Etichetta più chiara per la carne di suini, ovicaprini e avicoli

Entrato in vigore il regolamento Ue 1337 del 2013/Ue sull’etichettatura delle carni, fresche, refrigerate o congelate, di suini, ovini, caprini e volatili previsto dal regolamento 1169 del 2011

Di Francesca Baccino

 

È diventa facoltativa l’applicazione in etichetta dell’origine delle carni di suino, ovino, caprino e dei volatili, mentre è stato introdotto l’obbligo di indicare dove l’animale è stato allevato e macellato. Dal 1° aprile 2015 è entrato in vigore infatti il regolamento Ue 1337 del 2013/Ue sull’etichettatura delle carni, sia fresche che refrigerate o congelate, di suino, ovino, caprino e volatili previsto dall’articolo 26, paragrafo 2 del regolamento 1169 del 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Ue del 22 novembre 2011) varato con l’obiettivo di migliorare l'informazione e la tutela del consumatore e la necessità di una regolamentazione delle etichette che – a prescindere dalla  normativa a tutela della qualità delle Dop e Igp  – punti alla corretta tracciabilità dei prodotti e alla descrizione delle principali materie prime.

Il regolamento 1337 introduce l’obbligo di indicare il Paese d’origine o il luogo di provenienza e di macellazione degli animali. suino, ovino, caprino e volatili.  Lo stesso regolamento consente anche, su base volontaria, di dettagliare meglio le informazioni sull’origine del prodotto. Il termine “origine” può essere utilizzato solo nel caso di animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese. Per esempio si può scrivere “Origine Italia” solo se l’animale è nato, cresciuto ed è stato macellato in Italia.

Il regolamento non si applica alle carni che sono state legalmente immesse sul mercato dell'Unione prima del 1° aprile 2015 fino a esaurimento delle scorte. Entro il 1° aprile 2020, la Commissione dovrà presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio per valutare gli effetti dell'indicazione obbligatoria del paese d'origine o del luogo di provenienza su queste carni.

Obbligo in etichetta della dicitura «Allevato in» e «Macellato in»

Entrando nel dettaglio, l’articolo 5 del regolamento 1337 del 2013 definisce le regole sull’etichettatura della carne e prevede che sia indicato:

    1. Il nome dello Stato membro o del paese terzo di allevamento con la dicitura «Allevato in: (nome dello Stato membro o del paese terzo)». Per quanto riguarda la specie suina se l’animale abbattuto è di età superiore a sei mesi, è obbligatorio indicare il nome dello Stato membro o del paese terzo in cui si è svolto l’ultimo periodo di allevamento di almeno quattro mesi. Nel caso in cui l’animale abbattuto sia di età inferiore a sei mesi e con un peso a vivo di almeno 80 kg, va riportato il nome dello Stato membro o del paese terzo in cui si è svolto l’allevamento dopo che l’animale ha raggiunto i 30 kg,. Se l’animale abbattuto è di età inferiore a sei mesi e con un peso a vivo inferiore a 80 kg, va indicato il nome dello Stato membro o del paese terzo in cui si è svolto l’intero periodo di allevamento. Per la specie ovina e caprina è d’obbligo il nome dello Stato membro o del paese terzo in cui si è svolto l’ultimo periodo di allevamento di almeno sei mesi, o, nel caso in cui l’animale abbattuto sia di età inferiore a sei mesi, dello Stato membro o del paese terzo in cui si è svolto l’intero periodo di allevamento. Per quanto riguarda i volatili è obbligatorio indicare il nome dello Stato membro o del paese terzo in cui si è svolto l’ultimo periodo di allevamento di almeno un mese, o, nel caso in cui l’animale abbattuto sia di età inferiore a un mese, dello Stato membro o del paese terzo in cui ha avuto luogo l’intero periodo di allevamento dopo che l’animale è stato immesso all’ingrasso.
  • Sempre il regolamento introduce l’obbligo di indicare il nome dello Stato membro o del paese terzo in cui ha avuto luogo la macellazione indicato con la dicitura «Macellato in: (nome dello Stato membro o del paese terzo)».

 

  1. Il terzo passaggio riguarda l’obbligo di indicare il codice della partita che identifica le carni fornite al consumatore o alla collettività.

Qualora il periodo di allevamento  necessario per indicare “allevato” non sia stato raggiunto in nessuno degli Stati membri né dei paesi terzi in cui l’animale è stato allevato, in etichetta viene riportato  «Allevato in vari Stati membri dell’Ue» o, nel caso in cui le carni o gli animali siano stati importati nell’Unione, da «Allevati in: vari paesi extra Ue» o «Allevati in: vari paesi dell’Ue e paesi extra Ue». Anche se il periodo di allevamento necessario per indicare “allevato”  non è stato raggiunto in nessuno degli Stati membri o dei paesi terzi  viene indicato ugualmente «Allevato in: (elenco degli Stati membri o dei paesi terzi di allevamento dell’animale)» se l’operatore del settore alimentare dimostra alle autorità competenti che l’animale è stato allevato in tali Stati membri o paesi terzi.

«Origine» in etichetta, indicazione facoltativa

Le indicazioni “allevato” e “macellato” in etichetta possono essere sostituite dall’«Origine: (nome dello Stato membro o del paese terzo)» se l’operatore del settore alimentare dimostra alle autorità che le carni  sono state ottenute da animali nati, allevati e macellati in un unico Stato membro o paese terzo.

Confezione con carni diverse

Se in una confezione sono presenti più pezzi di carne, della stessa specie animale o di specie diverse, e quindi richiedono indicazioni di etichettatura diverse l’etichetta indica:

  1. per ciascuna specie, l’elenco dei relativi Stati membri o paesi terzi;
  2. il codice della partita che identifica le carni fornite al consumatore o alla collettività.

Deroga per carni da paesi Extra-Ue

L’articolo 6 del regolamento 1337 del 2013  stabilisce una deroga per carni provenienti da paesi terzi.

L’etichetta delle carni  importate per immissione sul mercato dell’Ue deve contenere l’indicazione «Allevato in: non Ue» e «Macellato in: (nome del paese terzo di macellazionea dell’animale)».

Deroghe per carni macinate e rifilature

L’articolo 7 del regolamento Ue stabilisce delle deroghe per le carni macinate e le rifilature. In questo caso possono essere utilizzate le seguenti indicazioni:

  1. «Origine: UE» qualora siano prodotte esclusivamente con carni ottenute da animali nati, allevati e macellati in più Stati membri;
  2. «Allevato e macellato in: Ue» qualora siano prodotte esclusivamente con carni ottenute da animali allevati e macellati in più Stati membri;
  3. «Allevato e macellato in: non Ue», qualora siano prodotte esclusivamente con carni importate nell’Unione;
  4. «Allevato in: non Ue» e «Macellato in: Ue» qualora siano prodotte esclusivamente con carni ottenute da animali importati nell’Unione come animali da macello e macellati in uno o più Stati membri;
  5. «Allevato e macellato in: Ue e non Ue» qualora siano prodotte con carni ottenute da animali allevati e macellati in uno o più Stati membri e da carni importate nell’Unione; carni ottenute da animali importati nell’Unione e macellati in uno o più Stati membri.

Quando si scrive “Allevato in Italia”

Per quanto riguarda la dicitura “Allevato in Italia” le regole variano a seconda delle diverse specie animali. In sintesi i suini macellati sopra i 6 mesi devono trascorso almeno gli ultimi 4 mesi in Italia o al momento dell’arrivo in Italia devono pesare meno di 30 kg ed al momento della macellazione superare gli 80 kg, ed ancora, se al momento della macellazione pesano meno di 80 kg devono aver trascorso l’intero periodo di allevamento in Italia. Gli ovini e i caprini devono aver vissuto almeno gli ultimi 6 mesi in Italia o se macellati prima dei 6 mesi di vita devono aver trascorso in Italia l’intero periodo di allevamento; il pollame deve aver trascorso almeno l’ultimo mese in Italia o, se macellato prima del primo mese di vita, aver trascorso l’intero periodo di ingrasso in Italia.

Coldiretti: passo avanti ma restano lacune  

Dalla nuova norma, fa notare la Coldiretti, restano escluse la carne di coniglio, particolarmente diffusa a livello nazionale, e quella di cavallo, ma anche le carni di maiale trasformate in salumi. “Una carenza particolarmente grave, secondo l’organizzazione, che va colmata al più presto in una situazione in cui in Italia due prosciutti su tre sono fatti da maiali stranieri ma il consumatore non lo può sapere, e la situazione non è certo migliore per salami, soppressate, coppe o pancette. Su questi prodotti come su altri l’eventuale obbligo dell’origine dipenderà dagli studi di impatto che la Commissione Europea sta realizzando, con un certo ritardo sui tempi previsti dal Regolamento 1169 del 2011, nonché dalle successive valutazioni politiche degli Stati membri”.

“Questa positiva novità introdotta dall’Europa è una tappa di un lungo percorso per garantire scelte di acquisto consapevoli ai consumatori” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare però che “la battaglia continua perché in una situazione di difficoltà economica bisogna portare sul mercato il valore della trasparenza a vantaggio dei consumatori e dei produttori agricoli”. L’Italia che nell’alimentare ha conquistato primati qualitativi e sanitari – ha precisato Moncalvo - deve essere capofila nell’Unione Europea nel sostenere le politiche di tutela della sicurezza alimentare che sono al centro dei lavori dell’Expo.

Confagricoltura Brescia: una misura chiesta da tempo

“Dopo tanta attesa – ha affermato il presidente dell’Unione Agricoltori di Brescia, Francesco Martinoni – la nuova norma permetterà di conoscere l’origine e la provenienza delle carni. Si tratta di una misura che richiedevamo da tempo, indispensabile per mettere il consumatore nelle condizioni di poter effettuare scelte di acquisto consapevoli. Parallelamente l’introduzione dell’indicazione di origine delle carni rappresenta una condizione fondamentale per valorizzare le produzioni, e quindi gli operatori, nazionali, riconoscendone le caratteristiche qualitativamente superiori. L’auspicio è che le nuove regole, oggi valide solo per le carni suine, ovi-caprine e di pollame, possano essere estese anche ai prodotti derivati quali prosciutti cotti e salumi, affinché il tratto distintivo delle produzioni italiane di tutta la filiera possa essere espresso con trasparenza”.

Cia: basta etichette anonime

“Ora partire da questo risultato per continuare a tutelare la sicurezza e la trasparenza alimentare iniziando dalle produzioni che, a oggi, restano ancora escluse dalla normativa europea sull’origine dei prodotti agricoli”, è l’appello lanciato dal presidente nazionale della Cia Dino Scanavino. “Una scelta obbligata e non più rinviabile sia per assicurare competitività agli agricoltori e per premiare i loro sforzi, attraverso l’indicazione esclusiva del luogo di origine e il divieto di etichette anonime - spiega Scanavino- sia per rispondere alle attese dei tanti consumatori che sono sempre più interessati a fruire delle informazioni che accompagnano i prodotti al momento della loro scelta di acquisto”.

Assica: bene l’etichettatura di origine volontaria

“Accogliamo con favore la norma perché consentirà ai Consumatori europei di conoscere l’origine e la provenienza delle carni suine” ha affermato il direttore di Assica, Davide Calderone. “Con questo intervento la comunità pone una serie di regole chiare, uniformi e auspicabilmente stabili per gli operatori del settore. Si tratta di una soluzione che Assica ha sempre appoggiato per evitare di aggiungere solo all’industria nazionale i costi di un’etichettatura obbligatoria, visto che l’etichettatura di origine volontaria è sempre stata possibile”  ha continuato Calderone.

Per l’industria l’introduzione dell’indicazione dell’origine delle carni potrebbe portare ad una maggiore valorizzazione delle carni suine italiane. Il suino italiano tradizionale, infatti, come ha spiegato il direttore di Assica, viene allevato per fare i prosciutti Dop e ha carni più mature del suino leggero europeo, carni che contengono meno acqua.

Etichetta più chiara per la carne di suini, ovicaprini e avicoli - Ultima modifica: 2015-04-01T14:12:30+02:00 da Giorgio Setti

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