Anche i giovani allevatori credono nelle razze autoctone

razze autoctone
Luciano Costantini e Tommaso Sturmo
La start up Costantini Slow alleva suini “Neri d’Abruzzo” (denominazione alternativa della razza Apulo Calabrese) usando tecniche che coniugano la tradizione con la sperimentazione di tecniche innovative e sostenibili

Sebbene questo ceppo locale sia ben definito, il suino “Nero d’Abruzzo” non è altro che una denominazione alternativa di una delle nostre razze autoctone, l'Apulo Calabrese, ampiamente diffusa su tutta la dorsale appenninica. Negli ultimi anni proprio in Abruzzo sta emergendo la riscoperta di questa antica razza a opera di allevatori attivi e, in molti casi, giovani.

Tommaso Sturmo, 34 anni, titolare assieme al socio Luciano Costantini, sostanzia i presupposti alla base del modello aziendale di sviluppo oggi chiamato “start up” ma che da sempre richiede i medesimi ingredienti: lungimiranza, intraprendenza, entusiasmo, coraggio e un pizzico di incoscienza!

Una scelta coraggiosa

Tommaso proviene da una famiglia di agricoltori-allevatori, poi urbanizzatasi. Nato e vissuto a Roma sino ai 20 anni, acquisisce la laurea in biotecnologie. Conclusi gli studi, rinuncia alle occupazioni tipiche garantite dai titoli acquisiti per tornare nei luoghi di origine materna. Qui trova il vecchio fondo di famiglia, oramai inutilizzato, una volta dedicato agli alberi da frutta e poi dal nonno convertito alla produzione di tartufi attraverso l’impianto di un esteso querceto, nel tempo esauritasi probabilmente per la concomitanza di fattori climatici e produttivi. Nasce quindi l’idea di dedicare questo terreno all’allevamento in purezza del suino nero d’Abruzzo, con l’obiettivo di destinarlo a una produzione e a un consumo di qualità, in grado di garantire un adeguato ritorno economico.

Avvio dell’attività di impresa

Il giovane titolare dunque, per sua stessa ammissione, non ha né tradizioni né esperienza in qualità di allevatore e quindi matura la consapevolezza di dover coniugare, per la piena realizzazione del proprio progetto, la sua intuizione e le sue disponibilità fondiarie con le capacità e i mezzi produttivi di un socio in grado di garantire il completamento della filiera, soprattutto sotto il profilo della trasformazione e commercializzazione del prodotto.

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Il suino Nero d’Abruzzo

L’amicizia e la condivisione degli stessi valori produttivi con Luciano Costantini è stata dunque il naturale viatico per la costituzione dell’attuale società agricola che al momento è in grado di garantire una filiera chiusa (allevamento, macellazione e trasformazione, stagionatura), con la prospettiva, una volta consolidata la produzione, di occuparsi anche della vendita diretta.
Luciano infatti incarna l’ultima generazione del Salumificio Costantini, una delle più importanti realtà produttive del settore in Abruzzo, con strutture su oltre 10mila mq, suddivisi tra laboratori di produzione, essiccatori, magazzini e uffici.

Ubicazione dell’allevamento

L’azienda si trova a Mosciano Sant’Angelo (Te), a una altitudine di 227 m sul versante nord della vallata del Tordino e occupa una superficie di 9 ha, di cui 3 ha dedicati a pascolo per suini, caratterizzati da una fitta alberatura di querce e lecci che, oltre a fornire cibo agli animali, contribuisce a mantenerli al fresco durante le calure estive.

L’iscrizione al libro genealogico per il riconoscimento della razza

I primi passi dell’allevamento iniziano circa tre anni fa, con soggetti ibridi derivanti da incroci con varie razze a mantello nero; ben presto però, anche sulla spinta della necessità di qualificarsi con prodotti più identificativi del territorio e di qualità, l’azienda si indirizza alla selezione in purezza del suino nero d’Abruzzo, iscrivendo al libro genealogico tre riproduttori, con genealogia sconosciuta ma che presentavano marcatamente i caratteri tipici di questa razza.

La marcatura dei soggetti con i requisiti di razza permette di iscriverli al Libro genealogico

«Costituire il nucleo di razza – afferma Sturmo - ci ha consentito di fare riprodurre i nostri primi soggetti in purezza. Le covate generate da questi accoppiamenti che sono in possesso dei requisiti di tipicità richiesti possono così definirsi di razza perché’ iscritte alle varie sezioni del libro genealogico». Costantini slow ha inoltre ha partecipato alla recente costituzione del relativo consorzio di tutela della razza, che vede oggi sei aziende associate e una produzione di oltre 600 capi ogni anno.

All’aperto tutto l’anno

Le strutture e la gestione dei suini, in considerazione anche del background non strettamente zootecnico dei soci, sono piuttosto semplici, ma possiamo dire, ben organizzate. Attualmente le scrofe partoriscono in 3 box parto individuali con struttura portante in legno e pavimentazione piena in cemento, sulla quale viene predisposto un ampio strato di paglia.
All’interno dei box è stato ricavato un nido per i suinetti, dove trovano un ambiente più caldo che scongiura in parte il rischio di schiacciamento a opera della scrofa. Lo svezzamento dei suinetti avviene attorno al quarantesimo giorno di vita, trasferendoli nel recinto adiacente di 3mila mq. Magronaggio, ingrasso e talvolta anche il finissaggio vengono svolti in 2 recinti di circa 1 ha ciascuno.

Contenimento e movimentazione degli animali senza stress

I recinti di ingrasso comunicano tra di loro attraverso un sistema di cattura degli animali messo a punto dai soci. Tramite una serie di paratie che si aprono e chiudono all’occorrenza gli animali vengono invitati a entrare sfruttando la loro naturale curiosità per il cibo, evitando così forzature e relativo stress.

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Il pascolo viene gestito in maniera dinamica con l’ausilio del filo elettrico

Questo sistema si rileva particolarmente utile per eseguire interventi e terapie in animali allevati su ampie superfici. È inoltre strategico per la biosicurezza la collocazione di questo sistema all’estremità dell’azienda, evitando così l’ingresso di mezzi esterni in occasione del carico settimanale dei suini per il macello.

La gestione del pascolo

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Il pascolo aziendale nel querceto

Stanti le riferite modalità di stabulazione, Tommaso testimonia la grande attenzione rivolta alla gestione pastorale: «Cerchiamo di salvaguardare in modo sostenibile la struttura e la fertilità del suolo dall’intensa attività meccanica dei suini controllando il carico animale in base alla capacità di carico del pascolo e facendo largo ricorso alla tecnica di rotazione dei terreni».
La situazione in azienda è molto dinamica: i 3 ettari di pascolo sono divisi mediamente in 6 lotti delimitati da un solo filo elettrico che permette di ampliare o restringere agilmente il paddok a seconda dello stato di usura del terreno.

 

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Anche i giovani allevatori credono nelle razze autoctone - Ultima modifica: 2021-03-02T15:51:42+01:00 da Lucia Berti

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