La selezione genetica ha portato alla produzione di scrofe sempre più iper prolifiche, aumentando la necessità di nutrienti durante la gestazione e la lattazione per permettere concomitantemente anche un aumento della produzione di latte per supportare la crescita della nidiata. Un limitato apporto nutrizionale può portare le scrofe ad un severo stato catabolico e a conseguenti performance riproduttive ridotte.
Un nuovo studio, conclusosi nel 2024, si è posto l’obiettivo di valutare gli effetti della somministrazione di cellule selezionate, inattivate e stabilizzate di Saccharomyces cerevisiae durante la lattazione sulle performance riproduttive della madre nel post-svezzamento.
La nuova prova di campo
La nuova prova di campo si è svolta in un’azienda commerciale con installazioni sperimentali che hanno permesso una precisa raccolta dei dati durante l’intera prova, suddividendo 164 scrofe in due gruppi paralleli (prova e controllo) all’interno della stessa banda di allevamento.
Il focus si è spostato sui parametri riproduttivi della scrofa nel post-svezzamento, come suggerito da alcuni studi presenti in letteratura che avevano già ipotizzato degli effetti positivi sull’inizio del ciclo riproduttivo seguente. Sebbene i meccanismi di integrazione nell’organismo dell’ospite dei lieviti non siano ancora chiari, sembra che i risvolti positivi del loro utilizzo transiti attraverso alle migliori condizioni di salute delle scrofe grazie all’azione positiva nel loro tratto intestinale. Nella coltura del lievito esistono infatti alcuni componenti probiotici a fermentazione lenta come il b-glucano e i mannano-oligosaccaridi, che potrebbero non solo avere il potenziale di modulare la secrezione di peptidi glucagone-like-1, ma potrebbero anche essere associati ad effetti positivi che portano all’aumento dei batteri benefici intestinali.
Intervallo svezzamento-calore-utile più breve di 2,6 giorni
Il processo di allattamento è generalmente accompagnato da un’estrema perdita di grasso corporeo e da un minore catabolismo proteico, con conseguente diminuzione del peso corporeo delle scrofe. Una perdita eccessiva di peso corporeo può aumentare l’intervallo dallo svezzamento all’estro e causare una riduzione del tasso di ovulazione e della sopravvivenza embrionale nelle scrofe colpite.
Nella nuova prova conclusa nel 2024, la somministrazione di cellule selezionate, inattivate e stabilizzate di Saccharomyces cerevisiae alle scrofe durante la lattazione ha migliorato le performance riproduttive post-svezzamento delle scrofe, con la riduzione dell’intervallo svezzamento-calore-utile nelle scrofe trattate di 2,6 giorni (da 8,5 giorni del gruppo controllo a 5,9 giorni del gruppo trattato).
Nella coltura del lievito sono presenti componenti probiotici come i b-glucani e i mannano-oligosaccaridi, che potrebbero essere i responsabili della riduzione dell’intervallo dallo svezzamento all’estro successivo. Tuttavia, i meccanismi con cui la coltura del lievito riduce l’intervallo dallo svezzamento all’estro non sono stati studiati e completamente determinati, ma si suppone che, almeno in parte, possano essere legati al miglioramento della salute delle scrofe derivante dalle azioni positive della coltura del lievito nel loro tratto gastrointestinale.
I giorni improduttivi in azienda costano
Nella prova conclusa nel 2024, la somministrazione di cellule selezionate, inattivate e stabilizzate di Saccharomyces cerevisiae alle scrofe durante la lattazione ha ridotto di 2,6 giorni l’intervallo svezzamento-calore-utile. Considerando la spesa di mantenimento media per ciascuna giornata improduttiva della scrofa in azienda, ad oggi stimata intorno ai 6 euro, i risultati tradotti in termini economici sono incoraggianti. Infatti, ciascuna scrofa trattata non presenta il conto di 15,6 euro per giornate improduttive come il gruppo controllo. Tradotto su base annua, considerando una media di cicli riproduttivi di 2,3, ogni scrofa risparmia 35,88 euro. In una scrofaia di 1000 scrofe, si tratta di più di 35.000 euro all’anno. Parlando di riscontri economici, non va dimenticato come oggigiorno i contributi Pac vengano distribuiti anche in base al minor consumo di antibiotico che, sebbene non fosse oggetto del presente lavoro, era stato ampiamente valutato in una prova precedente con riscontri positivi successivamente alla somministrazione del postbiotico durante la gravidanza. Il risvolto economicamente vantaggioso dei due aspetti va quindi sommato, oltre ovviamente al lato sanitario positivo.
L’articolo completo è disponibile per i nostri abbonati sulla Rivista di Suinicoltura n. 7/2024
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