In Italia nel giro di 6 anni il consumo di medicinali animali è calato del 30%. Commentano i dirigenti della Fiera di Cremona: «Questo trend porta un primo importante contributo alla lotta contro l’antibiotico-resistenza». Aggiunge Arianna Bolla, presidente di Aisa: «Il consumo dovrebbe ulteriormente calare». Aisa-Federchimica (l’acronimo sta per Associazione imprese salute animale) riunisce le aziende farmaceutiche del settore veterinario.
Dovrebbe ulteriormente calare, spiega Bolla, grazie a una crescente serie di indirizzi e di misure adottati da Unione europea, ministeri competenti, associazioni di allevatori e veterinari, e tramite uno strumento di prossima introduzione come la ricetta elettronica. Continua il presidente Aisa, anticipando alcuni dei dati che verranno commentati alle prossime Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, 24-27 ottobre, nel corso di un incontro dedicato a farmaci e salute animale e umana: «Sicuramente si è andata diffondendo una certa consapevolezza. A partire da cinque anni fa si è iniziato a raccogliere dati, disponibili da parte degli Stati membri, sulla quantità di antibiotici utilizzata in veterinaria. Per l’Italia quelli di cui parliamo, comunque, è bene precisare sono dati di vendita, forniti dalle aziende, che potrebbero quindi non combaciare perfettamente con le reali quantità poi utilizzate».
Utilizzo più responsabile dei medicinali animali
Si tratta di un tema sul quale il mondo della veterinaria e della zootecnia intende continuare a lavorare: «Si è sviluppata una maggiore consapevolezza su cosa fare - continua Bolla - per rendere più responsabile l’utilizzo degli antibiotici in campo animale. È bene ricordare che quando un animale si ammala è giusto, oltre che etico, curarlo: per questo è bene ribadire l’importanza dell’uso responsabile dell’antibiotico quando serve, quanto serve».
Questi dati corrispondono in ogni caso «a un primo importante risultato, soprattutto se pensiamo che insieme alla Spagna e a Cipro, l’Italia è uno degli Stati che risulta uno dei maggiori utilizzatori di antibiotici in campo animale. Dalle considerazioni di cinque anni fa sono scaturite una serie di azioni da parte del Ministero, con organi di sorveglianza, con linee guida specifiche, oltre che con l’impegno diretto di alcune associazioni di produttori di carne che hanno fissato e rispettato obiettivi di riduzione. In generale c’è stato un maggiore impegno da parte di tutta la filiera».
Le vendite in Italia
Nel recentissimo report italiano sui dati di vendita dei medicinali veterinari contenenti agenti antimicrobici diffuso dal Ministero, in base alle rilevazioni, nel 2016 si conferma la tendenza alla diminuzione delle vendite totali, pari all’8,4% rispetto al 2015; una riduzione ancor più significativa se si considera il calo del 30% rispetto ai dati del 2010.
La diminuzione è associata, sottolinea Cremonafiere, a un importante calo della classe delle polimixine, - 42% rispetto al 2015. Altri cali significativi, continua Cremonafiere, riguardano le classi identificate dalla World Health Organization (Who) come Critically important antimicrobials (antimicrobici di importanza critica, Cia), ovvero chinoloni -26%, fluorochinoloni -20% e cefalosporine di terza e quarta generazione -4%. Si riscontra infine, dice ancora Cremonafiere, una contrazione dell’8% anche per le forme farmaceutiche autorizzate, come premiscele, polvere e soluzioni orali, impiegate principalmente per i trattamenti di gruppo.
Con la ricetta elettronica
Con l’ormai imminente introduzione della ricetta elettronica obbligatoria si aprono scenari che permetteranno un controllo pressoché totale sull’andamento della produzione, della vendita, della distribuzione e dell’utilizzo dei medicinali animali.
«Oltre alla possibilità di una tracciabilità completa del farmaco - fa notare la presidente di Aisa - avremo completa disponibilità di informazione sull’uso antibiotico, compreso il consumo per specie animali. Particolare non da poco, quest’ultimo, perché a partire dalle caratteristiche del consumo per specie si potranno avviare azioni mirate, a esempio maggiori controlli, ma soprattutto maggiore formazione agli allevatori e ai veterinari: tutto ciò ci permetterà di allevare animali più sani».
Carne e consumatori, Arianna Bolla:
timori sul residuo, ma il rischio non c’è
«Il problema non è il residuo, ma l’antibiotico resistenza»: secondo Arianna Bolla è proprio il tema dell’antibiotico residuo uno dei più grandi fraintendimenti fra veterinaria, industria della carne e consumatori.
«Quella sul rischio di residui di medicinali animali nella carne è vera disinformazione – spiega il presidente Aisa - perché ogni farmaco, in medicina veterinaria, viene registrato effettuando studi sui tempi di attesa o sospensione, cioè sul tempo che deve intercorrere tra l’ultima somministrazione di un medicinale e il momento della macellazione. Registriamo però forti resistenze da parte dei consumatori, forse poca fiducia nei controlli, e quindi timori rivolti soprattutto a questi residui, in realtà assolutamente innocui e in linea tutti gli standard di sicurezza».
Altro tema è l’antibiotico resistenza, che porta i medici, in umana, ad avere sempre più spesso a che fare con batteri resistenti. «I più pericolosi, però - continua Bolla - non arrivano dalla veterinaria. E andrebbe considerato il quadro nel suo complesso, cioè non solo l’utilizzo sugli animali, ma anche il consumo della popolazione. In questo senso ci sono direttive che allo stesso modo spingono verso una limitazione dell’utilizzo. Il settore veterinario, comunque, sta facendo la sua parte, e proprio di questo parleremo a Cremonafiere».
L'articolo è pubblicato sulla Rivista di Suinicoltura n. 9/2018