L’azoto in eccesso non si elimina, si conserva

azoto
Il progetto ConservA si propone di sviluppare una tecnologia innovativa per la rimozione dell’azoto dagli effluenti di allevamento e realizzare un impianto pilota che possa dimostrare la possibilità di introduzione del sistema nelle aziende zootecniche

Le aree ad alta intensità zootecnica presentano un carico animale che produce una notevole quantità di effluenti e di conseguenza di azoto zootecnico da gestire agronomicamente. Un’azienda che si trova a gestire una quantità eccessiva di azoto zootecnico rispetto ai terreni disponibili e alle colture praticate, deve ristabilire un equilibrio tra azoto prodotto e azoto distribuibile. Ci sono due modi per affrontare questo problema: delocalizzare gli effluenti in eccesso verso altre aziende che possono beneficiare di questo prezioso elemento nutritivo, oppure introdurre un trattamento per abbassare il contenuto di azoto degli effluenti o quantomeno per migliorarne la gestione.
La cessione del surplus di azoto ad altre aziende è una soluzione percorribile, ma influenzata dai costi di trasporto, che chiaramente aumentano all’aumentare del volume di effluente da movimentare e all’aumentare della distanza tra l’azienda cedente e acquirente. A supporto di questa soluzione, un trattamento di separazione solido-liquido può essere di aiuto, dato che la frazione solida risultante è più facile da movimentare.

 

Quando la delocalizzazione risulta poco sostenibile dal punto di vista tecnico ed economico è invece necessario prevedere l’adozione di un trattamento che riduca la quota di azoto in eccesso, eliminandola o recuperandola sotto altra forma. Attualmente sono disponibili alcune soluzioni tecniche che rimuovono l’azoto dell’effluente eliminandolo come azoto atmosferico (N2), tra cui i trattamenti basati su processi aerobici biologici svolti in impianti nitro-denitro, in cui le fasi di nitrificazione e denitrificazione sono svolte in reattori distinti, o Sbr (Sequencing batch reactor) in cui le diverse fasi di trattamento vengono svolte in un unico reattore; oppure trattamenti che recuperano l’azoto in forma minerale o in una frazione di effluente molto concentrata, quali ad esempio sistemi a membrana (ultrafiltrazione, osmosi inversa, ecc.), essiccatoi del digestato o strippaggio a caldo dell’ammoniaca. Il vantaggio di questi trattamenti è il raggiungimento di prestazioni molto elevate nella rimozione o recupero dell’azoto dall’effluente, ma a fronte di costi elevati di acquisto, gestione e manutenzione degli impianti, che di fatto ne hanno limitato la diffusione.
Inoltre, bisogna considerare che i limiti di azoto zootecnico distribuibile in campo in base alla vulnerabilità dei terreni (170 kg/ha in ZVN o 340 kg/ha in zona ordinaria) rende comunque necessario l’acquisto di concimi minerali per soddisfare i fabbisogni colturali, soprattutto nel caso del mais. Ciò significa che da una parte è necessario ridurre l’azoto zootecnico in eccesso, mentre dall’altra si deve ricorrere all’integrazione con concimi azotati minerali (urea, ecc.) per garantire la produzione delle colture praticate.
Questo accade perché l’azoto contenuto nei concimi minerali ha un’efficienza d’uso da parte delle colture superiore a quella dell’azoto degli effluenti zootecnici. Infatti, l’azoto nei concimi minerali è presente in forma prontamente assimilabile dalle piante, viene distribuito con coltura in atto e in prossimità del momento in cui la pianta ne ha maggior necessità; diversamente, negli effluenti zootecnici solo l’azoto ammoniacale è prontamente assimilabile dalle piante, mentre l’azoto organico deve essere prima mineralizzato. Inoltre, i volumi di effluenti da gestire rendono più difficile l’intervento a ridosso della semina o con coltura in atto (anche se iniziano a diffondersi esempi virtuosi come fertirrigazione o cantieri per la distribuzione in copertura).

Il progetto ConservA

Il progetto ConservA (Impianto innovativo per la rimozione Conservativa dell’Azoto da effluenti zootecnici e digestato) finanziato dal Psr 2014-2020 della Regione Lombardia con la Misura 16, cerca di fornire una soluzione alle problematiche appena discusse. Il progetto si propone di sviluppare una tecnologia innovativa per la rimozione dell’azoto dagli effluenti di allevamento e realizzare un impianto pilota che possa dimostrare la possibilità di introduzione del sistema nelle aziende zootecniche. Lo scopo è di rimuovere la frazione ammoniacale dell’azoto nei liquami, ottenendo azoto in forma minerale che può essere ceduto all’industria chimica o utilizzato come fertilizzante.

La tecnica adottata

L’ammoniaca contenuta negli effluenti tende naturalmente a volatilizzare in aria e questo fenomeno viene favorito con l’aumentare di:
- pH dell’effluente,
- temperatura dell’effluente/ambiente,
- superficie di scambio tra liquame e aria,
- velocità dell’aria sulla superficie del liquame,
- movimentazione della massa di liquame.

Fig. 3 - Reattori in cui avviene lo strippaggio a lento rilascio. Nelle tubazioni che sovrastano i reattori passa l’aria che rimuove l’ammoniaca dal liquame

Il processo adottato nel progetto ConservA stimola i fenomeni che normalmente si cerca di bloccare per limitare le perdite di ammoniaca nell’ambiente. In pratica, il processo è finalizzato a promuovere il rilascio naturale di ammoniaca, in modo da catturarla sotto forma minerale. Questo processo si basa su uno strippaggio a lento rilascio, il cui principio di funzionamento (Figura 1) è molto semplice. Lo strippaggio a lento rilascio consiste nell’immissione di un flusso di aria nello spazio di testa di un reattore, all’interno del quale è presente il liquame preventivamente separato, eventualmente riscaldato e miscelato in continuo. Il flusso di aria lambisce la superficie del liquame, si carica di ammoniaca e raggiunge uno scrubber. In quest’ultimo passaggio del processo, l’aria carica di ammoniaca è sottoposta a un lavaggio con una soluzione di acido solforico che porta alla formazione di solfato ammonico.

Descrizione dell’impianto

L’impianto pilota, come raffigurato in figura 2, è composto da una vasca di 30 m3 per ricevere gli effluenti, da cui vengono inviati ad un separatore a vite elicoidale per rimuovere i solidi grossolani.

Tre serbatoi da 7.5 m3 raccolgono il separato liquido, che attraverso una pompa monovite viene caricato in 4 reattori di strippaggio da 7.5 m3 (figura 3), miscelati, riscaldati a 40°C e riempiti a metà livello. Il riscaldamento dei reattori viene garantito dalla circolazione di acqua calda prodotta da una caldaia. Nello spazio di testa dei reattori, tramite una soffiante, viene instaurato un flusso d’aria a circuito chiuso con lo scrubber (figura 4) per evitare perdite di ammoniaca durante il trattamento. Nei reattori sono presenti sensori per il monitoraggio di pH, livello e temperatura e tutto l’impianto è monitorato e controllato da un Plc (Programmable Logic Controller), accessibile anche da remoto.

Le prestazioni raggiunte

Dalle prove svolte su diverse tipologie di effluente è possibile osservare le prestazioni ottenute in funzione delle caratteristiche dell’effluente e delle condizioni climatiche (tabella 1). Sono stati testati liquami bovini, suini e digestati con differenti caratteristiche chimiche in entrata, ma accomunati da un contenuto di solidi limitato. L’impianto ha dimostrato di essere in grado di rimuovere dal 50 al 79% dell’azoto ammoniacale (N-NH3), che significa il 42-72% dell’azoto totale (Ntot). Queste prestazioni sono state ottenute con differenti tempi di trattamento, a dimostrazione della modularità dell’impianto, in relazione alle esigenze di rimozione di azoto.

Fig. 4 - Scrubber in cui avviene il contro-lavaggio con l’acido solforico dell’aria carica di ammoniaca proveniente dai reattori di strippaggio. Una soffiante genera il flusso d’aria in un circuito chiuso che collega reattori e scrubber tramite tubazioni in PVC

Il ruolo di alcuni parametri è apparso determinante nel favorire il processo di strippaggio a lento rilascio. Emerge chiaramente come si possano ottenere rimozioni, con tempi di trattamento minori, per quegli effluenti che hanno un maggior contenuto iniziale di azoto ammoniacale, il che consente anche di ottenere una migliore qualità della soluzione di solfato ammonico, espressa come concentrazione di azoto al suo interno. Questa condizione si è raggiunta quando la temperatura ambientale non era troppo fredda. Infatti, nelle prove, è emerso che una bassa temperatura ambientale, oltre ad aumentare i costi per il riscaldamento dei reattori, ha favorito la formazione di condensa all’interno dello scrubber, diluendo il solfato ammonico e peggiorandone la qualità. Mantenere la soluzione di solfato ammonico sufficientemente concentrata significa anche ridurre i costi per l’acquisto dell’acido solforico. Infatti, un’eccessiva diluizione del solfato ammonico può portare ad anticipare il suo scarico dallo scrubber, senza che la maggior parte dell’acido abbia reagito con l’ammoniaca. Problema facilmente risolvibile aumentando la capacità di stoccaggio dello scrubber, che consentirebbe di raggiungere l’obiettivo di posizionarsi su un consumo di acido pari a 3.5-4 kg/kg di azoto recuperato.
Un altro aspetto chiave per il processo riguarda la riduzione di volume dell’effluente trattato, che è risultata essere compresa tra il 3% e il 23% del volume iniziale dell’effluente. La riduzione di volume aumenta all’aumentare del tempo di trattamento e al ridursi delle temperature ambientali. Ridurre oltre all’azoto anche il volume dell’effluente può sembrare un vantaggio considerevole, ma l’acqua che evapora dall’effluente viene trattenuta nello scrubber diluendo la soluzione di solfato ammonico. Tanto più questa soluzione sarà diluita, minore sarà il suo valore commerciale e maggiore il suo volume da gestire. A vantaggio della possibilità di adottare tempi di trattamento ridotti, si aggiunge anche un ovvio minor consumo di elettricità derivante dal funzionamento dei miscelatori e della soffiante dell’aria, così come un minor consumo energetico per il riscaldamento dei reattori. L’obiettivo è di posizionarsi su un consumo elettrico pari a 2.5 kWh/kg di azoto recuperato che potrà essere raggiunto eliminando il costo del riscaldamento, ad esempio sfruttando il calore derivante da un impianto di biogas.
Il costo orientativo del processo ammonta a 2-3 euro/kg di azoto recuperato, che è paragonabile al costo attuale dell’azoto minerale, ma lo strippaggio consentirebbe di ottenere un prodotto ad alta efficienza dagli effluenti con benefici ambientali significativi. Il costo espresso per unità di volume si aggira invece su 1-3 €/m3, in funzione del contenuto iniziale di azoto degli effluenti e dal livello di rimozione richiesto.

Prospettive

L’impianto pilota ha raggiunto le prestazioni attese nel recupero dell’azoto dagli effluenti, evidenziando però la necessità di ridurre la diluizione degli effluenti per rendere davvero fattibile il processo di strippaggio testato. L’impianto è risultato essere di facile gestione, seppur con le dovute precauzioni per la presenza dell’acido solforico. I test sull’impianto hanno messo in luce le criticità del processo a scala pilota, permettendo di capire al meglio gli accorgimenti necessari per il passaggio alla scala reale.
Il solfato ammonico ottenuto può essere utilizzato come fertilizzante (ideale per la fertirrigazione), e avendo ottenuto una concentrazione di azoto fino a 15 volte superiore agli effluenti zootecnici risulta più facilmente trasferibile ad altre aziende agricole. Il vero cambio di passo consisterebbe nel riconoscerlo come fertilizzante minerale liberandolo dalla connotazione zootecnica, il che lo renderebbe utilizzabile al di fuori dei limiti imposti dalla vulnerabilità dei terreni. Questo consentirebbe all’azienda produttrice di poterlo vendere ad altre aziende, ma anche di poterlo usare sui propri terreni in sostituzione del concime minerale acquistato sul mercato, che oltre al costo attuale molto elevato, presenta un processo di produzione energivoro e impattante verso l’ambiente.

 

 

Per approfondimenti sul progetto ConservA, clicca qui

L’azoto in eccesso non si elimina, si conserva - Ultima modifica: 2023-01-17T11:07:43+01:00 da Lucia Berti

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