La chiusura di molti allevamenti di suini da un anno a questa parte ha determinato una diminuzione dell’offerta: un fatto indicato, anche e soprattutto, dal crollo delle macellazioni nel corso del 2014. Sono i ricercatori Crefis (www.crefis.it) a segnalarlo, nel corso del lavoro di monitoraggio e interpretazione dei dati economici e produttivi della filiera. Più in particolare, valutando alcuni dati Istat, emerge che nei primi undici mesi del 2014 il numero di suini macellati è calato del 16,1% (il 15,4% considerando solo i suini grassi). Ma il calo delle macellazioni è arrivato al 21,6% in termini di peso vivo e al 20,5% in termini di peso morto. Tale drastica riduzione è concentrata nei mesi da marzo ad agosto; comunque anche a ottobre il calo è stato importante: -27,9% considerando suini grassi a peso morto. Una situazione determinata proprio dalla diminuzione drammatica dell’offerta di suini da macello, causata a sua volta dalla chiusura di molti allevamenti.
I macellatori si sono così trovati a cascata con meno capi da lavorare, un fatto che li ha messi in difficoltà economica perché hanno dovuto operare con un basso tasso di sfruttamento degli impianti, una situazione che, a causa dei costi fissi, mette a dura prova i conti.
D’altro canto, la forte contrazione produttiva contribuisce a spiegare, almeno in parte, la relativa “tenuta” dei prezzi dei suini vivi nel periodo estivo, verificatasi nonostante le forti tensioni sia a valle della filiera che sui mercati esteri. Si deve aggiungere, però, che a fine anno la situazione è fortemente peggiorata principalmente a causa dei riflessi diretti e indiretti dell’embargo russo sui prodotti delle filiere europee del suino.
Una somma di cause
«Una simile riduzione della produzione, pari a circa un quinto del totale, non può passare inosservata – rileva il professor Gabriele Canali, direttore del Crefis – anche perché questa crisi è frutto di cause che vengono da lontano e durano da troppo tempo. La questione Russo-Ucraina non è che l’ultima goccia e agisce soprattutto in via indiretta attraverso un eccesso di offerta sui mercati Ue. I prezzi in Olanda a gennaio sono stati appena sopra 0,90 €/kg peso vivo. E anche in Germania il mercato è in forte sofferenza».
Questo andamento spiega il calo dei prezzi della parte finale dell’anno, ma non può spiegare il calo delle produzioni che, per quella data, si era già realizzato. «Le cause della crisi – prosegue Canali – sono principalmente interne e sono riassumibili in uno scarso coordinamento dell’offerta e in meccanismi di governance della filiera del tutto inefficaci. Poi ci sono i problemi di insufficiente redditività del Prosciutto di Parma e della mancata valorizzazione dei tagli di carne fresca. Consideriamo infine la difficoltà dell’industria nazionale dei salumi a cogliere pienamente le opportunità che si aprono sui mercati internazionali, soprattutto per le problematiche di natura sanitaria che continuano a penalizzarci».
Come intervenire
È facile notare che i problemi non riguardano singoli segmenti ma l’intera filiera. Dunque è in un’ottica di filiera che si devono approcciare le azioni da intraprendere per uscire dalla crisi in modo duraturo.
«Le strategie da adottare – indica il professor Canali – non devono limitarsi a farci uscire dalla crisi, ma devono essere l’occasione per promuovere uno sviluppo duraturo della filiera».
Da questo punto di vista, secondo il direttore del Crefis sono diverse le azioni da mettere in campo. Intanto è necessario sviluppare ulteriormente tutte le forme di organizzazione dei produttori (Op) e di coordinamento e programmazione produttiva; ma soprattutto è imprescindibile promuovere nuove forme di governance di filiera diverse e più efficaci di quelle attualmente esistenti. Per Canali è anche necessario far partire, finalmente, iniziative di differenziazione delle carni fresche attraverso un sistema di qualità nazionale, ma che possa essere efficace e utile alla filiera, in una visione lungimirante.
Non certo ultima è l’attenzione da rivolgere alle esportazioni. In particolare occorre agire per incoraggiare azioni volte alla tutela e alla promozione dei salumi italiani sui mercati esteri, sia a livello comunitario che extra-Ue. Oltre che operare concretamente per sostenere le aziende che esportano, considerando il peso dei costi logistici e di marketing per iniziare a conquistare un nuovo mercato estero.
Visualizza l'intero articolo pubblicato sulla Rivista di Suinicoltura n. 4/2015