La produzione di carne suina per il mercato e il turismo locali delle Marche è stata promossa in questi ultimi anni dalla Cooperativa Bovinmarche attraverso il progetto “Filiera suino antibiotic free” (Saf), iniziato nel 2019, a cui partecipano il Centro Ricerche Produzioni Animali (Crpa) di Reggio Emilia, l’Università politecnica delle Marche (Univpm) e Impresa Verde. Bovinmarche è una Società Cooperativa Consortile Agricola, oltre che una Op costituita nel 1987, composta principalmente da allevatori di bovini da carne; la cooperativa con 390 soci, di cui 350 ubicati nelle Marche, è il principale punto di riferimento della zootecnia bovina da carne della Regione.
Bovinmarche dispone anche di un suo circuito di distribuzione delle carni, costituito da:
- macellerie del circuito di Bovinmarche, le quali operano a livello locale sul territorio marchigiano (circa 60 aziende);
- altri punti vendita presenti sul territorio marchigiano che ritirano i prodotti della cooperativa (altre 71 macellerie, 59 agriturismi/ristoranti, 24 punti vendita della Do e della Gdo, 2 centri di distribuzione).
Obiettivi
Il principale obiettivo di questo progetto è la riduzione dell’uso di antibiotico in allevamento attraverso la valutazione tecnica delle pratiche di riduzione dell’uso di antibiotici in tre allevamenti pilota, raccogliendo, al contempo, i dati di quantità e categoria di antibiotici utilizzati oltre che alle condizioni di biosicurezza e di benessere animale.
Nonostante la crescente richiesta sul mercato, ad oggi sono poche in Italia le esperienze significative in grado di soddisfare le richieste di un uso limitato di antibiotici nella gestione dell’allevamento suino.
I principali benefici attesi sono di ordine sanitario/ambientale, commerciale e qualitativo.
Dal punto di vista sanitario la riduzione dell’uso di antibiotici in allevamento si traduce in una minore dispersione di residui di antibiotici nell’ambiente con minore rischio di selezionare batteri antibiotico resistenti.
Benefici attesi sono anche di ordine economico per l’azienda. Infatti, i costi sanitari legati all’uso di antibiotici sono stati stimati, per la sola fase di ingrasso, di 4 euro/capo (Interpig 2014).
L’abbattimento dell’uso di antimicrobici deve però essere accompagnato da un miglioramento delle condizioni di benessere e salute animali e di management aziendale.
Le aziende pilota
Per questo progetto Bovinmarche ha coinvolto tre aziende pilota, in cui Crpa ha:
- verificato il consumo di antibiotici;
- analizzato il livello di biosicurezza strutturale e gestionale e delle condizioni di benessere dei suini;
- steso e inviato un rapporto aziendale;
- verificato il consumo di antibiotici a distanza di un anno.
Crpa ha condotto nel 2019 un sopralluogo in ciascuna delle tre aziende per valutare il consumo di antibiotici, utilizzando come unità di misura il numero medio di dosi giornaliere somministrate per capo (i.e. DDDAit) nell’anno solare 2018, e i livelli di biosicurezza e di benessere animale, utilizzando i protocolli, rispettivamente, BiocheckUGent e Iba Indice di Benessere dell’Allevamento. Un rapporto aziendale è stato consegnato a ciascuna azienda con indicate le specifiche criticità e un elenco di relative raccomandazioni per ridurre il consumo di antibiotici e migliorare le condizioni di biosicurezza e di benessere animale.
Il calcolo delle dosi giornaliere somministrate è stato effettuato con riferimento alle categorie di peso vivo standard di 220 kg per suini riproduttori, di 4 kg per lattonzoli sotto scrofa, di 12 kg per suini in fase di post svezzamento e di 100 kg per suini nella fase d’ingrasso; i quantitativi di farmaco utilizzati sono stati desunti dalla consultazione dei dati ufficiali di allevamento riportati nel registro dei trattamenti e nelle ricette veterinarie dell’allevamento, con il supporto del veterinario aziendale.
I dati di consumo complessivo di antibiotici nelle tre aziende pilota (Saf) sono stati analizzati insieme a due campioni di altri allevamenti emiliano romagnoli; nel grafico 4 sono rappresentati i loro valori con quelli di altri 7 allevamenti intensivi (Abf) e confrontati la loro media (Benchmark Saf/Abf) e con la media di altri 31 allevamenti intensivi emiliano-romagnoli (Benchmark Rer 2018), coinvolti in un altro progetto regionale dell’Emilia-Romagna (Goi SuiniAntibioticFree, Misura 16 PSR della Regione Emilia-Romagna 2014/2020) (Bassi et al. 2019).
Uso di antibiotico
Il grafico 1 evidenzia un utilizzo molto limitato di antibiotici nell’allevamento Saf1 che alleva suini riproduttori; tale valore è nettamente inferiore alla media degli allevamenti emiliano romagnoli con cui viene confrontato. Anche nei lattonzoli e nei suini in fase di post-svezzamento l’utilizzo di antibiotici è stato quasi nullo nel corso del 2018. Diversamente, nella fase d’ingrasso, l’allevamento SAF2 ha evidenziato un elevato consumo di antibiotici, dovuto ad un errore gestionale dell’azienda nell’utilizzo di mangime medicato.
La seconda visita aziendale ha evidenziato, in pratica, un azzeramento dell’uso di antibiotici in tutti e tre gli allevamenti pilota marchigiani. Tra le ragioni di un impiego così basso di antimicrobici sono da menzionare la piccola dimensione degli allevamenti, di soli 70-75 suini grassi per azienda e di 9 scrofe nell’allevamento Saf1, che può rendere più agevole ed efficace il controllo e la cura dei singoli animali, salvo che nell’allevamento Saf2, in cui un errore gestionale ha portato alla distribuzione di mangime medicato in quantità eccessive rispetto alle prescrizioni veterinarie.
L’analisi dei dati aziendali ha permesso l’identificazione e la quantificazione di tale errore nel rapporto aziendale in cui sono riportate anche raccomandazioni utili per gli allevatori e i loro veterinari aziendali per un uso più prudente degli antibiotici e per il miglioramento delle condizioni aziendali di biosicurezza e di benessere animale.
Per un uso prudente degli antibiotici, sono state raccomandate le seguenti pratiche:
- Somministrazione degli antibiotici esclusivamente per via parenterale senza alcun utilizzo di mangime medicato;
- riduzione del consumo di antibiotico attraverso un uso responsabile, sulla base di diagnosi specifiche con eventuale antibiogramma e/o altri accertamenti diagnostici;
- evitare la somministrazione di antibiotici in quantitativi e per periodi superiori a quelli prescritti dal veterinario e/o indicati nel foglietto illustrativo del farmaco;
- nessun uso di antibiotici ad alto grado di criticità (Hpcia).
In Tabella 1 sono riportati i punteggi di biosicurezza esterna e interna, parziali e totali, delle 3 aziende Saf, in base al sistema di valutazione Biocheck.Ugent (https://biocheckgent.com/en)
Criticità e raccomandazioni
L’analisi dei risultati evidenzia un punteggio totale di biosicurezza delle tre aziende pilota, inferiore alle medie nazionale mondiali di tutti gli allevamenti suinicoli valutati con il sistema Biocheck.Ugent. Diverse criticità di “biosicurezza esterna” sono state riscontrate in tutte e tre le aziende, sia nel “Trasporto dei suini e nella rimozione delle deiezioni e dei morti”, sia nel “Controllo dei parassiti e dei volatili”, potenziali vettori di patologie. Inoltre, nelle aziende Saf1 e Saf2 si è riscontrata una scarsa attenzione alle precauzioni di biosicurezza nell’ingresso dei visitatori esterni all’azienda, oltre che del personale aziendale. Per risolvere tali criticità sono stati raccomandati i seguenti interventi migliorativi:
a) Predisporre recinzione perimetrale esterna per evitare l’accesso ad animali selvatici, nella fattispecie ai cinghiali.
b) Garantire che i mezzi per il ritiro dei morti non accedano al centro aziendale e che i morti vengano esposti per il ritiro all’interno di una cella refrigerata o di un contenitore chiuso, entrambi in materiali lavabili e disinfettabili dopo ogni utilizzo.
c) Realizzare una zona filtro per automezzi, dotata di piazzola impermeabilizzata in cemento e di sistema di drenaggio e raccolta delle acque di lavaggio, nel caso si preveda l’entrata nel centro aziendale di mezzi di terzi a rischio (es. per la consegna di mangimi, il carico/scarico di suini o il carico di morti).
d) Dotare l’azienda di un registro per i visitatori in cui questi devono indicare le proprie generalità, i contatti telefonici e e-mail, e la sottoscrizione sotto la propria responsabilità di non aver avuto contatto con suini di altri allevamenti nelle 12 ore precedenti la visita.
e) Lavaggio e disinfezione, dopo ogni utilizzo, del carrello utilizzato per la consegna dei suini grassi al veicolo per il trasporto al macello.
f) Utilizzare guanti monouso (e disinfettarsi le mani dopo) nel trasferimento dei morti dai locali di allevamento alla cella refrigerata o il contenitore per lo stoccaggio temporaneo in attesa del ritiro.
g) Realizzare una zona filtro nel punto d’ingresso dell’allevamento, con netta separazione tra zona sporca e zona pulita, costituito da spogliatoi a doppia entrata con armadietti separati sui due lati opposti o in alternativa da “panca danese”. In entrambi i casi, la zona filtro deve essere dotata di dispositivi per il lavaggio e la disinfezione delle mani.
h) Prevedere un’area/locale di lavaggio/disinfezione/quarantena, possibilmente in prossimità della zona filtro, per materiali in entrata nell’allevamento.
i) Impedire l’accesso di animali domestici ai ricoveri suinicoli, compresi il deposito mangime e materiali da lettiera.
j) Installare reti anti-passero su finestrature e prese d’aria per la ventilazione naturale.
Sul fronte della biosicurezza interna, le aziende Saf1 e Saf3 presentavano alcune criticità nella “Gestione sanitaria”, nelle “Misure tra compartimenti e nell’uso delle attrezzature” e nella “Pulizia e disinfezione”, per la cui risoluzione sono stati raccomandati i seguenti interventi:
a) Utilizzare box infermeria per la stabulazione di suini malati o con ritardi di accrescimento.
b) Lavaggio delle scrofe in entrata in sala parto.
c) Adozione della tecnica di “tutto pieno tutto vuoto”.
d) Mantenere separati i gruppi di suini di età diversa nello stesso ricovero.
e) Organizzare il lavoro in allevamento affinché il flusso giornaliero di attività inizi dagli animali più giovani e finisca con quelli più vecchi e quelli malati.
f) Adozione di una Procedura Operativa Standard per il lavaggio e la disinfezione delle attrezzature (scope, palette, pannelli, ecc.) dei ricoveri (es. tutto pieno, tutto vuoto).
g) Monitorare periodicamente l’efficacia delle operazioni di disinfezione dei ricoveri (tutto vuoto) e dei mezzi di trasporto aziendali ed extraaziendali mediante igienogramma.
La valutazione del benessere animale
La valutazione del benessere dei suini è stata condotta utilizzando l’Indice di Benessere dell’Allevamento (Iba), sviluppato da Crpa, che prevede il rilievo di misure relative alle strutture e alla gestione dell’allevamento (Resource Based Measures) e misure basate sull’osservazione di diretta di campioni rappresentativi di suini per le diverse fasi di allevamento (Animal Based Measures). Il metodo Iba è basato su parametri tecnici consolidati, messi a punto da ricerca, sperimentazioni ed esperienze di allevatori e tecnici, tenendo conto della legislazione vigente. Il metodo consente la classificazione dell’azienda all’interno di uno dei sei livelli (pessimo, scarso, sufficiente, discreto, buono e ottimo) sulla base dei punteggi attribuiti alle diverse misure. Il metodo Iba ha evidenziato un livello di benessere dei suini allevati nelle tre aziende più che accettabile. Il livello “buono” è stato attribuito alle aziende Saf2 e Saf3, mentre l’azienda Saf1 è stata classificata nel livello “discreto”; in quest’ultima, infatti, sono stati riscontrati alcuni suini con lesioni alla coda (Tabella 2).
Tuttavia, sono stati raccomandati i seguenti interventi per migliorare ulteriormente le condizioni di benessere dei suini sulla base delle criticità riscontrate:
a) Porre attenzione, nell’azienda Saf1, alla mortalità dei suinetti sotto scrofa, al parto e nei tre giorni successivi, adottando soluzioni anti-schiacciamento (es. barre alle pareti sopraelevate dal pavimento di 20 cm e distanti 10-20 cm dalle pareti) e zona nido riscaldata e protetta dalle correnti d’aria.
b) Rifornire di materiali manipolabili di arricchimento (paglia, tronchetti appesi in legno dolce, corde appese di fibra naturale) nei box parto e allattamento per scrofe e lattonzoli e in quelli da svezzamento su grigliato.
c) Installare un abbeveratoio a imbocco supplementare nei box collettivi in cui se ne trova soltanto uno.
d) Installare nell’azienda Saf1 un truogolo per la somministrazione del mangime a scrofe e scrofette.
e) Installare truogoli o mangiatoie di lunghezza pari a un fronte truogolo di almeno 42 cm/capo nei reparti da ingrasso, per evitare la competizione alimentare tra suini alimentati in modo razionato.
La seconda visita
Le tre aziende sono state rivisitate una seconda volta per verificare l’uso degli antibiotici e il livello di attuazione degli interventi raccomandati per migliorare il livello di biosicurezza e di benessere animale dopo oltre un anno dalla prima visita. A fronte di un sostanziale azzeramento dell’uso di antibiotici, si è riscontrato che gli interventi di maggiore attuazione sono stati quelli di carattere gestionale, come per esempio: vietare l’accesso al centro aziendale da parte dei veicoli esterni per il ritiro dei morti, l’utilizzo di guanti monouso per la movimentazione delle carcasse di suini morti, l’uso di box infermeria e di zone di quarantena e la registrazione dei visitatori. Altri interventi più impegnativi e dispendiosi e che non hanno trovato attuazione durante questo progetto, riguardavano: la realizzazione di una zona “filtro” strutturata per automezzi in entrata nel centro aziendale, la costruzione di una zona “filtro” per personale e visitatori in entrata in allevamento e la recinzione perimetrale per evitare l’ingresso di selvatici e il loro contatto con i suini. Quest’ultimo intervento è stato sollecitato e richiesto lo scorso anno dalle autorità competenti in seguito alla emergenza PSA.
Conclusioni
In conclusione, l’attività di monitoraggio delle 3 aziende pilota ha dimostrato che è fattibile allevare i suini in piccole aziende con dotazioni strutturali anche limitate, utilizzando in modo prudente quantità minime e mirate di antibiotici sui soli suini affetti da patologie effettivamente diagnosticate.
L’esperienza condotta ha dimostrato anche che un supporto tecnico, come quello fornito da Crpa, può essere utile per individuare errori o carenze gestionali e/o strutturali, la cui analisi può stimolare gli allevatori ad esserne più consapevoli e ad eliminarli o ridurli, nell’interesse comune di tutta la società, secondo il concetto di “salute unica” non solo zootecnica ma anche umana.