Secondo i dati emersi all’assemblea Aral del 1° luglio 2016 e che sono stati esposti da Andrea Cristini, presidente della sezione regionale Suinicoltura dell’Aral (Associazione regionale allevatori Lombardia), si conferma difficile il quadro per il settore suinicolo nazionale nel 2015. Le quotazioni dei capi si mantengono su livelli nettamente inferiori a quelle dello scorso anno e la ripresa dei costi di produzione rende negativa la redditività degli allevamenti.
Anche i margini alla macellazione stentano a recuperare, nonostante la maggiore attività produttiva. Sull’andamento generale influenza l’ulteriore contrazione della domanda interna unitamente ai minori tassi di crescita delle esportazioni rispetto alle attese dell’industria.
Di non poco conto, infine, i segnali di un rialzo dei prezzi della mangimistica, principale voce di costo sui bilanci delle aziende di allevamento.
In ambito Ue, le ultime previsioni della Commissione europea per il 2015 indicano una crescita della produzione interna lorda del +3,6%, ad opera soprattutto di Spagna (+7,8%), Danimarca (+5,7%), Polonia (+5,2%) e Germania (+2,8%). La debolezza della domanda interna si ripercuote sui livelli dei prezzi che si mantengono fortemente al disotto del 2014 (nei primi nove mesi del 2015 -7% su base annua). A poco sembra giovare la crescita delle esportazioni verso i mercati extra Ue (I semestre 2015/I semestre 2014: +7,5% in volume; +6,3% in valore) aiutata da un tasso di cambio euro/dollaro favorevole e che consente di invertire la rotta dopo la forte battuta di arresto del 2014 connessa all’embargo russo.
Le consistenze
Entrando nel dettaglio della situazione nazionale, le consistenze suinicole al primo giugno 2015, sulla base del censimento Istat, si sono attestate sugli 8,7 milioni di capi, in aumento dello 0,8% rispetto alla stessa rilevazione dello scorso anno. In ripresa i suinetti da 20-50 kg e i capi da riproduzione, con le scrofe che segnano un +1%, mentre un calo si registra per i suini da ingrasso (-0,7%), concentrata sulla categoria degli 80-110 kg (-11,1%).
Le macellazioni
Le macellazioni, a consuntivo dei primi sette mesi del 2015, sfiorano i 6,8 milioni di capi, con una crescita su base annua del +5,1%. L’andamento produttivo, che interessa i grassi per il +5,5% e i magroni per il +2,3%, sembra risentire della necessità da parte delle aziende di realizzare economia di scala al fine di contenere i costi.
I mercati esteri
Sul versante del commercio con l’estero, nei primi sette mesi del 2015 risulta in netto miglioramento la bilancia commerciale nazionale del settore, con un deficit che si attesta sui 449,4 milioni di euro contro i 542,1 milioni di euro dello stesso periodo del 2014. Alla contrazione degli esborsi (-9,5%), connessa al ribasso dei valori medi unitari (-10,9%), ha fatto fronte una crescita degli introiti (+1,1%), nonostante il calo dei volumi esportati (- 3,1%).
Rispetto alle principali voci di importazione, sono cresciuti i volumi in entrata di carni suine fresche, congelate e refrigerate (+1,4%), nell’ambito delle quali le cosce fresche segnano un incremento del 2,4%. In netta crescita anche le importazioni di suini vivi (+21,3%), sia da macello (+22,8%) che da allevamento (+34,3%).
Le esportazioni settoriali segnano una contrazione dei volumi (-3,1%) e una crescita dei valori (+1,1%). La performance del settore permane ancorata ai salumi, che per i primi sette mesi del 2015 sono cresciuti del 3,3% in volume e del 5% in valore. Preoccupa il dato negativo delle spedizioni di prosciutti crudi disossati (-2,8%), esportati, tuttavia, su valori medi unitari fortemente più sostenuti. In crescita, invece le quantità esportate di prosciutti cotti (+42,3%) e salsicce e salami (+3,8%), entrambi scambiati su valori medi unitari più contenuti.
Si mantengono positive le dinamiche verso i tradizionali mercati di sbocco dell’Ue (+3,6% in volume, +4,6% in valore), tra i quali un dato particolarmente positivo si registra nei confronti della Spagna. All’opposto, in contrazione le spedizioni verso la Germania, principale mercato di sbocco per le esportazioni nazionali di salumi. Rispetto ai mercati extra Ue, l’euro più debole ha facilitato l’ingresso verso nuovi mercati di sbocco, soprattutto asiatici (Hong Kong, Cina, Corea del Sud), mentre negativa appare la performance verso il Giappone (-10,2% in volume, -5,5% in valore). Infine, verso Stati Uniti e Canada, si consolida la capacità di penetrazione delle nostre produzioni (Stati Uniti, +22,3% in volume, +26,2% in valore; Canada, +31,4% in volume, +40% in valore), aiutate dal cambio favorevole.
I prezzi
Sul fronte dei prezzi, rispetto alle principali piazze, per i suini taglia 156-176 kg i listini a settembre si sono posizionati su di una media di 1,50 euro/kg, contro gli 1,46 euro/kg di agosto; per i suini più leggeri, dalla taglia 90-115 kg, le quotazioni sono risultate pari a 1,61 euro/kg, in crescita del 2,5%.
Tali quotazioni appaiono in ripresa rispetto allo stesso mese del 2014 (rispettivamente, +3,3%; +1,7%). A consuntivo dei primi nove mesi dell’anno i cali si stimano in circa 13 centesimi per entrambe le categorie (suini 156-176 kg: 1,35 euro/kg contro gli 1,48 euro/kg del 2014; suini 90-115, 1,48 contro 1,61).
Si mantiene forte il conflitto tra le parti. Le riunioni presso la Commissione unica nazionale (Cun) vengono per lo più disertate da ambo le parti (come è successo per l’intero mese di ottobre), ovvero dagli industriali (per gran parte del mese di agosto e settembre), che rivendicano la rigidità del regolamento rispetto alla reale situazione di mercato.
La mancanza di un dialogo nella filiera fa venire meno l’obiettivo della Cun stessa, ossia quello secondo cui il prezzo sia frutto di un libero accordo tra gli operatori che scambiano i suini sul mercato.
Leggi l’articolo completo sulla Rivista di Suinicoltura n. 7-8/2016
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