Nel territorio lombardo, di forte concentrazione zootecnica, l’allevamento del suino è sostenuto da piani colturali altrettanto intensivi, basati principalmente sulla coltivazione del mais in monosuccessione e sull’importazione di farina di estrazione di soia OGM di origine extra continentale. Entrambi questi alimenti sono eccellenti apportatori di energia, il primo, e di proteina di alto valore biologico, il secondo, ma entrambi fanno intravedere crescenti difficoltà di produzione ed approvvigionamento. La provenienza delle materie prime, la quantità e qualità degli alimenti da utilizzare in stalla sono componenti che influenzano l’efficienza di utilizzazione delle razioni e il loro impatto ambientale. La farina di estrazione di soia è uno degli alimenti a più elevato impatto ambientale dell’alimentazione dei suini: in proposito, la UE ha approvato il Reg (UE) 2023/1115 stabilendo norme relative all’immissione e alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione nonché all’esportazione dall’Unione di prodotti al fine di ridurre al minimo il contributo dell’Unione alla deforestazione, alle emissioni di gas a effetto serra e alla perdita di biodiversità a livello mondiale.
Il mais è una coltivazione ad altissimo fabbisogno idrico; per questo motivo si è imposta nei terreni a nord del fiume Po dove gli ordinamenti colturali sono da sempre impostati sulla risorsa acqua e solo di recente sono emersi problemi di disponibilità irrigua. Ciò significa che sarà necessario disporre di un’alternativa alla produzione del mais, almeno nelle zone meno vocate a tale coltivazione. Le cooperative che partecipano al progetto si collocano in territori che più facilmente hanno a disposizione acqua per irrigare, ma non certo nei volumi passati. A ciò si aggiunge la necessità di rispondere alla normativa europea in materia di tutela degli ecosistemi acquatici; non è ulteriormente procrastinabile, infatti, l’applicazione del D. Lgs n.152 del 03/04/2006 che prevede il “deflusso ecologico” cioè la modulazione dei rilasci dai bacini montani e dei prelievi idrici in funzione dell’ottimale funzionamento degli ecosistemi acquatici.
Negli ultimi decenni inoltre, in questi territori, la monocoltura mais si è sostituita agli avvicendamenti e ai prati permanenti così come alle leguminose foraggere, che garantivano il mantenimento della sostanza organica del suolo. La sostanza organica,composta per circa il 60% da Carbonio Organico (CO), è un dinamico, complesso e fondamentale componente del suolo e del ciclo globale del carbonio. Pur rappresentando solo una piccola percentuale del suolo (generalmente tra 1% e 5%) ne controlla molte delle proprietà chimico, fisiche e biologiche, risultando il costituente più importante e l’indicatore chiave del suo stato di qualità. Emerge quindi la necessità di utilizzare al meglio i terreni coltivabili, sia in termini di produzione di alimenti zootecnici, sia in termini di produzione e gestione delle deiezioni
In quest’ottica, le disposizioni in termini di alimentazione dei suini dei disciplinari di produzione dei prosciutti a DOP oggi in vigore, potrebbero essere enfatizzate nella formulazione di mangimi che, a parità di efficienza produttiva, consentano da una parte di ridurre i costi di produzione del suino pesante e, dall’altra di ridurre l’impatto ambientale, non solo in termini di azoto escreto degli animali, ma anche in termini di impronte ambientali.
Da tutti questi elementi è scaturito il progetto Sò-ppeso, la cui attività si è articolata in una prima fase di valutazione dell’adattabilità, delle rese e del valore nutritivo di varietà di orzo, sorgo da granella e pisello proteico, alternativi a mais e soia, nel contesto del territorio mantovano, nell’ottica di individuare colture meno esigenti in termini di irrigazione, ma che mantengano livelli produttivi in linea con le materie prime utilizzate tradizionalmente.
A riconoscimento della vocazione maidicola delle zone irrigue, i disciplinari produttivi del suino pesante per le DOP hanno ne hanno anche aumentato la quota utilizzabile sino al 65% della sostanza secca della razione. Per le ragioni sopradette è però necessario poter valorizzare al meglio la sua produzione nell’alimentazione del suino pesante con particolare riferimento al suo contenuto in acido linoleico. Infatti, permane il vincolo alla percentuale (2%) di acido linoleico contenuto nella sostanza secca della razione dei suini destinati alle DOP, poiché questo influenza direttamente un altro importante parametro di controllo quale il numero di iodio nel grasso di copertura della coscia.
La produzione di cereali diversi da mais destinati alla suinicoltura
C’è una lacuna di conoscenza relativamente alle varietà delle colture in studio più idonee alle condizioni agronomiche lombarde, dove prove varietali sul pisello proteico mancano da oltre un decennio e il sorgo non è ancora realmente considerato come alternativa al mais. Si registra anche un certo scetticismo sull’uso di orzo e sorgo nelle zone dove il mais è sempre stato l’unico cereale di interesse perché il più produttivo, ma i tempi sono maturi per raccogliere informazioni che possano essere applicabili e fruibili nel breve periodo, quando le scelte relative a dove indirizzare la disponibilità irrigua saranno inevitabili.
Le prove in campo
Nel progetto So-ppeso sono state condotte presso la cooperativa Quadrifoglio due prove di confronto varietale, una per l’orzo e una per il sorgo, al fine di valutare la produttività e la composizione nutritiva di diversi materiali coltivati nell’ambiente pedoclimatico mantovano. Per entrambi i cereali si riscontra una produzione di granella diversa tra le varietà e con valori medi significativamente diversi all’analisi statistica. Nel caso dell’orzo le produzioni migliori hanno superato le 6 tonnellate di sostanza secca per ettaro e 2 varietà hanno prodotto circa 1 tonnellata di ss in meno del valore medio della prova. Per il sorgo le differenze produttive sono nettamente più marcate tra varietà, con la peggiore che ha prodotto oltre il 50% in meno della migliore: questo indica come per questo cereale sia bene valutare l’adattamento alle condizioni produttive della Pianura Padana. Mentre il contenuto in proteina e amido risulta sovrapponibile tra le diverse varietà di orzo (valore medio 12,59% ss e 37,44% ss rispettivamente) per il sorgo si evidenzia una differenza significativa tra le medie dei valori di proteina. I contenuti medi di proteina ed amido per il sorgo sono rispettivamente 12,57% ss e 74,92% ss.
Caratterizzazione del mais ai fini del miglior impiego nell’allevamento del suino pesante
Durante la campagna mais 2023 le cooperative partner del progetto e loro consociate hanno fornito un’ottantina di campioni di granella di mais di varietà diverse, rappresentativi quindi delle produzioni ottenute nelle condizioni pedoclimatiche della Pianura Padana lombarda. Il contenuto di acido linoleico delle granelle è stato determinato dal CREA-ZA con tecnica gascromatografica. E' evidente la grande variabilità del tenore di grassi grezzi nei campioni analizzati, così come del contenuto di acido linoleico. In particolare, è stato rilevato un valore minimo di ac. linoleico pari a 1,41% (con un tenore di grassi grezzi totali di 2,65%), nel campione medio di 1,8% (con un tenore di grassi grezzi totali di 3,47%), e un valore massimo di 2,25% (con un tenore di grassi grezzi totali di 3,8%). La scelta varietale può quindi condizionare significativamente la possibile inclusione percentuale di mais in razione o, al contrario, la qualità e conformità delle cosce laddove impiegato senza una verifica preliminare del suo contenuto di ac. linoleico. Facendo infatti una simulazione di inclusione risulta quanto segue. L’inclusione al 65% del mais con il contenuto più basso di ac. linoleico consente di restare ampiamente sotto i limiti di tolleranza del valore di ac. linoleico (1,62% sulla sostanza secca della razione), ma il basso contenuto di grassi totali comporta la necessità di una maggiore inclusione di fonti lipidiche (lipidi con punto di fusione superiore a 36°C) aumentando il costo formula. L’impiego della varietà che si colloca nei valori medi rappresenta la soluzione migliore, poiché da un lato consente di utilizzare la massima inclusione possibile di mais restando nei limiti di ac. linoleico (1,95% sulla sostanza secca della razione) e dall’altro fornisce un buon livello energetico anche dai grassi. Le varietà invece che si collocano oltre il valore medio presentano crescenti e proporzionali problemi di inclusione. La varietà con il massimo contenuto di ac. linoleico, infatti, se inclusa al 65%, porta ad un eccesso oltre il limite di ac. linoleico (2,28% sulla sostanza secca della razione), d’altro canto se si include in razione tenendo conto del limite massimo raggiungibile di ac. linoleico (2%) la sua inclusione non può superare il 50%. La mancata conoscenza e/o presa in considerazione di questo parametro qualitativo del mais potrebbe quindi tradursi in seri limiti nell’ottimizzazione tecnico economica dei costi alimentari, e soprattutto nella corretta valorizzazione del mais autoprodotto, pena l’uscita dai parametri qualitativi richiesti dal Disciplinare. Questi dati trovano conferma anche in un precedente monitoraggio su campioni varietali di mais conferiti all’essiccatoio Comazoo condotto dal CREA-ZA nel 2018 dal quale erano risultate notevoli differenze nel contenuto di ac. linoleico con un range compreso tra 1,39% a 2,66% rispettivamente di minimo e di massimo.