L’intervento di Elena Canelli, professoressa a contratto presso l’Università di Parma, nel corso del seminario online “Abbandono dello zinco in suinicoltura, dall’alimentazione agli interventi manageriali” si è incentrato sul percorso che ha portato alle attuali condizioni di allevamento del suino, che è iniziato nel 2006 con la messa al bando dell’utilizzo di antibiotici come promotori della crescita e nel 2013 è stato caratterizzato da un altro step fondamentale, ossia il divieto di sistemi di allevamento in cui le scrofe siano allevate in gabbia per l’intera durata della gestazione. Il percorso per l’abbandono dello zinco nella sua forma ossidata ha invece avuto inizio nel 2017 in seno alla Commissione europea, con lo scopo di incrementare la sostenibilità ambientale dell’allevamento suinicolo e arginare il fenomeno dell’antibiotico resistenza, al quale l’utilizzo dello zinco ossido contribuisce in maniera importante. Il percorso iniziato nel 2017 arriverà a compimento a fine giugno 2022, data in cui non sarà più consentito l’utilizzo dello zinco, né come ritrovato terapeutico né come additivo nutrizionale.
Nel gennaio 2022 è inoltre cambiata la legislazione sull’utilizzo dell’antibiotico, che a breve porterà al divieto totale di utilizzo della colistina. Il futuro di questo percorso di trasformazione del settore suinicolo prevede la totale messa a bando delle gabbie per la scrofa in gestazione entro il 2027.
Il settore suinicolo ha risposto alle sfide messe in campo dagli interventi legislativi citati con diverse modalità: per quanto riguarda la messa a bando dell’utilizzo di antibiotici come promotori della crescita, ha in parte portato all’aumento dell’utilizzo terapeutico di alcune classi di antibiotici e in parte alla diversificazione e all’aumento delle formulazioni dietetiche. Il bando della gestione delle scrofe in gabbia ha invece portato al cambio radicale delle strutture di allevamento, dalle gabbie singole ai box gestazione.
L’approccio olistico
La risposta all’eliminazione dello zinco ossido è una sfida importante che deve segnare il passaggio da un approccio di sostituzione ad una considerazione olistica della problematica. L’alternativa diretta sarebbe infatti rappresentata da un aumento dell’uso di antibiotico per contrastare le forme diarroiche da E. coli. Canelli sostiene invece che il tipo di approccio più corretto da adottare prende in considerazione il problema nella sua interezza, nelle sue relazioni con tutto il sistema aziendale e la fitta rete di connessioni che mette in comunicazione i vari elementi, puntando ad agire sulla prevenzione del problema piuttosto che la cura.
Nella fase di allevamento post-svezzamento, zinco ossido e antibiotici sono utilizzati principalmente per la prevenzione di patologie enteriche (gentamicina e aminosidina gli antimicrobici più frequentemente utilizzati), soprattutto quelle associate a E. coli. Gli antibiotici sono inoltre impiegati su larga scala nel controllo delle affezioni respiratorie associate al periodo dello svezzamento. Le patologie che rientrano nel complesso delle affezioni riguardanti l’apparato enterico e l’apparato respiratorio condividono gli stessi fattori di rischio, legati all’ambiente di allevamento (densità, temperatura, ventilazione, umidità, strutture), alla gestione della scrofa (gestione della scrofetta e condizionamento intestinale), alla genetica, a biosicurezza e igiene dell’allevamento, allo sviluppo di immunità efficace (condizionamento, integrazioni, vaccinazione). L’abbandono efficace dello zinco e la riduzione dell’uso degli antibiotici devono passare obbligatoriamente dall’intervento su questi fattori all’interno della peculiare situazione di ciascuna azienda, tramite una rigorosa analisi del rischio, l’evidenziazione dei punti critici di controllo, di metodologie di valutazione e di azioni correttive.
La gestione delle scrofette e dei suinetti sottoscrofa
Tra i punti su cui, secondo Canelli, è necessario un intervento rapido ed efficace ci sono la gestione della scrofetta e il management del suinetto sottoscrofa. Per questo secondo punto è essenziale la gestione della madre, che con il suo microbioma enterico e cutaneo fornisce una certa pressione al sistema immunitario dei suinetti, i quali nascono con un intestino completamente sterile. È quindi fondamentale che la flora microbica della scrofa, la prima che il suinetto incontra già nel canale del parto, sia adatta alla colonizzazione dell’apparato enterico del suinetto stesso. È inoltre necessario ottimizzare la quantità e la qualità del latte prodotto dalla scrofa, con un’alimentazione adeguata al condizionamento e all’immunità e che tenga anche in conto le necessità alimentari delle attuali linee genetiche, particolarmente prolifiche. L’immunità del suinetto può essere incrementata tramite una corretta gestione della scrofa, attraverso l’utilizzo della vaccinazione verso E. coli e Clostridium spp., una gestione mirata delle primipare e la minimizzazione dello stress in gestazione e post-partum. Nella gestione del suinetto sottoscrofa è essenziale favorire l’acquisizione di un buon microbiota (derivante dalla madre e da lieviti e batteri ambientali), ottimizzare la qualità di latte e colostro e ottenere un buon Bcs. Particolare attenzione va prestata alla somministrazione del mangime, che deve iniziare già in questa fase e deve essere appropriato per potere assorbente, qualità e digeribilità. In tale mangime è importante iniziare l’inserimento di additivi che aiutino il suinetto in preparazione allo svezzamento. Il post-svezzamento è la fase in cui si utilizza la maggior quantità di integrazione alimentare (additivi), ma è importante soprattutto formulare una dieta in grado di promuovere la sana maturazione dell’intestino e prevenirne il sovraccarico legato alla somministrazione di diete adatte ad un suino funzionalmente adulto.
Le alternative allo ZnO
Nella considerazione delle strategie da mettere in atto per far fronte alla mancanza dello zinco ossido vanno ricordate le sue molteplici funzioni: lo ZnO infatti, migliora la digestione dei nutrienti, stimola la corretta maturazione dell’intestino, stimola la secrezione pancreatica e ha un effetto di immunomodulazione positiva ed un’azione antibatterica diretta. La strategia da adottare sarà quella di utilizzare diversi additivi che intervengano sui vari aspetti toccati dallo zinco ossido. Le diverse categorie di additivi ad oggi disponibili sono rappresentate da eubiotici, acido benzoico, acidi grassi, composti dei lieviti, oligosaccaridi, enzimi, fitobiotici e fitoterapici, tannini, polifenoli, vaccini e assorbenti.
Eubiotici
Gli eubiotici sono costituiti da prebiotici e probiotici, che spesso sono usati in combinazione per ottenere un’azione simbiotica, in cui l’azione degli additivi è potenziata vicendevolmente. I probiotici sono rappresentati da popolazioni di batteri o lieviti sicuri e possono essere somministrati in forma viva, spenta o sporulata. Caratteristica fondamentale del probiotico è la capacità di sopravvivere inalterato al passaggio nel tratto gastrico e arrivare nell’intestino, che deve colonizzare per poi produrre dei metaboliti secondari. I prebiotici sono sostanze organiche non digeribili, ma utilizzabili dalle popolazioni batteriche residenti nell’intestino, in grado di stimolare la crescita selettiva di alcuni ceppi batterici o di alterare l’attività di alcuni batteri nocivi; le principali classi di prebiotici sono mannanoligosaccaridi (mos) e fruttoligosaccaridi (fos). I fruttoligosaccaridi possono essere trovati in tantissime fonti vegetali (tra cui radici di cicoria, soia e frumento) e sono oligosaccaridi non degradabili nell’intestino dei monogastrici, motivo per cui vengono utilizzati dalle popolazioni di Bifidobacterium, Lactobacillus, Streptococcus faecium e Bacteroides residenti nell’intestino o aggiunte alla dieta come probiotici. I mannanoligosaccaridi sono invece frazioni delle pareti cellulari di Saccharomyces cerevisiae e regolano e proteggono la flora intestinale. Queste molecole, infatti, legano i batteri patogeni tramite un’affinità recettoriale e il complesso così formato viene eliminato più rapidamente dall’intestino. Alcune classi di mos hanno inoltre azione immunomodulatoria positiva. L’inulina è tra i probiotici più conosciuti ed utilizzati e tra i suoi effetti benefici troviamo l’aumento di acidi grassi volatili a corta catena (agv), aumento dell’acidificazione intestinale, aumento dell’escrezione azotata, azione trofica sui villi intestinali e regolarizzazione del transito e della massa intestinale. I principali probiotici possono essere classificati in: ceppi eucarioti, a cui appartengono lieviti e funghi (Saccharomyces spp. e Aspergillus spp.), e ceppi procarioti, a loro volta suddivisi in lattobacilli (Enterococcus spp., Bifidobacterium spp., Lactobacillus spp.) e spore (Bacillus spp.). Le spore presentano il vantaggio di essere più facilmente somministrabili perché termostabili e possono essere utilizzate nella ricontaminazione post-disinfezione e post-lavaggio degli ambienti oppure come aspersione sulla mammella in sala parto per colonizzare da subito l’intestino del lattante. I probiotici agiscono per competizione dei siti recettoriali con i batteri patogeni e possono avere attività di immunomodulazione positiva e di modulazione della digeribilità dei nutrienti. Dal punto di vista produttivo, l’effetto benefico dei probiotici è apprezzabile mediante un miglioramento di incremento ponderale giornaliero e degli indici di conversione dell’alimento.
Acidi organici
Gli acidi organici a corta catena, principalmente rappresentati dall’acido benzoico e dai suoi sali, sono prodotti di sintesi che hanno tra gli effetti benefici quello di ridurre il pH gastrico e delle urine e di bioregolare la flora intestinale.
Gli acidi grassi a media catena sono invece ottenuti a partire dall’olio di cocco o dall’olio di palma, hanno un buon effetto su lieviti e funghi, ma soprattutto agiscono sui Gram negativi, poiché i loro target sono i peptidoglicani della parete batterica. Per questo stesso motivo, non hanno alcun effetto sulle popolazioni di Gram positivi.
Oli essenziali
Una classe di composti che può essere utilizzata in sinergia con gli acidi grassi è quella degli oli essenziali. Tra gli effetti benefici di queste sostanze, troviamo proprietà antisettiche e antispastiche e attività battericida e batteriostatica.
Il limite principale degli oli essenziali è però rappresentato dalla loro scarsa appetibilità, soprattutto quando sono aggiunti al mangime in quantità tale da esplicare la funzione ricercata.
Enzimi e altri additivi
Gli enzimi usati come additivi migliorano la digeribilità dei nutrienti presenti nella dieta. In particolare, amilasi, glucanasi e xilanasi aumentano la digestione di amidi e zuccheri, mentre la fitasi è l’enzima che permette l’utilizzo della soia nell’alimentazione del monogastrico, in quanto svincola il fosforo vegetale agendo sull’acido fitinico.
Le fitasi di nuova generazione inoltre, liberano il fosforo e producono un intermedio mimetico dell’insulina che contribuisce all’utilizzo cellulare di questo zucchero.
Tannini e polifenoli sono metaboliti secondari delle piante, che presentano molte delle caratteristiche positive già evidenziate in altri composti di origine vegetale.
Ancora una volta, il principale limite al loro utilizzo come additivi alimentari è il sapore sgradevole, che riduce la palatabilità del mangime.
Un altro possibile tipo di additivi impiegabili sono i fermentati, in particolare i fermentati di soia e di colza. In questo caso, viene sfruttata la capacità dei batteri lattici di trasformare le sostanze non digeribili in sostanze digeribili.
Il futuro degli additivi è rappresentato dall’impiego di microalghe per la loro capacità di fissazione del carbonio, così come l’utilizzo di batteriofagi, ossia virus nemici naturali dei batteri, in grado di targetizzarli ed eliminarli e che potrebbero essere utilizzati anche sulla clearance del biofilm.
Un ulteriore ritrovato della ricerca che sarà utilizzabile in futuro sono gli inibitori del quorum sensing: queste molecole agiscono nel mantenimento delle popolazioni batteriche a livelli tali da non raggiungere il “quorum” e impedire perciò l’espressione di fattori di virulenza e patogenicità.
Conclusioni
Per concludere, un esempio di possibile strategia di prevenzione delle patologie infettive del post-svezzamento è un approccio multifattoriale, che punti a sostituire lo zinco intervenendo sugli aspetti su cui interviene lo zinco stesso.
Questa strategia può essere rappresentata dall’impiego di enzimi corretti e di assorbenti (per neutralizzare le tossine batteriche), assieme a prebiotici che supportino il sistema immunitario allo svezzamento.
Può essere prevista l’aggiunta di agv a lento rilascio per migliorare l’integrità del tratto intestinale, la funzionalità delle tight-junctions e l’assorbimento dei nutrienti, assieme a quella di probiotici come Bacillus spp. per arginare la crescita di batteri patogeni ed infine l’aggiunta di una miscela di acidi grassi incapsulati, in grado di raggiungere l’intestino del suinetto.
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Scarica le presentazioni dei relatori:
Interventi nutrizionali per ridurre il rischio di diarree nell’era senza Zinco di Roberto Bardini, Medico Veterinario, Species Manager SwineTrouw Nutrition Italia