Trattamento dell’aria in allevamento

trattamento aria
Fig. 1 - Scrubber a umido. In evidenza i due serbatoi, i sistemi di convogliamento dell’aria da e per la porcilaia e, sulla sinistra, l’alloggiamento per la soffiante.
Il progetto “Life-Mega” ha lo scopo di ridurre le concentrazioni di ammoniaca, particolato, e odori all’interno delle porcilaie del settore ingrasso, per migliorare la qualità dell’aria. Alcune valutazioni ambientali ed economiche

Secondo le analisi di mercato condotte da Ismea, in Italia le aziende suinicole sono più di 30.000 per circa 8,5 milioni di capi. L’attività è concentrata soprattutto nella Pianura Padana. In particolare, in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto si trovano quasi il 90% dei capi allevati, e più della metà provengono dalla Lombardia, dove vi è una delle più alte densità di allevamento in Europa.
A fronte di un importante impatto economico sia diretto che indiretto, non può essere trascurato il rovescio della medaglia. Le attività agricole (allevamenti zootecnici e fertilizzanti) sono responsabili di più del 90% delle emissioni di ammoniaca (NH3). Questo gas gioca un ruolo importante nel nostro ambiente, in quanto partecipa alla formazione di particolato atmosferico secondario, particolarmente dannoso per la salute umana, poiché è in grado di penetrare nella parte profonda dei polmoni. Le emissioni di ammoniaca derivanti dagli allevamenti suinicoli sono principalmente dovute alla stabulazione (circa un terzo del totale) e alla gestione delle deiezioni (stoccaggio e spandimento).
Il problema delle emissioni derivanti dalla suinicoltura è tanto più grave perché queste hanno luogo in un areale, quello della pianura Padana, già di per sé caratterizzato da un’orografia del territorio che facilita l’accumulo di inquinanti in atmosfera.

Il progetto Life MEGA

La direttiva 2010/75/Ue ha introdotto il concetto di Bat (Best Available Techniques) che identifica le categorie di allevamento obbligate a prevenire e ridurre l’inquinamento. Nel caso dei suini, sono interessati gli allevamenti con almeno 2000 posti suini da produzione con peso superiore a 30 kg o con almeno 750 scrofe. Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di polveri, ammoniaca e composti organici volatili derivanti dai ricoveri zootecnici, le Bat suggeriscono anche l’utilizzo di scrubber a umido per il trattamento dell’aria all’interno dei ricoveri. Tali soluzioni si sono dimostrate particolarmente efficaci in allevamenti con ventilazione forzata, ma le esperienze in condizioni dove la ventilazione all’interno delle porcilaie avviene naturalmente sono inferiori.
Il progetto “Smart computing system to monitor and abate the indoor concentrations of NH3, CH4 and Pm in pig farms (Life-Mega)” ha lo scopo di ridurre le concentrazioni di ammoniaca, particolato, e odori all’interno delle porcilaie per migliorare la qualità dell’aria. Oltre alle prove in Lombardia in allevamenti con ventilazione naturale di suini all’ingrasso, sono previste anche prove in Catalogna nelle sale parto caratterizzate dalla ventilazione forzata.
Oltre all’impiego di scrubber a umido e a secco, è stata sviluppata una centralina “smart” in grado di attivare nelle porcilaie il funzionamento di due diversi sistemi filtranti, così da garantire la massima qualità dell’aria, apportando un beneficio non solo al benessere animale, ma anche alla salute degli operatori. Il progetto, che terminerà nel settembre 2023, ha previsto quindi la valutazione di due sistemi di trattamento dell’aria: un filtro a secco, già utilizzato ad esempio nel settore della panificazione, ed un filtro ad umido, il cui prototipo è stato realizzato nel corso del progetto.
I benefici attesi riguardano non solo la riduzione degli impatti ambientali di processo più direttamente legati all’ammoniaca (es. acidificazione, formazione di particolato secondario, eutrofizzazione delle acque, ecc.), ma anche altri aspetti legati al benessere degli animali e degli operatori. Occorre infatti considerare che ambienti con concentrazioni elevate di ammoniaca aumentano le malattie respiratorie negli animali e possono anche portare a un peggioramento dell’indice di conversione alimentare.

Produzioni alimentari sostenibili

La produzione di alimenti ambientalmente sostenibili, siano essi di origine vegetale o animale, può essere conseguita ottimizzando le varie fasi della filiera produttiva. In termini pratici, la riduzione dell’impatto ambientale di un prodotto può derivare dall’adozione di strategie di mitigazione in vari punti della filiera, ognuno dei quali è sotto il controllo di un diverso attore. Anche se i diversi attori della filiera possono agire solo su parte del processo produttivo e sono responsabili solo di una quota dell’impatto finale del prodotto, la possibilità di ridurre sensibilmente l’impatto del prodotto è legata ad un’azione coordinata tra gli operatori. Nel caso della filiera di produzione della carne suina, l’aumento della sostenibilità del prodotto finale può, ad esempio, derivare dall’ottimizzazione delle operazioni di campo necessarie per la produzione di alimenti, dalla riduzione dei consumi energetici, da una gestione razionale dei reflui (es. con impianti di digestione anaerobica), ma anche dall’abbattimento delle emissioni che hanno luogo in porcilaia durante la fase di ingrasso degli animali.
Oltre alla sostenibilità ambientale, è però imprescindibile che i costi economici legati all’adozione delle soluzioni per la riduzione delle emissioni non siano a carico unicamente dell’allevatore. In un momento in cui i costi di produzione sono in aumento e i margini di profitto si riducono, lasciare che le spese per l’abbattimento delle emissioni siano a carico dei suinicoltori è il miglior modo per fare in modo che queste tecnologie non vengano adottate. In questo articolo vengono presentati i risultati economici ed ambientali relativamente all’installazione di uno scrubber ad umido in una delle aziende partner.

Risultati: punti di forza e criticità

L’azienda in cui sono state effettuate le prove è specializzata nella produzione di suino pesante. Si tratta di un allevamento a ciclo chiuso, con 9800 capi totali, di cui più di 700 scrofe nelle fasi di parto e gestazione. Le prove relative allo scrubber hanno riguardato una sala ospitante 200 capi.
Nel caso della valutazione dell’impatto ambientale sono stati valutati due scenari: 1) Scenario base, che rappresenta la situazione in cui non si attua nessun intervento per il miglioramento della qualità dell’aria e l’allevamento avviene secondo la comune pratica adottata dall’allevatore;
2) Scenario alternativo, in cui in una sala differente della stessa porcilaia, viene installato lo scrubber a umido che tratta l’aria. Lo scrubber (figura 1) ha un peso complessivo di 2000 kg ed è costituito da due serbatoi in acciaio inox: nel primo è contenuta solo acqua, mentre nel secondo una soluzione di acqua e acido citrico. Rispetto agli scrubber a umido più comunemente utilizzati, il prototipo sviluppato non funziona ad acido solforico, bensì ad acido citrico: tale scelta è giustificata dal fatto che quest’ultimo è molto meno pericoloso per gli animali e anche per gli operatori. Oltre ai due serbatoi, gli elementi costitutivi dello scrubber sono una soffiante per l’aspirazione dell’aria e la sua re-immissione in porcilaia dopo il trattamento e un sistema di pompaggio e ricircolo.
Lo scrubber, attraverso la soffiante, aspira l’aria dall’interno della porcilaia e ne forza il passaggio nei due serbatoi. Nel primo serbatoio l’acqua, agendo da filtro assoluto, abbatte il particolato, mentre successivamente, nel secondo serbatoio, si ha la rimozione dell’ammoniaca che reagisce con l’acido citrico in soluzione a formare citrato di ammonio. In entrambi i serbatoi, in controflusso rispetto all’aria trattata, si ha l’irrorazione di acqua nel primo serbatoio e della soluzione acqua-acido citrico nel secondo. Una volta trattata l’aria, è successivamente reimmessa in porcilaia. A fronte di un consumo di elettricità e di acido citrico si ha quindi la riduzione delle emissioni di ammoniaca, l’abbattimento delle polveri e la produzione di citrato di ammonio che può essere utilizzato come fertilizzante.
Nel corso delle prove condotte sono state rilevate non solo tutte le informazioni relative al funzionamento dello scrubber (consumi di elettricità, acqua e soluzione acida) e alla qualità dell’aria (concentrazione di ammoniaca e particolato), ma sono state monitorate anche le performance zootecniche.
In sintesi, le prove condotte hanno mostrato un’efficienza di abbattimento inferiore rispetto a quella riscontrata negli allevamenti a ventilazione forzata, dove si raggiungono riduzione dell’ammoniaca anche superiori al 90% con scrubber che utilizzano acido solforico. Nelle prove l’efficienza è stata estremamente variabile anche in funzione della stagione; i valori massimi sono leggermente inferiori al 60%, per contro è stato rilevato un miglioramento dello stato polmonare dei capi allevati e una migliore uniformità dei capi, riducendo il numero di suini sottotaglia a fine ciclo.
Considerando un investimento iniziale di circa 45000 euro, comprensivo di installazione e collegamenti con la sala, un consumo medio orario pari a 0,48 kWh e il consumo di acido citrico (molto variabile al pari dell’efficienza di abbattimento) sono state fatte le seguenti simulazioni calcolando:
- l’incremento di prezzo di vendita del suino a cui corrisponde un Valore Attuale Netto (Van) dell’investimento pari a 0, calcolato con un tasso di sconto del 4%.
- il valore attuale netto (Van) dell’investimento considerando (1) un contributo a fondo perduto di 25000 € e un incremento di prezzo del 5%, (2) un contributo di 25000 €, la valorizzazione del citrato di ammonio con un conseguente risparmio di circa 150 €/anno derivanti dalla sostituzione dei fertilizzanti minerali e ulteriori 500 €/anno derivanti dalla migliore uniformità dei capi (stimati considerando il miglioramento dell’indice di conversione alimentare dei capi non più sottopeso a fine ciclo).
L’incremento del prezzo di vendita necessario per raggiungere un Van pari a 0 è leggermente superiore al 9% ed evidenzia come, anche solo per pareggiare i costi, sia necessario riuscire a spuntare un sensibile aumento del prezzo di vendita dei capi. Incremento che dovrebbe essere prossimo al 15% per ottenere tempi di recupero dell’investimento inferiori ai 5 anni. Anche considerando il contributo da 25000 euro e l’incremento del 5% i risultati non sono soddisfacenti, perché il Van è negativo anche al termine dei 10 anni di vita utile dello scrubber. I risultati sono solo leggermente migliori se all’incremento del prezzo di vendita del 5% si sommano anche i benefici derivanti dalla valorizzazione dell’azoto recuperato e dal migliore indice di conversione alimentare (Van pari a circa 3200 euro, ma tempo di recupero superiore ai 9 anni). Appare quindi evidente che per garantire anche la sostenibilità economica è necessario che i trasformatori prima e il consumatore poi siano disposti a pagare un prezzo più alto per i suini e/o che siano previsti appositi incentivi nei Psr delle diverse Regioni.
Da un punto di vista ambientale i risultati sono più convincenti, poiché la riduzione delle emissioni di ammoniaca genera mitigazioni, rispetto all’impronta ambientale del ciclo di vita del suino nello “scenario base”, fino al 10% di impatti quali il potenziale di acidificazione e di formazione di particolato, ovvero problematiche ambientali molto sentite in Pianura Padana, a fronte di un lieve aumento dell’impatto sul cambiamento climatico (2-3%) per via del consumo di materiali per la costruzione dello scrubber e di elettricità ed acido citrico per il suo funzionamento.
La riduzione degli effetti ambientali per cui la Pianura Padana è un areale sensibile, abbinato al miglioramento delle condizioni di allevamento dei suini, se opportunamente comunicati possono essere aspetti in grado di aumentare la disponibilità del consumatore a pagare un prezzo più alto per i prodotti derivanti dalla carne di suino.

Conclusioni

La riduzione delle emissioni di composti inquinanti derivanti dall’attività zootecnica non può prescindere dall’adozione di soluzioni sia per lo stoccaggio e l’applicazione dei reflui, sia per la fase di ricovero degli animali. Intervenendo all’interno dei ricoveri degli animali si possono ottenere risultati interessanti, che comportano sì un beneficio ambientale, ma anche un aumento dei costi. Per la sostenibilità economica è invece necessario prevedere forme di incentivazioni di questa tecnologia e/o un aumento della remunerazione della carne prodotta.

Gli autori sono del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali - Università degli Studi di Milano

Trattamento dell’aria in allevamento - Ultima modifica: 2023-02-21T22:31:28+01:00 da Lucia Berti

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