Commissione unica nazionale, ritorno alla normalità o nuove tensioni all’orizzonte?

Crefis-maiali
Dopo l’intesa ritrovata tra industriali e allevatori nelle scorse settimane, ora ci si chiede cosa accadrà. L’assessore Fabio Rolfi parla di un primo passo importante ma non esaustivo. «Ora più che mai – afferma - serve un approccio ad ampio spettro»

Sul muro contro muro della Commissione unica nazionale (Cun), che ha paralizzato le prime settimane di luglio, sembra essere calato il sipario. Esprimersi se sia davvero un ritorno al funzionamento corretto della Cun o se le tensioni si verificheranno nuovamente nelle prossime settimane o nei prossimi mesi è un esercizio davvero complicato.
Il mondo politico tira un sospiro di sollievo, ma non lascia la presa.
La filiera suinicola vale una ventina di miliardi di euro al consumo ed esprime alcune delle Dop più note e più rappresentative fra le indicazioni geografiche. Lasciar correre e derubricare questa fase di “new normal” come corretto funzionamento del comparto non convince evidentemente alcuni dei decisori politici, attenti in particolare alle sorti della filiera.

Commissione Unica nazionale
Fabio Rolfi

È l’atteggiamento dell’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Fabio Rolfi, che parla di “un primo passo importante, ma non esaustivo”. Fondamentale un approccio ad ampio spettro, che vada ben oltre gli episodi di qualche singola quotazione, seppure naturalmente il gesto di non presentarsi a discutere in Cun non sia stato giudicato come atteggiamento costruttivo di fronte a una fase di mercato che non può ancora dirsi fluida e che coinvolge nelle tensioni in proiezione tutta l’Europa.
«Il settore – prosegue Rolfi - ha bisogno di stabilità, di una visione di filiera e di una progettualità per tutelare il reddito degli allevatori e di tutti i componenti della filiera».
«L’accordo di filiera promosso da Lombardia ed Emilia-Romagna – rassicura - entrerà nel pieno dell’operatività a settembre con un tavolo di lavoro che avrà l’obiettivo di costruire una progettualità di lunga scadenza della filiera in ottica interprofessionale, visto che manca purtroppo una aggregazione stabile per questo comparto», aggiunge Rolfi.
«La Lombardia – conclude l’assessore regionale Rolfi - ha chiesto una nuova seduta tecnica del tavolo nazionale, previa ricomposizione stabile, affinché si possa lavorare su un indice di riferimento nazionale per il prezzo che aiuti le parti a fissare prezzi equi tenendo in considerazione le variabili che incidono, come i costi delle materie prime e i prezzi esteri».

I motivi principali delle tensioni

All’analisi di Rolfi non sfuggono i due motivi principali delle tensioni. Il primo è legato alle quotazioni dei suini, che dall’inizio di luglio a oggi hanno fatto in tempo a vivere un’oscillazione sinusoidale dapprima ribassista, poi rialzista, poi di nuovo discendente, a conferma di un mercato altamente volatile e influenzato da diverse variabili come consumi, turismo, pressioni dall’estero, ritiri di carni suine da parte della Cina. Su questi argomenti ci torneremo fra poco.
L’altro elemento di tensione, che stringe in una morsa in particolare gli allevatori, riguarda i costi di gestione. Senza lanciare l’allarme di un rincaro delle bollette energetiche prevista per l’autunno e stimata in media in un +30/+40%, altri elementi che andranno a incidere sui costi di produzione alla stalla, i calcoli della razione alimentare elaborati da Teseo by Clal dicono che nel mese di settembre il costo simulato del mangime per chilogrammo di carne è salito a 1,05 euro, quasi ai livelli raggiunti lo scorso luglio (1,06 €/kg).
I livelli delle materie prime di riferimento, seppure leggermente diminuiti rispetto alle settimane prevedenti, rimangono su valori elevati, con la logica conseguenza di mettere alle corde i produttori di suini.
Una delle proposte che le rappresentanze dei produttori potrebbero sostenere al tavolo negoziale convocato dal ministero delle Politiche agricole potrebbe finalmente riguardare la simulazione dei costi alla stalla, che potrebbero per convenzione diventare una sorta di soglia minima al di sotto della quale non far scendere le quotazioni in Cun. Ma sarà sufficiente?

Al netto dell’individuazione di un player imparziale che definisce un modello di calcolo condiviso e che si avvicina il più possibile al sistema di allevamento italiano, con la produzione di un suino che supera abbondantemente i 160 chilogrammi – e su questo la griglia di calcolo elaborata da Teseo potrebbe essere utile – resta da capire se è corretto mettere dei paletti fissi, quando il mercato di per sé risponde alla logica prevalentemente di domanda e offerta, oltre ai corollari legati a qualità, etichettatura, prospettive di export, trend alimentari e consumi.
Bisogna riconoscere che, sebbene il suino pesante made in Italy, destinato alla produzione dei grandi salumi Dop del territorio - dal Prosciutto di Parma al Prosciutto di San Daniele, ma l’elenco è lungo – abbia peculiarità completamente differenti rispetto ai maiali allevati nel resto dell’Europa, le dinamiche internazionali influiscono eccome sul quadro economico interno.

L’import cinese e la sorte dei mercati Ue

 

Commissione unica nazionale
Elio Martinelli.

Il presidente di Assosuini, Elio Martinelli, tocca alcuni elementi della globalizzazione. «Le importazioni cinesi di carne suina dall’Europa sono in contrazione – spiega -. E la Germania, che è uno dei mercati di riferimento a livello comunitario, registra quotazioni in calo. L’Italia assorbe fisiologicamente il surplus delle produzioni europee e le quotazioni non sono avulse dai trend esteri, compresi gli choc di mercato. È forse la prima volta che vediamo i nostri macelli entrare in sofferenza in agosto, al punto da dover ridurre le macellazioni per cercare di riequilibrare i prezzi».
Eppure, nemmeno la contrazione delle macellazioni in Germania nel periodo giugno-agosto 2021 ha fatto ripartire i prezzi, che sono passati da una media di 1,52 euro al chilogrammo agli inizi di luglio a 1,33 euro alla fine di agosto.
Una spirale che ha influito sui prezzi italiani. E poco importa se l’export di carni suine made in Italy è cresciuto nel mese di giugno (ultimo dato disponibile) del 12,83% su base tendenziale e se le performance di vendite all’estero fra gennaio e giugno di quest’anno sono migliori rispetto allo stesso periodo del 2020 (gravato però dal Covid) del 17,81 per cento.
La Cina, che sembrava il traino incontrastato per il mercato europeo e, di conseguenza, anche italiano, in questa fase è meno brillante rispetto al passato.

Commissione unica nazionale
Thomas Ronconi, nuovo presidente Anas.

«Oggi il prezzo di vendita non è più condiviso – afferma Thomas Ronconi, presidente di Anas – ma imposto dalla Cina. Come reagirà il mercato dei suini e delle materie prime, anche alla luce dei ritiri di mais e soia da parte dei player cinesi?».
Già, la questione della razione alimentare è fortemente connessa ed è una delle voci che preoccupa il mondo allevatoriale.


La Germania punta al sovranismo della braciola?

Se sarà sovranismo della braciola e sortirà un effetto sperato per un mercato in sofferenza come quello tedesco – che approfondiamo perché influisce sulle dinamiche italiane – lo scopriremo solo vivendo. Certo è che la catena di supermercati Rewe punta a rendere, entro l’estate del 2022, circa il 95% del proprio assortimento di carne suina interamente “made in Germany”.
Il gruppo intende inoltre aumentare i prezzi minimi garantiti ai produttori, così da sostenere la filiera tedesca, fortemente debilitata per i casi di Peste suina africana, che hanno portato lo scorso ottobre al blocco delle esportazioni verso la Cina. Per gli allevatori si tratta di una risposta importante, anche se potrebbe non essere risolutiva. Ridurre le produzioni e incrementare la qualità e la sostenibilità potrebbero essere altre due soluzioni vincenti agli occhi dei consumatori.

Commissione unica nazionale, ritorno alla normalità o nuove tensioni all’orizzonte? - Ultima modifica: 2021-09-20T12:51:38+02:00 da Mary Mattiaccio

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