APPROAch è un progetto di “Digital farming” che ha testato due diversi sistemi di abbattimento (filtro a secco e scrubber a umido) per migliorare la qualità dell’aria all’interno degli allevamenti suinicoli, riducendo così anche le emissioni atmosferiche del comparto. Finanziato da Regione Lombardia nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale, ha coinvolto in qualità di partner il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali (Università degli Studi di Milano), l’Associazione Regionale Allevatori Lombardia (Aral) e quattro aziende suinicole lombarde. Il progetto, iniziato a settembre 2019, è giunto ormai al termine dei 3 anni di attività.
Perché migliorare la qualità dell’aria?
La Lombardia si trova al centro della Pianura Padana, una zona che, a causa della sua conformazione orografica e dell’elevata concentrazione di attività produttive, presenta, come noto, una significativa concentrazione e ristagno di inquinanti. Tra questi, quello che desta maggior preoccupazione è il particolato fine, che deriva prevalentemente dal traffico e dal riscaldamento civile, ma che è anche in parte riconducibile alle emissioni di ammoniaca, in quanto è un precursore del cosiddetto particolato secondario. Le emissioni di ammoniaca sono per la maggior parte (95%) di derivazione agricola e, in Italia, la Lombardia è tra le regioni a più alta vocazione agricola e zootecnica. In Lombardia, infatti, vengono allevati circa il 13% dei bovini ed il 50% dei suini nazionali, la maggior parte dei quali destinati alla produzione di prosciutti.
In allevamento, l’ammoniaca viene principalmente emessa durante le fasi di stabulazione, stoccaggio e spandimento dei reflui. È stimato che circa la metà dell’ammoniaca emessa si depositi nel raggio di pochi chilometri, mentre l’altra metà venga trasportata anche a maggiore distanza sottoforma di particolato secondario. Il problema dell’ammoniaca è quindi duplice: 1) emessa in ambiente causa acidificazione, eutrofizzazione terrestre ed acquatica comportando perdita di biodiversità, mentre, 2) sotto forma di particolato secondario rappresenta un rischio per la salute umana. Una prolungata esposizione al particolato contribuisce, infatti, al rischio di sviluppare e/o aggravare patologie respiratorie e cardiovascolari. Questi inquinanti quindi, non solo inficiano la qualità dell’aria circostante agli allevamenti, ma all’interno dei ricoveri, quando presenti in elevate concentrazioni, possono rappresentare un potenziale pericolo per la salute di animali e operatori.
Cos’ha fatto APPROAch per migliorare la qualità dell’aria in allevamento suinicolo?
APPROAch ha testato 3 diverse tecnologie: una centralina “smart” per il monitoraggio della qualità dell’aria presente all’interno dei ricoveri e due diversi sistemi di trattamento dell’aria, un filtro a secco ed un prototipo di uno scrubber ad umido.
- La centralina “smart” (foto 1), oltre a monitorare in tempo reale le concentrazioni di gas inquinanti all’interno della porcilaia, ha la funzionalità di attivare il funzionamento dei due sistemi di abbattimento al superamento di predeterminati limiti soglia, così da mantenere le concentrazioni di polveri ed ammoniaca entro limiti che preservino la salute degli animali e degli operatori. Tali valori sono stati stabiliti all’interno di una tavola rotonda a cui hanno partecipato diversi stakeholder, tra cui i rappresentanti dell’International Commission on Occupational Health - Rural health. I range stabiliti sono stati di 10-15ppm per l’ammoniaca e 0,3–0,5 mg/m3 per il PM10.
- Il filtro a secco è un prodotto commerciale già applicato in altri ambiti industriali per l’abbattimento delle polveri. Nello specifico, sono stati testati due diversi sistemi di filtro a secco, uno è stato installato nell’azienda suinicola A (foto 2) e l’altro nell’azienda B (foto 3).
La scelta di testare due diversi prodotti ha permesso di compararne la diversa capacità filtrante in un ambiente particolarmente polveroso come quello dell’allevamento.
- Lo scrubber a umido, infine, è un prototipo costituito da due serbatoi, il primo contenente solo acqua per catturare il particolato ed il secondo acqua in soluzione con acido citrico, per catturare l’ammoniaca. L’aria, prelevata all’interno dei ricoveri grazie ad una pompa di aspirazione, passa quindi attraverso i due serbatoi ed è poi reimmessa nella stanza (foto 4).
Le centraline sono state installate prima in due delle aziende partner, così da validarle per le condizioni ambientali e concentrazioni di inquinanti presenti in allevamento. Dopo la validazione, i sistemi di abbattimento e le centraline sono stati installati nelle altre due aziende suinicole partner (azienda A e B) e sono iniziate le campagne di monitoraggio per valutarne l’efficacia di abbattimento. All’interno di queste due ultime aziende, i due sistemi sono stati installati in due sale distinte e le centraline sono state posizionate nelle medesime sale e in una sala controllo posizionata nel medesimo capannone, così da poter confrontare le concentrazioni rilevate nelle tre sale (figura 1).
La scelta di testare tali tecnologie in due differenti aziende è stata fatta per poter valutare come diversi aspetti strutturali e gestionali (es. tipologia pavimentazione e sistema di alimentazione) potessero influenzare i risultati.
Nella tabella 1 vengono riportate le caratteristiche delle due aziende dove sono state effettuate le prove.
I risultati del progetto APPROAch
Il 22 ottobre 2022, in occasione della 94° Fiera Agricola Zootecnica Italiana tenutasi a Montichiari, si è svolto il convegno finale del progetto APPROAch. Durante il convegno, i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano insieme ai colleghi di Aral hanno presentato i risultati ottenuti durante i 3 anni del progetto. Dopo una breve introduzione sulla problematica dell’inquinamento atmosferico e una concisa spiegazione del progetto, illustrati rispettivamente da Flavio Sommariva (Aral) e da Marcella Guarino (Università degli Studi di Milano), coordinatrice scientifica del progetto, si è dato inizio all’esposizione dei risultati.
Come spiegato dall’intervento di Federica Borgonovo, durante il primo anno le centraline, installate nelle prime due aziende partner, sono state validate per i parametri ambientali di temperatura, umidità, ammoniaca e PM10 utilizzando delle metodiche Gold Standard. Durante il secondo anno sono stati installati lo scrubber a umido e il filtro a secco nell’azienda A, dove è stata valutata l’efficienza di abbattimento di questi due sistemi. Per quanto concerne il prototipo di scrubber ad umido, è stata ottenuta un’efficienza media di riduzione dell’ammoniaca del 13% e del 18% per quanto riguarda il particolato. Il filtro a secco, invece, non è risultato essere indicato nel ridurre le concentrazioni di ammoniaca, ed anche per quanto riguarda l’abbattimento del PM10 è stato solo minimamente efficace (9%) (figura 2 e 3). Come spiegato da Federica Borgonovo, «probabilmente le elevate concentrazioni di polveri presenti all’interno dell’allevamento sono risultate essere maggiori rispetto ai contesti industriali in cui il sistema n.1 viene normalmente utilizzato e per questo non è risultato efficace». Infine, durante la stagione invernale è stata anche testata l’efficacia di abbattimento degli odori da parte dei sistemi di trattamento dell’aria. In base ai risultati delle analisi olfattometriche, lo scrubber ha presentato un’efficacia media di abbattimento degli odori pari al 16%, mentre il filtro a secco non è stato in grado di ridurre l’impatto odorigeno. In merito ai risultati ottenuti, i ricercatori di Unimi hanno evidenziato che «sebbene le percentuali di abbattimento ottenute sembrino modeste, in realtà sono da considerarsi un risultato interessante e promettente. Va infatti considerato che lo scrubber era un prototipo, mentre il filtro a secco era una tecnologia studiata per altri contesti. Inoltre, i due sistemi sono stati adoperati in un allevamento a ventilazione naturale, dove quindi la ventilazione è gestita tramite l’apertura di finestre modulari lungo i lati del capannone. Le finestre si aprono automaticamente, in base alla temperatura e all’umidità rilevate all’interno dei ricoveri, a vasistas (90° apertura massima) durante la stagione estiva, mentre rimangono pressoché sempre chiuse durante quella invernale».
Infine, durante il terzo anno di progetto, lo scrubber e il sistema filtrante a secco n.2 sono stati installati nell’azienda B. In questo allevamento, per monitorare l’efficacia di abbattimento dell’ammoniaca dello scrubber ad umido è stato deciso di utilizzare anche la metodica delle trappole acide. Le trappole acide sono fondamentalmente delle scatole contenenti ciascuna due Dreschel (fiale), che vengono riempite con 300 ml di soluzione di acido borico all’1%. Le Dreschel sono state collegate ai tubi di immissione ed emissione di aria dello scrubber, così da stimare per differenza la quantità di ammoniaca trattenuta all’interno dei due serbatoi. La concentrazione di ammoniaca presente nelle trappole è stata calcolata tramite titolazione.
In pratica, se supponiamo che nello scrubber entrino dal tubo di aspirazione 10ppm di ammoniaca e ne escano 5ppm da quello di espirazione, allora lo scrubber avrà abbattuto del 50% l’ammoniaca passata attraverso i due serbatoi. In base ai risultati ottenuti, è stata osservata un’efficacia massima di abbattimento pari all’89% durante la stagione invernale, e all’81% in quella primaverile. Tuttavia, poiché è impossibile monitorare 24/7 un sistema di abbattimento utilizzando tale metodica, in quanto sarebbe troppo dispendioso per tempo e reagenti utilizzati, per comprendere la reale efficacia di abbattimento dello scrubber all’interno della sala, anche in questo caso, sono stati analizzati i dati raccolti dalla centralina “smart”, confrontando i periodi in cui lo scrubber era in funzione con quelli in cui era spento. I risultati ottenuti dalle centraline hanno evidenziato che lo scrubber è in grado di abbattere l’ammoniaca all’interno della stanza fino al 15% durante la stagione invernale ed al 28% in quella primaverile. Analizzando i dati relativi al PM10, si è inoltre visto che lo scrubber ad umido è stato in grado di ridurre fino al 69% la concentrazione di PM10 durante la stagione invernale, e fino al 36% durante quella primaverile. Per quanto riguarda il particolato, durante la stagione invernale è stato possibile ottenere delle efficienze di abbattimento più elevate, in quanto le finestre dei ricoveri rimangono prevalentemente chiuse, al fine di mantenere condizioni interne di temperatura e umidità che garantiscano idonee condizioni di salute e benessere per gli animali. Infine, per quanto riguarda il sistema filtrante a secco n.2, questo è stato in grado di ridurre, all’interno della sala, fino all’80% le concentrazioni di PM10 nella stagione estiva e fino a circa il 50% in quella primaverile. Analizzando anche le concentrazioni di ammoniaca si è inoltre osservato che tale sistema, sebbene commercialmente ideato e venduto per l’abbattimento delle polveri, si è rivelato un valido alleato anche nella riduzione delle concentrazioni di ammoniaca, riuscendo circa a dimezzare i valori medi registrati (figura 2 e 3). Per quanto riguarda gli odori, anche in questa seconda azienda solo lo scrubber è risultato essere efficace nell’abbattere la concentrazione di odore, riuscendo a ridurla di circa il 37%.
Conclusioni
In chiusura del convegno, i risultati della sperimentazione sono stati così riassunti:
- entrambi i sistemi di abbattimento testati nel progetto APPROAch sono stati in grado di ridurre con efficienze diverse, le concentrazioni di ammoniaca, polveri e odori all’interno dei ricoveri suinicoli;
- il prototipo di scrubber a umido è risultato più efficace nell’azienda B;
- il sistema filtrante a secco n.2 ha permesso di ottenere risultati più interessanti. Probabilmente la diversa tecnologia di filtraggio e di prelevamento dell’aria in ambiente, le diverse caratteristiche tecniche (es. maggiore portata d’aria) e il diverso posizionamento all’interno della sala (installazione su trabattello sopra ai box, invece che appeso al soffitto) hanno influito positivamente sui risultati;
- l’uso di tali sistemi di trattamento dell’aria negli impianti già esistenti è applicabile, ma gli effetti sono limitati dalla ventilazione naturale. Risultati più interessanti, soprattutto in termini di abbattimento delle emissioni, sarebbero certamente ottenibili dove è presente un impianto di ventilazione forzata;
- ovviamente, l’adozione di tali tecnologie non può prescindere dall’adozione di altre strategie di mitigazione, ad esempio durante lo stoccaggio e l’applicazione dei reflui in campo. Infatti, solo una sinergia tra i diversi approcci permette di ottenere risultati migliori, non solo in termini di riduzione delle concentrazioni di inquinanti indoor, ma anche di emissioni outdoor.