«Il tema della filiera torna alla ribalta. Assistiamo infatti a una richiesta sempre maggiore di filiera e a un’esigenza di legare sempre più direttamente il consumatore al produttore, il cui suino vivo verrà trasformato in proteine nobili nelle varie forme. L’obiettivo è ancora una volta quello di sviluppare progetti che si avvicinino sempre di più alle esigenze del consumatore». A parlare così è Lorenzo Fontanesi, presidente di Unapros, l’associazione che riunisce Opas, Assocom, Asser, Aps Piemonte e Suinmarche, per una produzione annuale vicina ai 2 milioni di suini, pari a oltre il 20% del totale nazionale.
«La filiera – ribadisce Fontanesi – rappresenta un mezzo che ci consente di offrire più sicurezza e garanzia al consumatore, un modo per produrre con una logica programmata. Resta tuttavia l’annoso problema della sua valorizzazione, dato che, come sappiamo bene, il nostro suino gode di standard superiori alla norma. A cominciare dall’età più elevata dell’ingrasso e dalla maggiore garanzia, ma con costi di produzione che rimangono inevitabilmente più elevati rispetto a quelli dell’estero».
Benessere e uso del farmaco
Due sono essenzialmente gli aspetti che spiccano quando oggi si mette sul tavolo il tema della filiera. Li spiega bene il presidente di Unapros: «Parliamo in questo caso di benessere animale e di uso del farmaco/antibiotic free. Quest’ultimo aspetto, in particolare, è piuttosto difficile da affrontare, con tempi di realizzazione che possono diventare anche molto lunghi. Oltre ciò, quando si promuove questo tipo di prodotto, è bene fare molta attenzione per non rischiare di screditare gli altri allevatori vale a dire quelli che ancora seguono una produzione convenzionale».
Il motivo è presto detto. Prosegue Fontanesi: «Anzitutto, perché in Italia esiste la completa tracciabilità del farmaco, dalla prescrizione medico-veterinaria all’utilizzo in allevamento fino al macello, secondo un piano indicato dal ministero per la ricerca di eventuali residui. Secondo, perché comunque l’utilizzo del farmaco per curare eventuali patologie da parte dell’allevatore resta un atteggiamento virtuoso e rispettoso del benessere animale».
Come questo aspetto, anche quello relativo al benessere animale più in generale, è considerato altrettanto importante. «Il benessere animale – riferisce il numero uno di Unapros – è un tema che negli ultimi anni incontra sempre più pareri favorevoli. Si tratta di una serie di pratiche tendenzialmente più etiche e sostenibili, che nel lungo periodo portano l’allevatore che le adotta ad avere una tipologia di allevamento più vicina alla sensibilità del consumatore finale. Il fatto, poi, che questo orientamento venga dall’allevatore stesso significa che costui è un imprenditore zootecnico lungimirante nel vero senso della parola».
L’estero si sta muovendo
L’augurio di Fontanesi è chiaro: «Il nostro auspicio è che anche e soprattutto nei contesti fieristici ci sia lo spazio e la voglia di affrontare questi argomenti, i quali sicuramente aiutano a creare una forte sensibilità anche nel produttore».
Dall’estero qualche esempio si può osservare. «Certi paesi del nord Europa – sottolinea Fontanesi – hanno già stabilito dei piani da realizzare entro il 2020. Qui la parte politica si sta spingendo verso nuove regolamentazioni per un nuovo corso rispetto al benessere animale, in primis per quanto riguarda l’eliminazione della gabbia dei riproduttori in gestazione e in procinto del parto. Questo accade tra i paesi del nord, che anche da questo punto di vista sono più avanti di noi».
Tra i plus già adottati dai paesi del nord spicca sicuramente anche quello della biosicurezza. A questo proposito Fontanesi prosegue: «Il tema interessa non solo gli allevamenti privati, ma anche tutti i servizi sanitari pubblici. Purtroppo l’Italia è uno dei pochi paesi non ancora indenni e tanto meno accreditati per l’Aujeszky e altre malattie endemiche. Non tanto perché siamo più indietro rispetto agli altri. Quanto perché il nostro problema è quello dell’uniformità nell’applicazione delle normative». Spiega meglio il presidente di Unapros: «Nel nostro paese abbiamo zone che a livello di biosicurezza e di indennità alle malattie non hanno niente da invidiare agli altri paesi che abbiamo citato prima. Ma abbiamo anche altre zone dove non riusciamo a innestare lo stesso sistema e le stesse regolamentazioni. Non ultima è poi la questione dei controlli, che troppo spesso vengono affrontati con un fare coercitivo e sanzionatorio, anziché come strumento di valutazione per la formazione e la crescita del sistema nel suo complesso».
MODELLO 4 INFORMATIZZATO, I PRIMI PROBLEMI
Il 2 settembre scorso è partito il cosiddetto “modello 4 informatizzato” che indica l’entrata in vigore delle norme di utilizzo del certificato telematico per la movimentazione degli animali. «Questo inizio non è avvenuto privo di problemi – sottolinea Lorenzo Fontanesi, presidente di Unapros -, anzitutto per due serie di motivi».
«Per prima cosa – afferma Fontanesi – siamo partiti con l’applicazione della norma a seguito di una proroga di 9 mesi. Ciononostante non si è dato il giusto spazio alla formazione, né all’informazione su che cosa sia esattamente e soprattutto sulle sue modalità d’uso».
«In secondo luogo – prosegue il numero uno di Unapros – anche a fronte della presenza di una banca dati nazionale (la Bdn con sede a Teramo) a cui tutti i dati andrebbero inviati, in Lombardia permane una banca dati regionale (Bdr). Questo dimostra ancora una volta che in Italia, purtroppo, non riusciamo a semplificare le cose».
Conclude tuttavia Fontanesi: «In ogni caso il sistema è partito. Certo, non senza problemi, che sono i classici problemi di rodaggio. Non tutti gli allevatori sono così avvezzi all’informatica, quindi ben venga comunque che all’inizio ci sia un periodo che possiamo definire di “assestamento”, con l’auspicio che una buona volta si sia riusciti a semplificare».
Leggi l’articolo sulla Rivista di Suinicoltura n. 10/2017