Reflui e alghe, un esempio di economia circolare

La crescita di consorzi alghe-batteri sugli effluenti zootecnici è grado di rimuoverne efficacemente gran parte dei carichi di ammonio, materia organica e fosforo, riducendo così le emissioni e creando biomasse utili per l’ambiente

Il tema dello smaltimento dei reflui e più nello specifico dell’impatto che l’azoto, nelle sue diverse forme chimiche in essi contenuto, ha sul terreno è al centro del dibattito da diversi anni.

Soprattutto in Pianura Padana, in particolare in alcune province che ricadono per più del 60% del loro territorio in zona vulnerabile, questo tema assume un ruolo molto rilevante, sia per la gestione delle aziende agricole che per tutti gli aspetti socio-economici che ne derivano.

I limiti allo spandimento imposti dalla Direttiva Nitrati nella Pianura Padana in zona vulnerabile sono particolarmente stringenti: 170kg/ha di azoto/anno, che se confrontati con il quantitativo totale prodotto anche solo nella provincia di Cremona, sono abbondantemente superati.

Sono quindi necessarie strategie per la corretta gestione dei reflui zootecnici, allo scopo di limitare l’inquinamento ambientale rispettando al contempo i limiti di emissioni.

Il continuo miglioramento delle tecniche agronomiche, delle tecniche di distribuzione dei reflui zootecnici, l’evoluzione della meccanizzazione agricola e delle tecnologie di trattamento dei reflui stessi risultano essere un aspetto chiave per far fronte a questo difficile scenario in cui si trovano le aziende agricole locali.

I progressi tecnologici e l’innovazione nel settore agricolo possono essere implementati solo dalla continua sperimentazione e dai molteplici progetti scientifici svolti sul territorio dai diversi enti di ricerca.

Il progetto “Polo delle microalghe”

Tra questi, particolarmente attivo sul territorio della provincia di Cremona troviamo il progetto Polo delle microalghe, coordinato dall’Istituto sperimentale italiano “L. Spallanzani” presso la sede di Rivolta d’Adda (Cr), in collaborazione con Università degli studi di Milano-Bicocca e il Politecnico di Milano.

Questo progetto nasce dall’idea di estendere il concetto di “economia circolare” utilizzando le microalghe come fonte biologica capace di trasformare i reflui in prodotti di nuova origine, valorizzandone al contempo le produzioni in differenti settori, come ad esempio in quello mangimistico, cosmetico, nutraceutico e bioenergetico. Una promettente soluzione a basso costo consiste infatti nell’applicare processi biologici basati sulla crescita di consorzi alghe-batteri in grado di rimuovere efficacemente gran parte dei carichi di ammonio, materia organica e fosforo dalle acque reflue, producendo al contempo biomassa algale che può essere ulteriormente convertita in prodotti alternativi ad alto valore aggiunto.

L’agricoltura intensiva porta, infatti, alla produzione locale di grandi quantità di residui, che non possono essere smaltiti solo ed esclusivamente secondo le pratiche tradizionali, le quali dipendono principalmente, dall’applicazione del refluo stesso nel suolo. Per quanto riguarda il comparto suinicolo, ad esempio, è stata recentemente pubblicata una tendenza generale alla crescita, che prevede un volume di produzione annuale di 21,7 milioni di tonnellate entro 2030 (Statista, Pork consumo volume EU-28 2015–2030). Queste pratiche di allevamento intensivo generano una grande quantità di acque reflue di allevamento che dovranno essere adeguatamente smaltite per limitare l’impatto ambientale della produzione di carne.

Una strada forse percorribile è allora quella dell’utilizzo delle microalghe, microrganismi che, come è già stato scientificamente dimostrato in decine di altri progetti e impiegato in scala reale, ad esempio in Spagna ma anche in California, Nuova Zelanda e Marocco, crescono sui reflui creando delle biomasse grazie ai nutrienti in essi presenti. Queste biomasse potranno essere allora destinate alla produzione di fertilizzanti organici, bioplastiche, mangimi, prodotti cosmetici, nonché all’alimentazione non convenzionale di impianti a biogas. In buona sostanza, una parte delle frazioni provenienti dagli allevamenti e dalle lavorazioni lattiero-casearie potrà essere utilizzata in un processo circolare, dove ciò che dalla terra arriva alla terra ritorna, producendo una nuova biomassa utile per l’ambiente.

Una biotecnologia sostenibile ed efficiente

Le microalghe rappresentano un vasto ed ubiquitario gruppo di microrganismi fototrofi ossigenici, fonte di una grande varietà di molecole bioattive di pregio che offrono l’opportunità di valorizzare la biomassa prodotta in differenti settori: dalla produzione sperimentale di bioplastiche ai mangimi per il comparto zootecnico, dai fitostimolanti nel settore agricolo all’estrazione di pigmenti e molecole di pregio da impiegare nel settore cosmetico. In questo senso, le ricerche promosse dal progetto puntano a sviluppare delle bioraffinerie: una biotecnologia sostenibile ed efficiente capace di fitodepurare reflui zootecnici e trasformare sottoprodotti caseari in prodotti di nuova origine, producendo una biomassa microalgale che andrà ad integrarsi funzionalmente alle altre filiere di vocazione locale.

Troviamo di particolare interesse l’impianto di sperimentazione microalgale per la depurazione dei reflui suinicoli e dei loro digestati situato in un’azienda agricola Lombarda in provincia di Cremona che alleva più di 20.000 capi suini. Oltre all’allevamento, questa azienda è dotata di impianto di biogas e di un depuratore dei reflui zootecnici. Lo scopo della ricerca è quello di utilizzare il separato liquido del digestato e il refluo tal quale come nutriente per la crescita delle microalghe, per poi valutare l’abbattimento dei valori di azoto nel refluo e capire al contempo la produttività di biomassa algale per il suo riutilizzo nell’impianto di biogas (foto 1).

 

Foto 1 - Impianto pilota tipo raceway per la coltivazione di microalghe alimentato con frazione liquida del digestato e refluo suino presso un’azienda agricola suinicola in provincia di Cremona

Microalghe e biogas

Questi impianti di coltivazione microalgale si integrano al meglio in allevamenti dotati di impianti di biogas, per diversi motivi:

- il separato liquido del digestore è un ottimo substrato per la crescita microalgale, poiché possiede micro e macro nutrienti idonei alle alghe;

- l’anidride carbonica di scarto degli impianti di biogas, il cui destino generalmente è quello di andare in atmosfera, risulta idonea alle alghe come fonte di carbonio per effettuare la fotosintesi;

- il calore dei motori degli impianti di biogas può essere sfruttato per riscaldare il sistema di coltivazione anche nel periodo invernale (figura 1).

Fig. 1 - Schema dei nutrienti per la crescita microalgale: luce solare, macro e micro-nutrienti e anidride carbonica

L’impianto di sperimentazione

L’impianto pilota è costituito da una vasca chiamata raceway di 3.8 m2, profonda 20 cm e alimentata mediante una pompa che lavora in continuo con il separato liquido dell’impianto di biogas.

La sperimentazione è durata da maggio a novembre, le microalghe utilizzate per la prova sono Chlorella e Scenedesmus, ceppi che si trovano tipicamente in ambiente d’acqua dolce. Tali ceppi si sono rivelati particolarmente adeguati per il trattamento dei reflui in generale, poiché sono noti per essere robusti e versatili, soprattutto per la loro capacità di crescere in diverse acque reflue e di tollerare alti livelli di ammoniaca.

Successivamente alla crescita e allo sviluppo delle microalghe, la biomassa ottenuta è stata raccolta, centrifugata e successivamente fatta seccare, per poi studiarne la composizione e la possibile valorizzazione. Le performance dell’impianto sono state monitorate con delle sonde che misurano in continuo i valori di pH, ossigeno e illuminazione, mentre in laboratorio sono stati misurati settimanalmente i seguenti parametri: azoto (ammoniacale, nitriti, nitrato), fosforo (in forma di ortofosfato), COD solubile e il contenuto di solidi. Per questa sperimentazione, l’anidride carbonica è stata aggiunta in automatico quando il sistema raggiungeva valori di pH superiori a 7, in modo tale da creare l’ambiente idoneo alla crescita delle alghe.

Un altro aspetto importante risulta quello di poter sfruttare l’anidride carbonica già presente nell’impianto di biogas per la crescita delle microalghe, le quali mediante la fotosintesi immagazzinano CO2 e producono ossigeno, diminuendo così le emissioni di gas serra dell’impianto in atmosfera.

Il refluo (separato liquido o digestato tal quale, così come il refluo suinicolo non trattato) in uscita dall’impianto avrà un contenuto di azoto, fosforo e di COD ridotto rispetto all’ingresso: nello specifico, si è riscontrata una rimozione di azoto pari al 90%, di fosforo pari al 90% e di COD pari al 50%. Le alghe hanno il duplice vantaggio di immagazzinare l’azoto nelle loro cellule, per un valore di circa il 12%, e al contempo di favorire la nitrificazione (circa l’80%), in quanto sono in grado di fornire ossigeno mediante la fotosintesi ai batteri nitrificanti. In questo modo, si evita l’insufflazione artificiale di aria nella vasca, come invece avviene in un impianto classico di trattamento di acque reflue.

I risultati sono stati utilizzati anche per eseguire un’analisi tecnico-economica completa per l’integrazione di processi basati sulle alghe in allevamenti di diverse dimensioni (100–10000 suini). La quantità di N (azoto) smaltita sui terreni agricoli potrebbe essere ridotta dal 91% al 21%, aumentando la frazione restituita in atmosfera dal 2,4% al 63% e la frazione nella biomassa dal 6,2% al 16%.

Uno degli aspetti di studio del progetto è anche quello di verificare se la biomassa micro-algale ottenuta potrà essere utilizzata in co-digestione nell’impianto stesso di biogas oppure come nuovo materiale per altri settori, come ad esempio bioplastiche, o come biofertilizzante. Infatti, studi condotti in laboratorio hanno dimostrato che il potere calorifico della biomassa algale è pari a 200 Nm3 CH4/t.

Prospettive future

Con l’obiettivo di mitigare l’impatto ambientale dei reflui zootecnici valorizzandoli nei settori agricolo, mangimistico o energetico, impiegando le microalghe sarà possibile ottenere delle molecole bioattive di pregio da impiegare dunque in altri settori. Le tecnologie microalgali rappresentano, pertanto, non solo una risposta ad esigenze specifiche del territorio, ma anche l’opportunità per lo sviluppo di innovativi ed interessanti mercati nel settore della bioeconomia, un nuovo modello di sviluppo economico sostenibile che propone soluzioni d’innovazione tecnologica atte a ridurre il consumo di energia e di risorse naturali e che promuova il riciclaggio e l’utilizzo delle risorse rinnovabili, anche a garanzia di un’autonomia di gestione locale.

Con l’augurio che questa tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, possa diventare in futuro uno strumento di gestione concreta dei reflui zootecnici.

Reflui e alghe, un esempio di economia circolare - Ultima modifica: 2022-07-19T11:16:33+02:00 da K4

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