La suinicoltura in Valpadana, pure al centro di una campagna mediatica esasperata e maligna, è da anni uno degli assi portanti della zootecnia italiana. È costretta a dibattersi tra molte e sempre nuove difficoltà e fatica a trovare una certa stabilità economica e organizzativa. I problemi che la affliggono sono stati dibattuti in un convegno molto partecipato tenutosi nell’ambito delle Rassegne zootecniche internazionali di Cremona: “L’allevamento del suino tra economia, sostenibilità e benessere animale”. Come ha ricordato Davide Berta, allevatore lombardo qui anche in veste di moderatore, in apertura di convegno: «Nonostante la crisi che stiamo attraversando, l’impegno degli imprenditori a investire in benessere animale c’è, purché ci sia anche quello pubblico e che non venga meno la redditività aziendale».
Su tutti, due gli aspetti principali oggetto delle relazioni: quelli di mercato ed economici e quelli sanitari e gestionali. Con importanti conclusioni finali di livello politico svolte dal dirigente del ministero della Salute, Pierdavide Lucchini e dai due assessori all’agricoltura di Lombardia ed Emilia- Romagna, Rolfi e Mammi, che hanno dimostrato di essere molto bene a conoscenza delle problematiche di settore a cui peraltro stanno lavorando da tempo congiuntamente.
Mercati nazionali e internazionali
L’intervento introduttivo è stato tenuto da Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica di Piacenza e Cremona, nonché profondo conoscitore dei mercati nazionali e internazionali in quanto direttore del Crefis, centro studi sulla filiera suinicola. E sui mercati e la redditività ha incentrato il suo intervento.
In Europa, Olanda e Germania, due dei principali mercati internazionali, i suini, nel corso degli ultimi mesi hanno avuto un crollo dei prezzi rispettivamente fino a 0,90- 1,29 euro kg per soggetti leggeri, produzione tipica di quei paesi. Crollo che ha finito per influenzare anche i prezzi del nostro suino pesante, anche se non così negativamente o come nei due paesi citati.
Sul fronte intercontinentale è sempre più palese il ruolo della Cina come player principale del comparto suinicolo. La Cina sta condizionando pesantemente i mercati internazionali, dal momento che da sola produce il 50% dei suini mondiali. Nel 2019 e 2020 si è rivolta al mercato europeo a causa del crollo della produzione interna dovuta a problemi sanitari. Per contro, nella seconda metà del 2020 ha ripreso la produzione interna andando quindi a diminuire il suo import. Sui rapporti commerciali con la Cina, Rudy Milani, allevatore veneto e presidente della sezione suinicola di Confagricoltura Lombardia ha detto: «È scandaloso che l’Italia sia l’unico paese d’Europa che non possa vendere carne con l’osso in quel paese. Si tratta di una grande opportunità che non cogliamo».
Per l’Italia, la nostra produzione domestica è molto diversa e l’effetto negativo dei mercati internazionali è stato meno impattante su tutta la filiera. Le cosce fresche da 12 kg dopo un sensibile calo hanno cominciato a riprendersi da maggio e giugno di quest’anno, insieme ad una ripresa dei prezzi del prosciutto di Parma, anch’esso colpito da un lungo e tribolato periodo. Per contro i prezzi del lombo sono stati molto altalenanti.
L’impennata dei prezzi delle materie prime
Poi, a incidere sulla redditività della filiera, c’è il fronte tutt’ora aperto delle materie prime e del loro costo in forte aumento, in parte dovuto alla ripresa generale dell’economia e a quella cinese in particolare. Dalla primavera scorsa i prezzi sono ripartiti: soprattutto per soia e mais. L’impennata è cominciata a metà del 2020 e ha raggiunto il picco quest’anno; nel resto del mondo si è poi avuta una flessione, ma non in Italia. Particolare non irrilevante che incide sull’aumento l’incremento del costo delle materie prime è conseguenza del pesantissimo aumento nel costo del noleggio delle navi e dei prodotti petroliferi.
Macellazioni e consumi
Al termine delle restrizioni imposte dalla pandemia e dalla crisi generalizzata, per quanto riguarda le macellazioni, si è assistito a una loro ripartenza, che si sono collocate leggermente al di sotto di quelle del 2019. La loro ripresa ha riguardato sia l’Italia che l’Europa. Solo la Germania ha avuto qualche problema legato alle vicende pandemiche. I consumi nel complesso hanno tenuto sia per le carni che per i preaffettati.
La bilancia commerciale del nostro paese nel settore, pur ancora in saldo negativo, ha manifestato una netta ripresa, soprattutto a causa della diminuzione delle importazioni, in aumento come quantità, ma in diminuzione in valore, meno 7,3%. Di fatto, nel comparto siamo oltre che ottimi produttori di materia prima, anche grandi trasformatori: importiamo carni ed esportiamo salumi.
Nel complesso il comparto ha tenuto, le note più stonate vengono dal settore dell’allevamento. La cui redditività in Italia si è collocata su livelli stabili ma piuttosto bassi. La causa? La forte volatilità, per far fronte alla quale è indispensabile ridurre gli elementi di rischio per migliorare le performance economiche delle imprese agricole.
Biosicurezza e benessere animale
Il secondo aspetto centrale del convegno è stato legato agli aspetti sanitari, alla prevenzione, alla biosicurezza e all’adozione di tecniche di allevamento volte a migliorare il benessere animale e la riduzione dell’uso degli antibiotici in allevamento, in un’ottica di sostenibilità dell’allevamento suinicolo. Temi trattati da Loris Alborali dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia ed Emilia- Romagna: «In un momento in cui parlare di sostenibilità non è semplice causa della scarsa redditività e del forte aumento dei costi di produzione, ma anche della tendenza a una diminuzione del consumo di carne e della diffidenza da parte del consumatore». Anche per questo è indispensabile fare conoscere i notevoli sacrifici e investimenti fatti dal comparto in tema di benessere animale, riduzione del consumo di antibiotici, gestione dei liquami e smaltimento delle carcasse. Per non parlare delle strutture aziendali e della gestione aziendale che negli ultimi anni ha visto dei miglioramenti enormi.
«Tutto ciò - ha aggiunto Alborali - deve essere comunicato al consumatore in modo semplice e trasparente. Oggi abbiamo i mezzi per farlo grazie al sistema Classyfarm. Software che raccoglie dati ed è in grado di fornire un quadro preciso della situazione azienda per azienda e rappresenta una guida per i singoli allevatori per migliorare le loro strutture e tecniche gestionali. Grandi benefici si sono già registrati in ordine a una netta diminuzione nell’utilizzo di antibiotici negli allevamenti».
Si parla di un calo del loro uso dell’ordine del 6-8% in meno, le elaborazioni sono in corso e presto saranno diramati dati precisi e ufficiali che potranno essere usati nelle sedi ufficiali e nella comunicazione a sostegno della efficienza e sostenibilità dell’allevamento suino.
Come ha detto Pierdavide Lecchini, direttore generale dei Servizi veterinari del ministero della Salute che ha ricordato come la sostenibilità dell’allevamento sia parte integrante del Piano nazionale sul benessere animale approvato nello scorso febbraio.
Le preoccupazioni degli allevatori
In conclusione, Rudy Milani, non ha nascosto le preoccupazioni degli allevatori per il clima generale in cui sono costretti ad operare e per gli sviluppi futuri che si stanno delineando nella elaborazione dei piani dei Psr e Pnrr. In particolare, con riferimento all’allevamento dei suini a coda integra e alla ipotesi di eliminazione delle gabbie entro il 2027. Ma anche all’ipotesi che i fondi vengano destinati tutti alle filiere con l’esclusione dei finanziamenti degli allevatori “liberi”. E per finire un accenno preoccupato al cosiddetto decreto genetica che al momento prevede soltanto l’allungamento dei termini per la sostituzione del patrimonio genetico in 12 mesi per i verri e 36 per le scrofe.
L’impegno politico
Fabio Rolfi, assessore lombardo all’agricoltura ha ricordato il ruolo e le fatiche degli allevatori: «Che i compiti a casa li hanno già fatti e che senza redditività non vi può essere nessun tipo di sostenibilità e di benessere animale. E la Regione si colloca al fianco degli allevatori. Stiamo lavorando perché nella prossima Pac venga riconosciuto un ecoschema zootecnico in grado di aggiudicarsi almeno il 55% del valore complessivo degli ecoschemi. Allo stesso tempo dovremo investire su di un piano strategico nazionale per la zootecnia».
Argomenti ripresi dall’assessore all’agricoltura emiliano-romagnolo, Alessio Mammi: «La zootecnia e il comparto suinicolo sono irrinunciabili, così come i prodotti derivati, per l’economia delle nostre regioni. Però bisogna condividere con l’opinione pubblica i loro valori e i progressi che le aziende hanno fatto in risposta alle numerose fake news che gravano sul comparto».