”. Lo afferma Loris Alborali, responsabile della Sezione diagnostica dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lombardia ed Emilia-Romagna (Izsler) e presidente della Società italiana di patologia dell’allevamento suino (Sipas), in un’intervista rilasciata in occasione della 87ª Fiera agricola zootecnica italiana (Fazi) di Montichiari (Bs).
Alborali insiste nel raccomandare comportamenti di corretta gestione nelle fasi di biosicurezza esterna, “che significa innanzitutto fare attenzione alla movimentazione dei suini e alla pulizia dei mezzi di trasporto e delle scarpe di chi per motivi professionali visita gli allevamenti”. Accorgimenti in grado di contrastare la circolazione di questo corona virus, comparso all’inizio di gennaio e che oggi è presente in 14 focolai nell’area fra Brescia e Mantova. “Non mi stupisce, invero, visto che il più alto numero di suini è allevato in queste due province”.
Innanzitutto, che cos’è la Ped e come si manifesta?
“È una malattia virale che colpisce i suini di tutte le età. Una volta contagiati, gli animali mangiano meno, si verifica un rialzo di temperatura, che comunque dura poco, e poi compare una diarrea liquida che ha una morbilità molto alta, superiore all’80%, mentre la mortalità è molto bassa, ad eccezione dei suini sotto scrofa, dove la mortalità varia dal 15 al 60 per cento”.
Da cosa è causata?
“È causata da un corona-virus e, da quanto abbiamo verificato nei focolai monitorati, è molto simile a un ceppo che è chiamato Usa, isolato negli Stati Uniti e a bassa patogenicità”.
Come è arrivata la Ped nelle nostre zone?
“Lo stesso ceppo che abbiamo riscontrato nel Bresciano e nel Mantovano, è stato rinvenuto a partire dalla seconda metà del 2014 in Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Ucraina. E già dal 213 negli Stati Uniti”.
È ipotizzabile che sia arrivato in Lombardia con i suinetti importati dall’estero?
“Non è chiaro come sia arrivato nei nostri allevamenti e come si sia diffuso anche in altri paesi europei. Quello che è certo è che si è diffuso perché non sono state applicate tutte le misure di biosicurezza, che sono oggi le sole misure precauzionali efficaci per tenere lontano il virus”.
Qual è il grado di trasmissione tra azienda e azienda?
“Se non si rispettano le basi elementari della biosicurezza, si corrono rischi di trasmissibilità. Bisogna fare in modo di porre molta attenzione ai trasporti, alla sanitizzazione dei camion, persino alle scarpe di chi si muove per le aziende, perché le feci sono il principale veicolo di contagio. Non bisogna abbassare la guardia nemmeno quando si caricano i suinetti e i suini da azienda ad azienda e quando si va verso il macello, ma anche nella gestione degli animali morti”.
La Ped è pericolosa per l’uomo?
“No. Lo dico con chiarezza, per evitare suggestioni irrazionali da parte dei cittadini, dei consumatori, o epidemia mediatiche innescate da qualche giornalista che pensa di far vendere qualche copia in più e magari non si rende conto di procurare allarmi infondati e deleteri per un settore già in difficoltà”.
La Ped influisce sulla qualità delle carni?
“No. Ad oggi è solo problema che coinvolge qualche allevamento . Evitiamo allarmismi ed è con questo spirito che voglio raggiungere i media”.
Come si cura?
“Essendo una malattia virale, una volta che è entrata in azienda l’unico modo è attendere, velocizzare e controllare con esami che si immunizzi tutto il parco degli animali e in particolare le scrofe per evitare i danni in sala parto ”.
In che modo?
“Bisogna fare circolare il virus all’interno dell’azienda e controllare che le diverse categorie di animali presenti in azienda abbiano gli anticorpi presenti contro la Ped”.
Come si fa a scoprire che è Ped?
“Servono analisi di laboratorio, che devono essere fatte molto celermente. Inoltre, si deve procedere alla ricerca degli anticorpi, per capire quali animali ne sono in possesso”.
Voi avete come Istituto zooprofilattico sperimentale una task force?
“Sì. Siamo attrezzati e stiamo dando la priorità a questo esame, anche per capire quali ceppi sono presenti in questa zona. Le Sezioni Diagnostiche della Lombardia e dell’Emilia-Romagna sono in grado di fornire direttamente e velocemente un servizio di accertamento, come peraltro hanno già fatto e dimostrato la Sezione di Brescia, Mantova, Cremona, Lodi, Reggio Emilia e Forlì, con il supporto per la tipizzazione dei virus dei laboratori della Sede di Brescia, che rappresenta la sede centrale dell’Istituto”.
La situazione è sotto controllo?
“Sì. Procediamo con diagnosi e analisi dei ceppi e forniamo assistenza ai veterinari, per evitare che la Ped crei dei danni. Invitiamo però gli operatori della filiera a osservare scrupolosamente le norme di biosicurezza”.
In generale, da veterinario, come vede la situazione attuale per la suinicoltura?
“Il momento è difficile e l’attuale difficoltà economica mette in difficoltà maggiore dove in questi anni non si è investito dal punto di vista gestionale e sanitario. In questi o dove non si sono fatti i conti con attenzione, risulta difficile alle aziende rimanere in piedi. Ma devo riconoscere che gli allevatori nella maggior parte dei casi hanno lavorato bene sul piano dei controlli sanitari, nella gestione complessiva dell’impresa e nei costi di produzione. Purtroppo in questa fase i margini sono molto risicati anche per loro ”.
Qual è la situazione relativa al benessere animale nelle aziende?
“Gli allevatori sono i primi ad essere interessati, perché dove i parametri di benessere animale sono elevati, migliora la produttività e la qualità delle carni. Con riferimento alla normativa comunitaria e soprattutto per quanto riguarda l’allevamento in box delle scrofe in gestazione , direi che oggi gli allevamenti suinicoli italiani sono nella media di quelli degli altri paesi europei”.
Come veterinari state anche lavorando per ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti. È così?
“Sì. È fondamentale quantificare l’utilizzo degli antibiotici e questo sia perché così facendo si riducono i costi aziendali sia perché il miglioramento della produzione non è legato all’utilizzo di una maggiore quantità di antibiotici. I farmaci si usano solamente quando c’è la necessità e dobbiamo evitare che ci vengano imposte restrizioni o tolti degli antibiotici che oggi sono di notevole aiuto per il controllo di alcune patologie . Stiamo facendo attività di istruzione negli allevamenti, ma anche in questo caso spesso manca la conoscenza della quantità di antibiotici utilizzata e la possibilità di sapere se questa è in linea con la media degli altri allevamenti della nostra realtà”.
CRISTINI: RISCHI CON L’INVASIONE DEI SUINETTI ESTERI
Sul problema è intervenuto anche Andrea Cristini, presidente dell’Anas (Associazione nazionale allevatori suini), sempre in occasione dell’ultima edizione della Fiera di Montichiari: “Stiamo assistendo a una massiccia invasione di suinetti dall’estero a prezzi scontatissimi e questo preoccupa noi allevatori, perché con questi flussi di esportazione dal Nord Europa verso l’Italia stiamo registrando episodi di Ped, acronimo che sta per diarrea epidemica suina. Non vorrei che gli allevatori nordeuropei, alle prese con la malattia, ci considerino la pattumiera dell’Europa”.
“Abbiamo tenuto - continua Cristini - una riunione con l’Istituto sperimentale zootecnico della Lombardia ed Emilia-Romagna nella sede di Coldiretti Brescia e chiediamo, come allevatori, che venga innalzato il livello di guardia da parte delle autorità sanitarie. Assistiamo all’invasione di suinetti dall’estero e non si riesce a capire come mai i prezzi di vendita subiscano tagli così vertiginosi. Giusto per chiarire, però, la malattia non presenta rischi per l’uomo o per le produzioni, onde evitare ripercussioni ulteriormente negative di mercato o scenari di panico collettivo, come è capitato in passato con l’aviaria o la Bse”.