L’obiettivo è ambizioso quanto semplice: valorizzare tutta la carcassa del suino, superando il divario in essere tra il valore aggiunto della coscia destinata alla produzione di prosciutti dop o di salumi di qualità a denominazione d’origine (pensiamo ad esempio al Culatello di Zibello dop) e le restanti parti dell’animale, tradizionalmente pagate meno agli allevatori. Allo stesso tempo, per superare la diffidenza che è inspiegabilmente montata nei confronti delle carni rosse e rosa, comunicare la qualità del prodotto.
Il tutto senza dimenticare risvolti di natura sanitaria, intesa da un lato come maggiore biosicurezza nelle porcilaie e nell’ottica di ridurre l’utilizzo dei farmaci e degli antibiotici negli allevamenti e dall’altro come ulteriore forma di rassicurazione nei confronti di un consumatore che appare sempre più inflessibile verso questioni legate al benessere animale, inteso in senso ampio.
Potrebbe riassumersi così la missione del progetto Italico, partorito per promuovere il suino nato, allevato e macellato in Italia nella filiera del San Daniele, una delle dop più rilevanti della salumeria italiana.
Non solo i lombi
Il progetto è stato fin da subito sostenuto dagli allevatori e, a livello di organizzazioni agricole, in particolare da Coldiretti. Oggi vede la collaborazione tra diversi soggetti: il consorzio del Prosciutto di San Daniele, Promo San Daniele spa, l’Associazione nazionale allevatori suini e molti allevatori.
A garantire il supporto tecnico-scientifico ci sono l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna e di Ifcq Certificazioni di San Daniele del Friuli.
Finora sono stati coinvolti un centinaio di allevamenti dell’area padana, per una produzione che si aggira intorno a un milione di capi e che sta adottando una formula di certificazione etica e sostenibile, con riferimento sia agli animali che all’ambiente, per rispondere in maniera ancora più completa alle esigenze dei consumatori.
«Rispetto all’ipotesi iniziale di valorizzare solamente i lombi del suino - dichiara Claudio Veronesi, allevatore di Sustinente con 1.200 scrofe a ciclo chiuso – oggi l’obiettivo è stato ampliato, puntando così a valorizzare l’intera carcassa degli animali allevati all’interno del disciplinare del San Daniele. Questo dovrebbe garantire una maggiore remuneratività alla filiera e, in particolare, ai produttori, grazie alla garanzia di italianità della carne».
Biosicurezza e benessere
Dallo scorso febbraio l’iter ha ripreso e, grazie all’impegno dell’Istituto zooprofilattico si sta accelerando sugli aspetti legati al benessere animale, alla biosicurezza e a tutte le verifiche per posizionare la produzione verso l’alto.
«È un progetto che ha una grande valenza – riconosce Thomas Ronconi, allevatore di Marmirolo e presidente dell’Associazione nazionale allevatori di suini -. Ad oggi è difficile quantificare con esattezza il possibile ritorno economico, ma già riuscire a legare i tagli di carne fresca all’immagine del San Daniele è positivo». Poi bisognerà proseguire sulla strada della certificazione.
In una fase in cui i competitor sono agguerriti e il mercato richiede qualità e sicurezza (a tal proposito, Coldiretti ha sensibilizzato il ministero della Salute sulla necessità di prendere necessarie misure, anche di blocco, dell’import di carne suina dal Belgio, dopo la presenza di peste suina africana nel paese del Nord Europa), accompagnare la crescita degli allevamenti è assolutamente fondamentale.
In particolare, quest’anno i tecnici del Consorzio del Prosciutto di San Daniele e dell’Istituto Zooprofilattico sosterranno azioni per ridurre complessivamente l’uso degli antibiotici del 30%, incrementare la biosicurezza soprattutto relativamente ad approvvigionamenti e visitatori, promuovere modalità di allevamento etico e sostenibile in termini di benessere animale. I risultati saranno poi evidenziati con una campagna di comunicazione ad hoc nel 2019, quando, anticipa Mario Emilio Cichetti, il direttore generale del Consorzio del Prosciutto di San Daniele, avremo sicuramente i primi animali certificati e poi, nel 2020, i prosciutti con la garanzia della dop e del Suino Italico.