Tempesta passata e pace fatta o tregua armata? L’elettrizzante – per così dire – estate della Cun, la Commissione unica nazionale dei suini grassi da macello, sembra aver ritrovato un briciolo di serenità, almeno nella misura in cui il dialogo fra commissari di parte allevatoriale e industriale è stato ristabilito. Dopo appunto un muro contro muro innescato dalla diserzione dei macellatori alla Cun, ribellione anti-sistema che aveva fatto infuriare ai primi di luglio (e per oltre un mese circa) i produttori e messo in imbarazzo il ministero, con l’obbligo di fissare un prezzo d’imperio, al di fuori appunto della normale dinamica contrattualistica.
Come elemento di cronaca sarebbe quasi irrilevante l’andamento dei prezzi dei suini grassi da macello, in calo giovedì 26 agosto (-0,030 €/kg) rispetto alla quotazione precedente, se non fosse che il mercato è in una fase attendista dopo le vacanze estive ed è alle prese con qualche incognita a livello internazionale.
Il payout elaborato da Teseo by Clal, strumento utilissimo per calcolare i costi di produzione del suino, indica che per l’allevatore il costo vivo del suino grasso da macello a 170 chilogrammi, quello destinato per intendersi alla filiera Dop, si attesta a 1,52 €/kg, che sale a 1,64 €/kg se si fissa un margine di guadagno alla porcilaia dell8 per cento. Con un prezzo stabilito in Cun di 1,68 €/kg, può dirsi sufficiente?
Alla domanda sarà ogni allevamento e ogni imprenditore il più titolato a rispondere e noi non ci avventuriamo di certo ad azzardare pronostici o a fare calcoli, anche alla luce del fatto pacifico che ogni azienda ha dinamiche e costi propri, acquista più o meno materia prima, ha disponibilità di terra in proprietà o deve pagare affitti per lo smaltimento dei reflui, ha spese appunto differenti.
La riflessione, semmai, dovrebbe spostarsi sulla necessità di adottare in via più o meno ufficiale uno strumento come quello del payout di Teseo, magari con l’accordo fra le parti interessate alla trattativa in Commissione unica nazionale a individuare tali valori come soglia minima al di sotto della quale non scendere, per non esporre gli allevatori, anello insostituibile della filiera delle Dop, a perdite sicure e, a lungo andare, a chiusure certe.
Gli esponenti della filiera suinicola esprimono soddisfazione
In vista di un Tavolo di concertazione al ministero, che dovrebbe essere imminente, tira un sospiro di sollievo il presidente di Anas, Thomas Ronconi, per il fatto che la Cun sia riuscita a riprendere il proprio funzionamento “regolare, senza l’ausilio dei garanti, con bollettini firmati dai garanti di entrambe le parti”.
Anche Serena Antonioli, vicepresidente di Coldiretti Cremona e allevatrice di suini, esprime la propria soddisfazione per il ritorno a stabilire “un prezzo del suino pesante del circuito tutelato senza ricorrere a forbici inopportune di prezzo”.
“Finalmente ci siamo, la situazione si sta normalizzando e il ministero è sempre stato leale verso tutti gli attori”, afferma Claudio Veronesi, suinicoltore mantovano e commissario in Cun per la parte allevatoriale. “Le informazioni circolano, i numeri oggi ci sono, le schede sui reali volumi degli scambi sono regolarmente compilate – prosegue Veronesi – non credo che si debba modificare poi molto, visto che con la buona volontà lo strumento funziona già così. L’importante è attenersi alla realtà e non attingere a sensazionalismi”.
Per il futuro bisogna rimanere alla finestra, con la fiducia degli andamenti storici, che in autunno hanno normalmente dato soddisfazioni al comparto produttivo, ma consapevoli che talvolta elementi esterni possono influire sulle tradizionali dinamiche di mercato.
“Sicuramente questo momento storico ancora di pandemia ostacola l’aiuto che potevamo avere a sostegno del prezzo da parte del settore Horeca – puntualizza Serena Antonioli - e tutte le sagre che in questo periodo si svolgevano, ma che sono state sospese”.
L'incognita Cina
Poi c’è l’incognita Cina. Come evolveranno le esportazioni europee, guidate dalla Spagna, verso l’ex Celeste Impero? Saranno ancora sostenute come nel 2020 (+100% rispetto al 2019) oppure il trend ribassista registrato dall’import cinese nei mesi di maggio (-7,2% su base tendenziale), giugno (-16,3%) e luglio (-16,5%), che ha allineato il bilancio degli acquisti di Pechino nel periodo gennaio-luglio 2021 a una sostanziale stabilità con lo stesso periodo del 2020 (+1,09%) è il primo segnale di un rafforzamento della suinicoltura a livello interno? Con quali conseguenze sugli acquisti europei? E con quale riflesso sui prezzi, se l’export Ue di carni suine registrerà un periodo prolungato di calo?
“Oggi il prezzo di vendita non è più condiviso – afferma Thomas Ronconi, al vertice di Anas – ma imposto dalla Cina. Come reagirà il mercato dei suini e delle materie prime, anche alla luce dei ritiri di mais e soia da parte dei player cinesi?”. Bella domanda.