Il gruppo di ricerca della sezione di scienze zootecniche del dipartimento di Agraria dell’Università degli studi di Sassari, coordinata da Gianni Battacone, ha negli ultimi anni condotto attività di ricerca finalizzate allo studio delle relazioni fra alimentazione e prestazioni produttive dei suini di razza Sarda in purezza o in incrocio. Le principali linee di ricerca hanno interessato: lo studio delle relazioni fra contenuto energetico delle razioni delle scrofe di razza Sarda in purezza nel corso della lattazione e i ritmi di accrescimento ponderale dei suinetti; i ritmi di accrescimento dalla nascita fino al peso di macellazione per la trasformazione di salumificio di suini di razza Sarda e di suo incrocio con verro di razza Duroc.
«L’obiettivo generale delle attività di ricerca – spiega Battacone - è acquisire informazioni utili sulla relazione fra alimentazione e prestazione produttiva degli animali. Nel caso dei suini sardi e suoi meticci gli obiettivi produttivi sono il suinetto da latte e il suino da salumeria».
Per gli allevamenti di suini di razza Sarda le produzioni sono rappresentate sia dagli animali “grassi” da impiegare in salumificio ma anche, e anzi soprattutto, dai suinetti da latte (lattonzoli) che sono macellati al peso vivo di circa 7-10 kg. La domanda delle carni di lattonzoli è prevalentemente regionale e comunque di rilevanza assoluta per la redditività sia degli allevamenti di suini di razza autoctona come di tanti che allevano suini “bianchi” in Sardegna.
Accrescimenti dei suini di razza Sarda e meticci
La prova ha visto il confronto di 18 suinetti, 9 di razza Sarda in purezza e altrettanti ottenuti da inseminazione artificiale di scrofa Sarda con seme di verro Duroc. Sia le scrofe che i lattonzoli sono stati alimentati con lo stesso mangime. I rilievi dei pesi dei suini sono proseguiti fino alla trentaduesima settimana di vita. Il piano alimentare per fasi è stato uguale per i due gruppi con disponibilità ad libitum del mangime.
«I risultati sono stati interessanti– evidenzia Battacone -. Fino alla quattordicesima settimana i suini dei due tipi genetici non hanno mostrato differenze significative. Nella fase di magronaggio e di finissaggio il ritmo di accrescimento dei suini meticci è risultato significativamente superiore rispetto ai suini di razza Sarda in purezza. A fine prova la differenza media di peso vivo fra i suini dei due tipi genetici era di oltre 35 kg» (figura 1).
«Come atteso – afferma Battacone - l’incrocio di scrofe di razze rustiche (locali) con verri di razze cosmopolite consente di avere animali in grado di dare prestazioni produttive migliori quando allevati in condizioni di adeguata disponibilità di alimento. Dunque i piani alimentari per suini di razze locali e loro meticci, quando destinati alla macellazione con pesi adeguati per la trasformazione di salumificio, devono tenere conto del diverso ritmo di accrescimento ponderale e delle caratteristiche desiderate di composizione delle carcasse. Inoltre, i diversi ritmi di accrescimento ponderale dei suini di razze locali, rispetto ai loro meticci, implicano anche ritmi allometrici differenti che devono essere meglio conosciuti per individuare piani di gestione funzionali per la valorizzazione dell’allevamento con i suoi prodotti tradizionali. In sostanza, la formulazione dei piani alimentari deve essere funzionale alle esigenze dell’incremento corporeo dei suini nelle fasi di accrescimento e ingrasso considerando che le diverse parti del corpo dell’animale hanno ritmi di accrescimento diversi e quindi concorrono in maniera diversa all’incremento di peso corporeo».
Più energia alle scrofe di razza Sarda in lattazione
L’esperimento ha interessato 8 scrofe di razza Sarda contemporanee di parto in un allevamento commerciale. Le scrofe sono state alimentate con due mangimi a diverso contenuto energetico nel corso della lattazione (4 scrofe con mangime Lattazione_0 e 4 scrofe con mangime Lattazione_H). I mangimi erano isoproteici ma nel mangime Lattazione_H il contenuto energetico era superiore del 10% rispetto allo standard. Gli accrescimenti ponderali dei lattonzoli di tutte le nidiate sono stati rilevati nel corso della fase di allattamento fino alla settima settimana di vita, al raggiungimento del peso di macellazione come suinetti da latte (tabella 1).
Tab. 1 - Diete a diverso contenuto energetico somministrate a scrofe di razza sarda per tutta la fase di lattazione | ||
Lattazione_0 | Lattazione_H | |
Sostanza secca (%) | 87,9 | 87,7 |
Proteine (%) | 16,2 | 16,1 |
Grassi (%) | 4,5 | 4,9 |
Ceneri (%) | 4 | 5,4 |
NDF (%) | 15,7 | 14,5 |
ADF (%) | 6,22 | 5,9 |
Energia metabolizzabile (kcal/kg) | 3.080 | 3.360 |
Fonte: Uniss |
«L’analisi dei dati – ha evidenziato Battacone – ha indicato che fino alla terza settimana non è stata osservata nessuna differenza fra i pesi dei suinetti alimentati con mangimi a diverso contenuto energetico. Mentre, con il proseguire della fase di allattamento i pesi dei lattonzoli delle scrofe con mangime a contenuto energetico superiore sono risultati tendenzialmente maggiori (p< 0,1) rispetto ai pari età e a nidiate di scrofe alimentate con dieta standard» (figura 2).
Da questo esperimento si è evinto che «I piani alimentari delle scrofe di razza Sarda devono essere definiti rispetto alle esigenze dei ritmi di accrescimento ponderale dei lattonzoli e alla durata della lattazione che è tendenzialmente più lunga rispetto alle scrofe delle razze cosmopolite – ha spiegato Battacone -. Le dotazioni di riserve corporee delle scrofe di razza Sarda sono in grado di assecondare in maniera adeguata la prima fase di allattamento dei suinetti, ma se la lattazione è prolungata è necessario che il contenuto della razione sia modulato per garantire le maggiori esigenze di lattazione. Dunque, nel piano di razionamento delle scrofe allevate per la produzione di lattonzoli destinati alla macellazione come suinetti da latte, l’apporto energetico della razione deve essere opportunamente definito per raggiungere i pesi “commerciali” desiderati dei lattonzoli».
Valorizzare l’economia dell’allevamento delle razze locali
Altri aspetti essenziali da considerare negli studi delle relazioni fra alimentazione e prestazioni produttive dei suini delle razze autoctone sono le condizioni di allevamento e le destinazioni delle carni. Questi animali anche in virtù della loro rusticità sono spesso allevati in condizioni di tipo estensivo o comunque semintensivo. «Questo tipo di allevamento – incalza Battacone - comporta che nella formulazione dei piani alimentari si debba considerare anche le maggiori esigenze degli animali per il mantenimento».
L’allevamento di queste razze nelle aree di origine prevede anche una stretta relazione fra le caratteristiche delle carcasse degli animali alla macellazione rispetto all’impiego delle carni. «Per la totalità delle razze autoctone italiane la produzione dei prosciutti è un elemento piuttosto comune – afferma Battacone-. In questo caso si tratta di prosciutti che in genere hanno una buona copertura di grasso, questo ne condiziona sia le modalità di alimentazione in finissaggio che il peso e l’età degli animali alla macellazione. Tale aspetto risulta essenziale per lo stesso mantenimento delle razze autoctone negli allevamenti, proprio perché va ad incidere in maniera determinante sul risultato economico dell’impresa che si deve poggiare su prodotti distinti sul mercato e ad elevata capacità remunerativa».
Tipo di allevamento, alimentazione e il miglioramento genetico
I suini attualmente impiegati negli allevamenti appartengono a diverse razze che sono il risultato di gruppi di animali separati e mantenuti isolati per decenni. Questo ha originato le molte differenze genetiche tra razze. Le diverse modalità di gestione dell’allevamento e della riproduzione dei suini ha amplificato la diversificazione delle razze suine. Le razze suine allevate in Europa sono classificabili come commerciali e con diffusione cosmopolita, derivate dal tipo genetico bianco, o locali, in quanto la loro presenza è limitata ad aree ristrette geograficamente. La gran parte di queste razze locali sono piuttosto vicine geneticamente alla popolazione di suini selvatici (cinghiali) locali. «Questo – spiega Gianni Battacone - potrebbe essere un indicatore di come le razze locali non siano state interessate dall’incrocio programmato con suini di provenienza asiatica com’è, invece, avvenuto circa due secoli fa con le razze europee cosmopolite».
La diffusione in tutto il mondo delle razze suine cosmopolite è stata affiancata dal miglioramento genetico dei suini con l’obiettivo di individuare animali con potenzialità produttive migliori in condizioni di allevamento. «Queste migliori potenzialità – specifica Battacone - necessitano di essere accompagnate dall’impiego di tecniche di gestione e alimentazione adeguate per consentirne le reali migliori prestazioni produttive. In generale, i suini migliori in termini genetici necessitano anche di maggiore attenzione nella formulazione dei piani alimentari per assecondare la loro capacità di dare prestazioni migliori. Per questo motivo, l’industria mangimistica ha l’esigenza di dare risposte adeguate alle esigenze alimentari dei nuovi tipi genetici di suini (ottenuti dalla selezione e miglioramento genetico) attraverso prodotti di mangimificio che non possono essere quelli già predisposti per l’alimentazione “tradizionale”. In definitiva – incalza Battacone - il miglioramento genetico dei suini deve essere gioco forza accompagnato da una industria mangimistica in grado di rendere reali i vantaggi in termini produttivi ed economici dell’allevamento».
In questo quadro, risulta chiaro come la globalizzazione dell’allevamento dei suini e l’aumento del consumo di carne suina abbia sopraffatto le razze locali, che in diverse situazioni sono seriamente interessate dal rischio di scomparsa. «L’allevamento delle razze locali presenta una situazione molto disomogenea sia per le caratteristiche degli animali sia per il sistema di allevamento e delle condizioni ambientali dove queste popolazioni di suini sono allevate. Pertanto le esigenze di conoscenze scientifiche e tecniche sulle metodologie di alimentazione da impiegare per rendere al meglio l’economia dell’allevamento delle razze locali differiscono in maniera anche sostanziale per ciascuna di esse. E – conclude Battacone - come abbiamo notato dagli esperimenti fatti nel nostro dipartimento, le differenze genetiche devono essere combinate con adeguate tecniche di allevamento e alimentazione funzionali per le specifiche esigenze di ciascuna razza rispetto alle sue condizioni di allevamento e finalità produttive».