Le deiezioni suinicole possono adattarsi a un sistema di agricoltura conservativa? Se trattate con i dovuti accorgimenti, a cominciare da attrezzature innovative che consentono lo spandimento rasoterra col minimo calpestamento, la risposta è “sì, possono adattarsi”.
E questo è un bene, dato che le tecniche colturali messe in atto con l’agricoltura conservativa, in alternativa alle convenzionali pratiche agronomiche, sono finalizzate a recuperare la funzionalità dei suoli, incrementando la resilienza e la capacità di adattamento degli agri-ecosistemi ai cambiamenti climatici.
Sono le conclusioni cui è giunto Paolo Mantovi, del Crpa, nel suo intervento dal titolo “Prove agronomiche con gestione conservativa dei terreni in sistemi zootecnici”, al seminario “L’agricoltura conservativa nei sistemi zootecnici”, organizzato dal Crpa il 3 febbraio a Fieragricola Verona.
«L’agricoltura conservativa - precisa Mantovi - si caratterizza per l’adozione di pratiche agronomiche come la riduzione delle lavorazioni del terreno, l’utilizzo delle rotazioni, la copertura continua del suolo con le colture e attraverso i residui colturali. Queste tecniche hanno lo scopo di preservare le risorse agricole naturali, il suolo e l’acqua, e parimenti di stabilizzare la produttività dei terreni garantendo la produttività agricola e la sicurezza alimentare».
Questo approccio innovativo alla gestione del terreno ha già assunto un ruolo di primo piano nelle misure agro-ambientali previste dal Programma di sviluppo rurale 2014-2020 e in alcuni progetti finanziati dall’Unione europea.
Due progetti sull’agricoltura conservativa
Ad oggi, i progetti sull’agricoltura conservativa a cui partecipa anche il Crpa sono due. Il primo è “Emilia Blu – Agricoltura blu per i sistemi zootecnici emiliani”, realizzato con il contributo della Regione Emilia Romagna (LR n. 28/98, bando 2013 zona sisma), iniziato nel 2013 e concluso nel 2015. Il progetto aveva come obiettivo lo sviluppo di nuovi metodi e tecniche di agricoltura conservativa per la riduzione delle “impronte” ambientali nei sistemi agricoli zootecnici emiliani.
Le attività sono state eseguite presso l’azienda sperimentale Beccastecca del Crea-Sui (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Unità di ricerca per la suinicoltura), a San Cesario sul Panaro, in provincia di Modena, dove nell’ambito del progetto sono stati condotti un sistema agronomico tipico dell’azienda con bovini da latte e uno tipico dell’azienda con suini, per studiare se e come questi si adattano ad essere condotti con pratiche di agricoltura conservativa.
Il secondo è il progetto europeo HelpSoil (Helping enhanced soil functions and adaptation to climate change by sustainable conservation agricolture techniques) ovvero “tecniche sostenibili di agricoltura conservativa per migliorare i suoli e l’adattamento al cambiamento climatico”, avviato nel luglio 2013 e finanziato dalla Comunità europea attraverso lo strumento Life-Politiche ambientali e Governo del territorio (http://www.lifehelpsoil.eu/).
Tra gli obiettivi di HelpSoil, quello di promuovere pratiche di agricoltura conservativa e tecniche innovative con l’obiettivo di migliorare le funzioni ecologiche del suolo (sequestro di carbonio, aumento della fertilità biologica, protezione dall’erosione), favorire l’efficienza dell’uso irriguo delle acque, aumentare l’efficienza della fertilizzazione, in particolare nell’uso degli effluenti zootecnici, aumentare la sostenibilità e la competitività agricola riducendo i consumi energetici e assicurando una più alta stabilità nelle rese colturali.
Le azioni progettuali di HelpSoil, avviate a luglio 2013 e con termine previsto a luglio 2017, sono applicate in una ventina di aziende agricole dimostrative localizzate nella Pianura Padana e nelle limitrofe aree collinari appenniniche e prealpine. In Emilia-Romagna le aziende dimostrative sono Cavallini di Consandolo (Ferrara), a indirizzo cerealicolo-frutticolo, Cerzoo di Piacenza, che alleva bovini di razza Frisona, Gli Ulivi di Predappio (Forlì Cesena), che ospita un allevamento bovini razza Limousine, e Ruozzi, di San Martino in Rio (Reggio Emilia), che alleva vacche Frisone. In Piemonte e Lombardia un paio di aziende dimostrative utilizzano liquami suini.
I risultati del progetto Emilia Blu
Le due prove del progetto Emilia Blu (bovino da latte, suino) prevedono ciascuna il confronto tra agricoltura convenzionale e conservativa (vedi figura 1).
«Abbiamo dedicato alla sperimentazione sul sistema suino - riferisce Mantovi - otto parcelle da 50 m per 20 m ciascuna, per metà coltivate in modo convenzionale e per l’altra metà coltivate in agricoltura conservativa. Partendo da un terreno coltivato con metodo convenzionale a mais nel 2013, abbiamo proceduto a una semina di frumento da granella raccolto nel 2014. Nelle parcelle che volevamo coltivare con una gestione conservativa non è stata fatta alcuna aratura, è stato seminato frumento da granella su sodo, preceduto da applicazione di liquami suinicoli a basso calpestamento, rasoterra a bande. Nelle parcelle coltivate con metodo tradizionale – prosegue Mantovi -, si è proceduto ad azioni di aratura e i liquami sono stati applicati con carro botte e piatto deviatore. Nel 2015 è stato riseminato il mais, ma nelle parcelle a sodo è stata lasciata la paglia del frumento e prima del mais si è coltivata una coltura di copertura autunno-vernina, miscuglio di cinque specie» (vedi figura 2).
I primi risultati li illustra Mantovi: «Le concentrazioni di nitrati nei terreni gestiti in conservativo sono risultate generalmente inferiori a quelle dei terreni lavorati (in particolare i nitrati residui autunnali). Inoltre, l’accumulo di sostanza organica nell’orizzonte più superficiale di terreno (0-30 cm), già dopo solo due anni digestione conservativa, è risultato significativo. Gli apporti di azoto da liquame diventano ancora più importanti in un sistema conservativo, dovendo compensare l’accumulo di carbonio nel terreno che tende a ridurre la disponibilità dell’azoto».
Dal punto di vista del bilancio economico, i costi sono risultati maggiori nel sistema di coltivazione conservativo (3.541 euro/ha nel sistema convenzionale rispetto ai 2.665 euro/ha nel sistema conservativo, su due anni). Così anche i ricavi, che segnano 3.325 euro/ha nel sistema convenzionale contro i 3.082 euro/ha in quello conservativo. I profitti sono positivi nel sistema conservativo con 417 euro/ha e negativi in quello convenzionale (-215 euro/ha).
Anche l’ambiente trae giovamento dal sistema di coltivazione conservativa con spandimento di deiezioni rasoterra. Su due anni si parla infatti di -3.244 kg CO2eq/ha (contro i 9.740 kg CO2eq/ha del sistema convenzionale) e di -464 kg CO2eq/t di sostanza secca (contro i 1.339 kg CO2eq/t di sostanza secca del sistema convenzionale), mettendo in conto la quota di carbonio fissata nel terreno (vedi figura 3).
«Di fatto, quindi - conclude Mantovi -, abbiamo buone ragioni per premiare i sistemi di coltivazione dell’agricoltura conservativa. Nell’ambito della quale, però, il ruolo delle deiezioni suinicole e delle loro tecniche di spandimento rimane fondamentale».
Le tecniche di spandimento
Le tecniche di spandimento delle deiezioni in questo contesto assumono un ruolo delicato quanto decisivo. Come spiega il ricercatore del Crpa, «la distribuzione deve avvenire rasoterra con il minimo calpestamento, per tutelare quanto più possibile la struttura del suolo. Quindi, le tecniche di spandimento da tenere in considerazione sono l’interramento poco profondo (circa 5 cm) e la distribuzione rasoterra in bande. Ma non dimentichiamo la fertirrigazione con i liquami chiarificati, la quale avverrà successivamente al trattamento di separazione solido-liquido. La frazione chiarificata dei liquami è molto indicata in abbinamento alle tecniche conservative, perché penetra nel suolo senza interventi meccanici per l’interramento».
Le metodologie di spandimento citate sopra sono rese possibili grazie all’utilizzo di attrezzature su ruote a bassa pressione o comunque sprovviste di botte pesante. «Un buon esempio di sistema che rispetta il terreno - descrive Mantovi - è rappresentato dal sistema ombelicale, che consente di distribuire i liquami mediante tubazioni flessibili trainate da trattrici agricole. In questo caso le attrezzature che possono essere abbinate alla trattrice per lo spandimento sono varie e alcune ben si adattano alle pratiche conservative».
La tecnologia, sempre più avanzata, offre anche altre soluzioni, come illustra ancora l’esperto: «Abbiamo a disposizione macchine semoventi di recente sviluppo come quelle con movimentazione a cingoli o quelle con ruote a largo raggio e altezza incrementata dagli assali. Si tratta di macchine che permettono di realizzare lo spandimento dei liquami nell’immediata pre-semina oppure con la coltura in campo. Questo consente ai nutrienti di arrivare alle piante nei momenti di necessità, quindi con un livello elevato di efficienza di utilizzo. Tali macchine soddisfano quindi esigenze di tipo ambientale, in quanto buona parte dell’azoto viene utilizzata dalla coltura e non resta libera nel suolo e dilavabile dalle acque come nitrato».
Leggi l’articolo completo sulla Rivista di Suinicoltura n. 3/2016
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