L’alleanza Emilia Romagna – Lombardia per uscire dalla crisi

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Fabio Rolfi e Alessio Mammi
Un accordo tra Regioni per “L’integrazione e il consolidamento della filiera suinicola nazionale”. È il patto stretto nelle scorse settimane dagli assessori all’Agricoltura, Fabio Rolfi e Alessio Mammi, per il rilancio del comparto

Le due principali regioni per la produzione dei suini a livello nazionale, con un patrimonio che si aggira intorno ai 5,9 milioni di capi (intorno al 68% della produzione italiana), stringono un’alleanza per accompagnare la filiera suinicola fuori da una crisi che sta mettendo in forte difficoltà gli allevamenti e l’intero comparto.
Obiettivo degli assessori all’Agricoltura coinvolti nell’operazione – Fabio Rolfi per Regione Lombardia e Alessio Mammi per l’Emilia-Romagna – è quello di arrivare a “un vero e proprio patto di filiera al quale saranno vincolati gli aiuti economici regionali”.
La riunione, rigorosamente su piattaforma digitale, per i noti problemi del Covid-19, ha coinvolto nei giorni scorsi tutti i principali attori della suinicoltura lombarda ed emiliana.

L’ultima riunione interregionale

L’esigenza dell’intesa è quella di dare una scossa e mettere in sicurezza un comparto che in Italia vale oltre 20 miliardi di euro, molti dei quali generati appunto a cavallo di Lombardia ed Emilia.

«Il settore suinicolo italiano – spiega l’assessore Rolfi - è tra quelli che più stanno risentendo della crisi economica causata dal Covid. Se davvero vogliamo trasformare il momento di difficoltà in opportunità è giunta l’ora di fare un passo in avanti. La Regione Lombardia e la Regione Emilia-Romagna sono andate oltre le divisioni politiche mettendo al primo posto l’interesse economico del settore, come ha il dovere di fare chi amministra un ente pubblico».
Il mercato suinicolo negli ultimi mesi è sotto pressione a livello europeo; la situazione di stallo e il conseguente crollo dei prezzi è stato causato principalmente da due fattori: la Peste suina africana arrivata in Germania, che ha causato il blocco delle importazioni di carni da parte dei maggiori Paesi importatori (Cina in primis) con conseguente surplus di carne sul mercato europeo e le misure Covid, con la conseguente chiusura dei canali Horeca e la perdita di buona parte delle vendite a banco.

Nodo peste suina africana

La questione sanitaria è uno degli aspetti che maggiormente preoccupano gli allevatori, anche se pochi hanno il coraggio di ammetterlo, per evitare di ingenerare falsi allarmi nel consumatore e innescare ingiustificati crolli dei consumi, che si tradurrebbero in un completo e definitivo affossamento del settore.
Fra gli stakeholder, Claudio Veronesi, allevatore di Coldiretti Mantova con un allevamento all’avanguardia e una produzione annuale di circa 30mila suini, punta il dito contro il problema dei cinghiali, che soprattutto nel corso dell’ultima stagione venatoria – inaugurata in ritardo e a corrente alternata per l’emergenza pandemica in corso – hanno conquistato nuovi territori. “Serve molta attenzione, perché se la situazione dovesse disgraziatamente sfuggire di mano – riflette Veronesi – avremmo probabili ripercussioni sui mercati internazionali anche per l’Italia”.

Export tedesco in Cina in forte rallentamento

A fare le spese di una propagazione di focolai di Peste suina è stata la Germania (con 134 focolai nella regione del Brandeburgo e 437 casi – al momento in cui si scrive l’articolo), fra i grandi paesi esportatori dall’Unione europea. L’export dalla Germania verso la Cina, dopo le restrizioni imposte da Pechino alla carne tedesca, ha registrato una frenata.
In particolare, scorrendo i dati forniti da Teseo by Clal, se l’import cinese di carni suine fresche, congelate e refrigerate è aumentato a novembre 2020 del 18,86% su base tendenziale, i volumi dalla Germania in quel mese (ultimo disponibile) hanno perso il 62,61% rispetto a novembre 2019.
Certo, complessivamente le esportazioni dalla Germania alla Cina sono cresciute in volume del 61,15% nei primi 11 mesi del 2020 su base tendenziale, pur con il crollo di novembre, ma è evidente che il nodo sanitario riguarda non solo Berlino, ma anche altri paesi europei interessati all’export.

Rolfi: fare squadra

alleanzaNe è consapevole l’assessore Rolfi, il quale afferma: «Chiediamo alla filiera suinicola di seguire lo stesso modello e di fare squadra, per il bene di tutti e per salvaguardare il futuro di un comparto che dovrà affrontare numerose sfide: innanzitutto prevenire l’arrivo della Peste suina in Italia. L’ultimo caso registrato in Germania ci deve far allarmare e agire in maniera concreta, parlando con una voce unica per far svegliare la politica romana spesso sorda a problemi territoriali. Anche il recente blocco di alcuni container di carni suine italiane da parte della Cina deve farci riflettere. Il mercato cinese è fondamentale, soprattutto per quanto riguarda le parti del maiale non interessate dalla filiera del prosciutto. Il patto di filiera che abbiamo proposto sarà imprescindibile per i futuri finanziamenti regionali. Vogliamo stimolare il settore a trovare nuovi sbocchi commerciali, a valorizzare i suini allevati nel nostro Paese e a bucare nuovi mercati esteri valorizzando gli straordinari prodotti che l’Italia è in grado di offrire».
La strategia delle due Regioni del Nord passa attraverso un dialogo interprofessionale serio e finalizzato a promuovere i prodotti made in Italy nel loro complesso. «Ora è tempo di intervenire per uno sviluppo sostenibile della filiera suinicola nazionale – mettono in chiaro Rolfi e Mammi –. Bisogna partire dal rafforzamento delle forme organizzative tra gli allevatori, promuovere una forma efficace di collaborazione strategica dell’intera filiera, studiare una diversificazione dei prodotti per renderli più appetibili agli occhi dei consumatori e raccontare i passi avanti fatti in termini di sostenibilità e benessere animale, investendo ulteriormente in questa direzione».

Attivare il Sistema di qualità nazionale

«Nel concreto - hanno aggiunto i due assessori - bisogna attuare strumenti come il Sistema di qualità nazionale, che possano differenziare e valorizzare le destinazioni delle carni suine fresche diverse da quelle dei prodotti Dop e utilizzare le risorse del Piano di sviluppo rurale per un rinnovamento delle strutture, in modo da migliorare sia il benessere animale che la sostenibilità ambientale degli allevamenti». Le risorse, sul piatto, non mancano, fanno sapere gli interessati.
Stop al “prosciutto-centrismo”
Per una svolta che porti a una maggiore remunerazione dell’intera carcassa del maiale, gli assessori propongono un nuovo approccio che porti a «valorizzare tutta la carne e non solo le parti dedicate alla produzione del prosciutto, per uscire da una logica prosciutto-centrica e agevolare così la redditività del comparto. Bisogna costruire, inoltre, una vera e propria organizzazione interprofessionale che valorizzi tutte le componenti di questa disaggregata filiera, e lavorare concretamente a una Ocm zootecnia per il rilancio del settore in un’ottica concreta e condivisa».

Le richieste economiche delle Regioni

Gli assessori di Lombardia ed Emilia-Romagna hanno chiesto – oltre all’aumento della percentuale di compensazione iva fino al 10% per i produttori suinicoli, anche «un intervento immediato a burocrazia zero per un settore che sta alla base della Dop economy dell’agroalimentare italiano e che sta soffrendo più di altri gli effetti della crisi», oltre ad adeguate risorse economiche da destinare al rilancio della filiera.

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L’alleanza Emilia Romagna – Lombardia per uscire dalla crisi - Ultima modifica: 2021-01-25T12:42:26+01:00 da Mary Mattiaccio

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