Il secondo pilastro della giornata Aspa sulle nuove sfide della suinicoltura italiana si è focalizzato sull’efficienza produttiva e la salute del suino, con particolare attenzione al ruolo degli additivi per i mangimi nella transizione verso una zootecnia sostenibile e di precisione. La presentazione tenuta dal Prof. Paolo Trevisi dell’Università degli studi di Bologna, portavoce dei colleghi dell’Università degli Studi di Milano Prof.ssa Rossi e Prof. Bontempo, ha avuto come tema centrale la prevenzione delle tecnopatie e la mitigazione del rischio d’insorgenza di antibiotico resistenza nel suino. Argomento quanto mai attuale, anche visto il contesto normativo vigente.
Per inquadrare la tematica bisogna tornare indietro di qualche anno e precisamente al 2011 quando la Commissione comunica al Parlamento europeo e al Consiglio il “Piano d’azione di lotta ai crescenti rischi di resistenza antimicrobica (Amr)” (Com/2011/0748). In realtà, nel settore dell’allevamento, il divieto di utilizzare antimicrobici per stimolare la crescita era stato adottato già nel 2006, mentre in medicina veterinaria particolare attenzione era stata posta sulla sorveglianza alla resistenza antimicrobica dei batteri zoonotici (cioè trasmissibili tra animali e umani) e sull’utilizzazione di antimicrobici (tra cui gli antibiotici) negli animali, senza che però ci fosse un divieto specifico.
Nel 2015, la Commissione pubblica le “Linee guida sull’uso prudente degli antimicrobici in medicina veterinaria” (2015/C 299/04) e definisce alcuni principi anche per i suini. In particolare, la Commissione constata che gli antimicrobici sono usati principalmente per trattare la diarrea da svezzamento, le infezioni intestinali associate a Lawsonia intracellularis, le infezioni batteriche secondarie a focolai di Sindrome riproduttiva e respiratoria dei suini (Prrs) e le malattie respiratorie spesso associate al trasporto e allo stress da raggruppamento o da sovraffollamento. Problemi che si verificano soprattutto in allevamenti o, più in generale, strutture in cui i sistemi di ventilazione risultano inadeguati, i metodi di alimentazione non idonei e/o le misure di biosicurezza insufficienti. Le linee guida suggeriscono di evitare l’uso degli antimicrobici come profilassi sui suinetti e di valutare attentamente le pratiche di gestione dell’azienda al fine di ridurre stress e insorgenza di infezioni.
Nel 2016, sono state revocate le autorizzazioni all’immissione in commercio di tutti i medicinali per uso veterinario contenenti colistina in associazione con altri agenti antimicrobici per somministrazione orale (Decreto 117 del 25 luglio 2016, in vigore dal mese successivo) e nel 2017 quelle dei medicinali per uso veterinario contenenti ossido di zinco da somministrare per via orale a specie da produzione alimentare (Decreto 266 del 14 novembre 2017). Quest’ultimo divieto è entrato in vigore il 25 giugno del 2022. Sempre nel 2017 è stato approvato il Piano d’azione europeo “One Health” contro la resistenza antimicrobica.
Nel 2018 è stato approvato il Regolamento Ue 2019/6 relativo ai medicinali veterinari che abroga la direttiva 2001/82/Ce, entrato in vigore e applicazione dal 28 gennaio 2022.
In ultimo, sempre per offrire un quadro di contesto, il fulcro del Green Deal europeo è la strategia Farm to Fork, piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Gli obiettivi della strategia sono molti, ma vale la pena citare proprio la riduzione del 50% delle vendite totali di antimicrobici per gli animali d’allevamento e di antibiotici per l’acquacoltura entro il 2030, traguardo che riflette anche la Strategia per la biodiversità.
Professor Trevisi, la robustezza del suino ha un ruolo fondamentale nel ridurre l’uso di antibiotici. Nel suo intervento ha parlato di salute intestinale e di come questa possa garantire un miglioramento dell’efficienza produttiva. In che modo questi aspetti sono legati tra loro?
«Quando si parla di suinetto, si fa spesso riferimento alla sua immunodeficienza transitoria. Infatti, lo sviluppo del sistema immunitario è un processo progressivo, che inizia già nelle prime ore di vita extra uterina e segue una sorta di programmazione innata. Le evidenze recenti hanno però dimostrato che è possibile modulare questo processo al fine di anticipare lo sviluppo fisiologico del suinetto, migliorandone la resistenza alle infezioni. Invece, la salute intestinale è un concetto più ampio, che può essere applicato a tutte le fasi di vita del suino (Chalvon-Demersay et al., 2021).
La salute intestinale si basa su quatto pilastri:
- barriera intestinale e capacità digestiva;
- omeostasi dello stato ossidativo;
- microbiota bilanciato;
- plasticità del sistema immunitario.
Nei fatti, è dimostrato che l’alterazione della salute intestinale può dipendere o meno da un’infezione. Lo svezzamento è il classico esempio di situazione che, se non gestita in modo appropriato, può incidere negativamente sulla salute intestinale, rendendo i suini maggiormente suscettibili alle infezioni. Pertanto, preservare la salute intestinale intervenendo sui quattro pilastri rende l’animale più resistente al rischio d’infezioni, previene l’infiammazione del tratto gastrointestinale e di conseguenza rende gli animali più efficienti, riducendo i costi energetici destinati alla risposta immunitaria deviandoli sulla crescita».
Esistono tre categorie di additivi che possono migliorare l’efficienza produttiva e la salute degli animali: gli additivi organolettici, nutrizionali e zootecnici. Può raccontarci brevemente i vantaggi e gli svantaggi dell’utilizzo di alcuni di questi additivi?
«La normativa che regola gli additivi – replica Trevisi – è la 1831/2003, che stabilisce le categorie di additivi ed i relativi gruppi funzionali in cui ogni sostanza sottoposta a valutazione deve essere collocata. Nello specifico, agli additivi per mangimi non possono essere ascritte capacità curative, caratteristiche peculiari dei farmaci, ma è noto come gli additivi possano avere un ruolo attivo nella fisiologia degli animali.
A titolo di esempio, gli additivi nutrizionali, in cui ricadono, tra gli altri, gli amminoacidi e le vitamine, sono nutrienti essenziali per bilanciare le razioni degli animali e giocano un ruolo importante nella loro fisiologia, sostenendo le funzioni vitali dell’organismo (come la crescita o l’immunità) (Vanrolleghem et al., 2019). Gli additivi zootecnici sono invece una categoria molto ampia, in cui ricadono, tra gli altri, i probiotici, utili nello stabilizzare il microbiota intestinale prevenendo il rischio di disbiosi e in grado di esercitare un’azione immunostimolante; oppure i promotori della digestione, che permettono di migliorare l’efficienza della dieta. Infine, gli additivi organolettici, che per il suinetto si traducono in sostanze che riducono l’anoressia transitoria post svezzamento o che sono in grado, per tutte le categorie di animali, di celare odori o sapori sgradevoli dovute a materie prime o additivi specifici.
Come è intuibile da questa breve descrizione, gli additivi per mangimi interagiscono a diverso livello nel preservare la salute intestinale. Essi infatti non devono essere considerati come sostanze inerti – afferma il docente – , bensì come composti bioattivi per cui è necessario il continuo approfondimento sui loro meccanismi d’azione e sui potenziali residui nei prodotti di origine animale, al fine di garantire la sicurezza del consumatore, dell’ambiente e dell’animale».
Quali proprietà hanno invece alcuni ingredienti alimentari? Stiamo assistendo a qualche innovazione nel settore?
«A volte, il confine tra additivo per mangimi e ingredienti è piuttosto sottile, soprattutto nel campo dei sottoprodotti di alcuni processi industriali. È noto come specifiche frazioni di lieviti o residui di fermentazione batterica possano esercitare una forte interazione con il microbiota intestinale, contribuendo a mitigare il rischio di infezioni batteriche intestinali. Le stesse fonti di grassi possono interagire con lo stato ossidativo e la risposa immunitaria dell’ospite. Di certo, negli ultimi anni si è osservata una forte caratterizzazione e frazionamento delle matrici alimentari, che ha portato a isolare composti in grado di svolgere un ruolo funzionale prima ancora che nutritivo. La ricerca ed innovazione di questi prodotti è in forte espansione, spinta anche dalla facilità normativa per l’immissione in commercio rispetto a quanto richiesto per gli additivi per mangimi».
Il consorzio Star-Idaz vede coinvolta anche l’Italia. Quali sono gli obiettivi di questo gruppo di ricerca e in che modo il nostro Paese ne fa parte?
«Star-Idaz – spiega Trevisi – è un consorzio di ricerca internazionale che ha lo scopo di ottimizzare ed orientare la ricerca nell’ambito della salute animale e di cui l’Italia è membro stabile grazie alla partecipazione del ministero della Salute. Tra i suoi compiti vi è quello di stilare roadmap di ricerca su tematiche di ampio interesse, con una visione proiettata alle sfide future di medio e lungo termine. Recentemente, è stato pubblicato il documento per definire le aree tematiche prioritarie e le roadmap specifiche per lo sviluppo di nuove molecole alternative agli antibiotici terapeutici per gli animali. La necessità nasce dal fatto che è ormai stabilito che gli antibiotici che auspicabilmente saranno sviluppati in futuro non potranno essere impiegati per la terapia animale, ma saranno ad esclusivo utilizzo della medicina umana. In questo contesto, ho avuto la fortuna di essere coinvolto come esperto nel gruppo di lavoro di Star-Idaz che ha sviluppato questo documento in 3 anni di lavoro, in cui il mondo della ricerca e quello industriale si sono confrontati per dare una proposta di indirizzo per lo sviluppo sostenibile di questo ambito relativo alla salute animale».
Qual è secondo lei il futuro della ricerca nell’ambito degli additivi nei mangimi? Cosa serve e chi potrebbe beneficiarne?
«La Commissione europea rivaluta periodicamente in modo critico la normativa inerente la registrazione degli additivi per mangimi. Nel prossimo futuro – afferma il docente – mi aspetto la definizione di nuovi gruppi funzionali che permettano di sviluppare additivi orientati a soddisfare le esigenze emergenti della moderna zootecnia. Un esempio concreto sono le sostanze che influiscono favorevolmente sull’ambiente, già presente come gruppo funzionale nella categoria degli additivi zootecnici, ma non ancora molto popolata in termini di prodotti registrati. Non è poi da sottovalutare l’impatto che avrà il regolamento sui farmaci veterinari di recente introduzione (Regolamento Ue 2019/6) e che prevede la procedura di registrazione per prodotti antimicrobici non antibiotici, ivi inclusi prodotti in grado di prevenire l’insorgenza di malattie (non solo vaccini). Secondo la visione del legislatore, che segue il documento Ronafa (Ema and Efsa, 2017) e si sposa benissimo con la roadmap Star-Idaz poc’anzi descritta, sarà possibile registrare come specialità farmaceutiche molecole o microrganismi che fino ad ora potevano essere classificate solo nell’ambito degli additivi per mangimi (1831/2003). Questo – conclude Trevisi – apre uno scenario nuovo per le industrie del settore, che credo riserverà importanti innovazioni per la zootecnia».
Ricordiamo che questa intervista fa parte di una serie di interventi legati alle tematiche affrontate durante la giornata di studio dal titolo “L’allevamento suinicolo italiano è pronto ad affrontare gli imminenti cambiamenti degli scenari normativi del settore a partire dal 2022?”, organizzata dall’Aspa (Associazione per la scienza e le produzioni animali) il 29 aprile a Bologna. Tra gli altri pilastri, “Ambiente e alimentazione”, presentato dal Prof. Schiavon, “Benessere”, presentato dalla Professoressa Gottardo, entrambi già pubblicati nei numeri precedenti, e “Qualità della carne suina e tecniche di produzione” del Prof. Battacon, di prossima uscita.
Biografia
Paolo Trevisi è Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università degli Studi di Bologna. L’attività di ricerca prevalente riguarda lo studio di strategie per ridurre l’impiego di antibiotici nell’allevamento del suino. Esse includono aspetti nutrizionali (additivi zootecnici e fabbisogni nutrizionali) ed aspetti legati al benessere animale (come la prevenzione di comportamenti aggressivi). Negli ultimi 14 anni, ha collaborato a diversi progetti europei alcuni dei quali ancora in essere (a esempio, CIRCLES, ROADMAP, MonoGutHealth), mantenendo anche strette collaborazioni con aziende del settore. Nel 2015 è stato convocato per un’audizione presso le Commissioni Agricoltura e Salute riunite dal Senato della Repubblica sul tema zootecnia ed antibiotici. Dal 2014 collabora con la Regione Emilia Romagna per la stesura di linee guida per un’agricoltura sostenibile a ridotto impiego di antibiotici. Dal 2015 al 2018 ha coordinato la COST Action FA1401 (PiGutNet) che ha visto coinvolti 22 paesi europei con partner del settore pubblico e privato.
Il problema dell'antibiotico resistenza
Nel 2016, l’economista Jim O’Neill, ex Presidente di Goldman Sachs, è stato incaricato dal governo britannico di analizzare il problema dell’antibiotico resistenza e di proporre soluzioni attuabili su scala globale. Egli stesso, in una review, stima che nel mondo, nel 2050, le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti all’anno, con una previsione di costi di oltre 100 trilioni di dollari. In Europa, si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti, che causano più di 37 mila decessi e che comportano una spesa sanitaria, e non solo, di circa 1,5 miliardi di euro l’anno. In Italia, la resistenza agli antibiotici è tra le più elevate in Europa, quasi sempre al di sopra della media europea. Nel nostro Paese, ogni anno, il 7-10% dei pazienti ha un’infezione batterica multi-resistente e questo causa migliaia di decessi (4500-7000). Ulteriori approfondimenti si possono trovare sul sito dell’Aifa (www.aifa.gov.it).