Esperienza e tradizione per raggiungere genuinità, qualità e tipicità: questa è la formula vincente dell’allevamento Del Camino, che ha puntato orgogliosamente su una razza, l’antico suino Nero lucano, in possesso di caratteristiche compatibili con una gestione a conduzione familiare, in grado di restituire risultati all’altezza di tali valori.
Lucania, la tipicità riscoperta
La società agricola Del Camino si estende su una superficie di circa 360 ettari, di cui 6 destinati all’allevamento allo stato semibrado del suino Nero lucano, in provincia di Potenza, non lontano dai confini del parco regionale Gallipoli Cognato e da località recentemente valorizzate a livello turistico per le bellezze naturali, la storia e le tradizioni, quali i comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa.
L’allevamento opera dunque in un’area vasta ove la tipicità viene coltivata attraverso un’attenta riscoperta delle tradizioni e origini; in particolare, nel campo zootecnico, assistiamo al recupero, quali razze autoctone, non solo del suino Nero lucano, ma anche della capra grigia di Potenza e della razza bovina Podolica.
Antiche radici
La società Del Camino nasce nel 2016. Canio Abbate, attuale conduttore tecnico, ha seguito le orme del padre e del nonno che, a fine ‘900, si dedicava esclusivamente all’allevamento del tipo localmente appellato “Cavallina Lucana”, conducendo una trentina di scrofe al pascolo brado, che poi vendeva nelle tradizionali fiere locali dei paesi limitrofi.
La svolta
Alla fine del primo decennio del 2000 la produzione degli Abbate entra in crisi, racconta Canio «Erano rimaste solo due scrofe nere. Il suino pesante tradizionale, verso il quale si era nel frattempo orientato l’allevamento, iniziava a prospettarsi non più remunerativo rispetto alle caratteristiche aziendali in quanto richiedeva investimenti strutturali (gabbie parto, pavimentazione fessurata), alimentari, e agronomici (gestione dei liquami) che ci portavano a subire la concorrenza degli altri sistemi intensivi».
Nel 2010, anziché lasciare il suino Nero, Canio, con una scelta controcorrente, recupera da una comunità montana (Università della Basilicata e Associazione allevatori Basilicata che ne avevano concluso il progetto di recupero) altri quattro riproduttori, tre scrofe ed un verro. «È stata la salvezza dell’azienda - sostiene a ragione Canio - perché la loro rusticità ne ha permesso la gestione familiare all’aperto, consentendone la sostenibilità attraverso i pochi investimenti strutturali che la proprietà era in grado di affrontare. Si è quindi raggiunto un compromesso ideale dei fattori della produzione per mantenere e far crescere lentamente ma progressivamente l’azienda».
A family business
Oggi la società ha mantenuto la sua caratteristica gestione familiare. La vera anima dall’azienda è Canio Abbate, 35 anni, zootecnico appassionato, laureato in tecnologie delle produzioni animali presso l’Università della Basilicata, assistito dai familiari e coadiuvato da altri collaboratori.
L’attuale azienda agricola (ove insiste anche un piccolo caseificio stagionale che opera con le modalità tradizionali assicurate dalla mungitura a mano e dalla strumentazione in legno, avendo ottenuto di derogare dalla normativa europea) è collegata ad un punto vendita gestito dalla famiglia sotto forma di macelleria con annesso laboratorio per la trasformazione delle carni, operante secondo le ricette tradizionali, senza conservanti, ma con tecnologie avanzate.
Allevare in purezza
L’allevamento si compone di 18 scrofe e 2 verri di Nero lucano, tutti iscritti al libro genealogico. Dall’ultimo semestre, tutti i suini macellati sono frutto esclusivamente di accoppiamenti in purezza. Canio motiva così la sua scelta: «Con l’acquisto di un verro dall’esterno, avente genealogia “lontana” da quella delle nostre scrofe, abbiamo riscontrato un aumento in termini di rusticità ed efficienza produttiva tale da convincerci a riformare il verro Duroc aziendale che usavamo in incrocio per la produzione di suini destinati all’ingrasso, puntando al 100% su questa razza».
Strutture vecchie ma funzionali
Le scrofe partoriscono libere, in 4 box individuali in muratura di 8 mq ciascuno, con pavimentazione piena e lettiera in paglia. «L’ottima attitudine materna della razza non giustifica l’uso di accorgimenti contro lo schiacciamento dei suinetti e nella maggior parte dei casi tutta la covata viene portata a svezzamento, limitando l’assistenza dell’uomo alle sole operazioni di alimentazione e pulizia del box».
Per ridurre al minimo lo stress, lo svezzamento dei suinetti avviene mantenendo le covate negli stessi locali di nascita e, tramite l’apertura di una paratoia, i suinetti hanno la possibilità di accedere al pascolo esterno. L’ingrasso dei suini avviene a partire dai 40 kg, in due settori anch’essi all’aperto della grandezza di un ettaro ciascuno, e termina una volta raggiunto il peso di 110 kg. «Qui il benessere dei suini è garantito dall’ampia superficie a disposizione – su ogni recinto non stabulano mai più di 35 capi – e dalla diversità dell’ambiente con cui i suini interagiscono. Il pascolo arborato è caratterizzato dalla presenza della tipica macchia mediterranea e da sorgenti d’acqua naturali che permettono ai suini di abbeverarsi e raffrescarsi».
La gestione del pascolo
Una volta l’anno, i due recinti su cui avviene l’ingrasso vengono lasciati a riposo per due mesi. Non abbastanza, secondo Canio: «L’ideale sarebbe mantenere i terreni liberi dagli animali per sei mesi all’anno, specialmente durante il periodo primaverile. Questo promuoverebbe la riproduzione delle querce e delle altre specie arboree attraverso l’emissione di polloni che non verrebbero intaccati dai suini. L’anno scorso ho ottenuto ottimi risultati in termini di inverdimento dei pascoli semplicemente seminando a mano del loietto. Attualmente – conclude Canio - stiamo attrezzando a recinto ulteriore superficie, il che ci permetterà di implementare la rotazione dei terreni».
Alimentazione per fasi
La composizione del mangime è studiata ad hoc assieme al tecnico alimentarista di un mangimificio locale ed è prettamente vegetale, costituito da cereali locali (salvo quote di mais nazionale). Precisa Canio: «In azienda impieghiamo tre linee differenti a seconda della destinazione: una per le scrofe in gestazione, una per l’ingrasso e una per il post svezzamento. Tutte somministrate ad libitum in forma di farina, ma con titoli proteici variabili a seconda dei fabbisogni reali dei suini». In aggiunta a questi, da qualche anno viene acquistato un mangime per suinetti lasciato a disposizione dopo una settimana dalla nascita.
«La scelta di investire su un mangime di prima qualità, concentrato e molto appetibile – precisa l’allevatore - viene ampiamente ripagata dal peso e dallo stato di forma dei suinetti; svezzati in maniera uniforme a 35 giorni, un età piuttosto precoce per questa razza».
La produzione di carne
La filiera prosegue con la produzione di carne, per la quale vengono macellati 4 suini ogni settimana. La carne viene interamente trasformata e venduta presso la macelleria di famiglia, a Potenza. Qui la famiglia Abbate trova le maggiori soddisfazioni e il giusto riconoscimento per tutti gli sforzi compiuti a monte. «Il punto forte del nostro sistema risiede proprio nella carne - afferma Canio - il suo sapore, la consistenza e la marezzatura la rendono immediatamente riconoscibile».
Valorizzare tutta la carcassa
«Della carcassa abbiamo imparato a utilizzare tutto – sottolinea Canio -. Con l’esperienza abbiamo imparato a gestire anche la parte grassa, che in questa razza rappresenta la componente principale della carcassa. Da noi il grasso suino costituisce una risorsa e come tale viene valorizzata, trovando impiego nelle lavorazioni tradizionali. I lardelli vengono usati nella produzione della mortadella, mentre con lo strutto vengono prodotte le frittole (una versione lucana dei classici ciccioli), il lardo viene infine usato per conservazione delle salsicce sotto sugna.
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