L’assessorato all’Agricoltura della Regione Sardegna ha esteso la misura del benessere animale, fino a ieri riservata agli allevamenti ovini e caprini, anche agli allevamenti di suini. Ciò significa che dalla prossima annata agraria gli allevatori di suini godranno degli aiuti previsti nel Piano di sviluppo rurale, in tutto 50 milioni di euro, che arriveranno come aiuto alle aziende suinicole isolane che attraversano un particolare momento di crisi dovuto principalmente all’imperversare della Peste suina africana.
Un’opportunità per risollevare un comparto ridotto all’osso e sfiancato dalle misure restrittive dovute all’imperversare dell’epidemia. E così anche gli allevatori di suini godranno degli aiuti comunitari. Un settore, quello suinicolo, che sta facendo i conti con le misure restrittive messe in campo dall’Unità di progetto per l’eradicazione della malattia.
Gli ultimi dati, aggiornati allo scorso mese di marzo, hanno reso noto che in Sardegna si sono registrati 439 allevamenti irregolari, di cui 269 nel solo Nuorese, cioè la zona dell’isola dove è più marcata la concentrazione di allevamenti allo stato brado. I termini per la regolarizzazione degli allevamenti sono scaduti lo scorso 30 novembre e oggi ci si può mettere in regola soltanto pagando una sanzione: in questo caso, i suini sani vengono lasciati all’allevatore, mentre quelli infetti vengono abbattuti. Stessa sorte per quelli di proprietà di allevatori che non si mettono in regola. L’obiettivo dell’Unità di progetto è quindi favorire l’allevamento semibrado, ossia controllato, all’interno di recinti di almeno tre ettari, dotati di una serie di accorgimenti in modo tale da rispettare le regole sanitarie, ma allo stesso tempo continuare ad allevare i suini.
«La Peste suina africana è un problema sociale, culturale ed economico che affligge l’isola - ha affermato di recente l’assessore all’Agricoltura della Regione Sardegna Elisabetta Falchi - una volta affrontata la questione dell’emersione, abbiamo deciso, in pieno accordo con l’Unità di progetto, di accompagnare la transizione con un aiuto, un sostegno ai suinicoltori che si sono messi in regola». Da anni gli aiuti di Bruxelles erano riservati ai soli allevatori di ovini e di caprini, ma ora sono stati estesi anche ai suini. «Quando abbiamo cercato di far passare il concetto a Bruxelles - conclude la Falchi - all’inizio ci hanno chiesto chiarimenti, perché la misura pareva eccessiva ai tecnici della Commissione europea. Siamo riusciti comunque a spiegare, grazie anche al lavoro fatto dal nostro staff, che si trattava di una misura di accompagnamento all’emersione degli allevamenti irregolari e di valorizzazione dell’intero sistema suinicolo della nostra regione, seguendo in linea di massima l’esempio della Spagna, che ha saputo sostenere e far crescere il settore».
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