Malattie respiratorie. Razionalizzare le cure con gli antibiotici

antibiotici
Da Sinistra F. Gulino, M.C. Durio, H. Nathues, P. Martelli, G. Minelli, T. Tobias, C. Piñeiro, R. Piva.
Intervenire preventivamente o in modo tempestivo. Sono le due linee verso cui la ricerca scientifica, con il supporto di sistemi informatici, si sta orientando per ridurre l’uso di antibiotici. I risultati di alcuni studi presentati al convegno Breathing point, organizzato da Zoetis sul lago d’Iseo

Il 2 luglio scorso, nella splendida cornice del lago d’Iseo, si è tenuta un’importante mattinata scientifica organizzata da Zoetis dal titolo: “Breathing point, malattia respiratoria e antibiotici, nuovi approcci per razionalizzare”. È stata l’occasione per molti veterinari del comparto suinicolo di affrontare l’importante tema della riduzione dell’utilizzo di antibiotici nella terapia delle patologie respiratorie del suino.

La mattinata è stata aperta da Maria Chiara Durio, general manager di Zoetis Italia, che in breve ha spiegato la vision di Zoetis sull’argomento: da qualche anno questa azienda porta avanti a livello europeo per tutte le specie animali una campagna di uso razionale degli antibiotici, promuovendo la prevenzione in allevamento e favorendo il dibattito tra gli operatori della filiera per far crescere una cultura che vada nella direzione della “one health” (questo termine coniato dall’Europa indica che la salute è unica e non divisa tra uomo e animale) e della tutela ambientale.

Moderatore della giornata Paolo Martelli dell’Università degli studi di Parma si è soffermato qualche minuto sulla comprensione dell’espressione “uso razionale o prudente del farmaco”. Per Martelli il termine più corretto è uso razionale perché è necessario avere una metodologia professionale che partendo da una corretta diagnosi porti alla somministrazione dell’idonea terapia.

Polmonite enzootica

Il primo relatore è stato Heiko Nathues della facoltà di Veterinaria di Berna, capo della clinica del suino presso l’Università di Bern Vetsuisse, che ha esposto le recenti acquisizioni sulla Polmonite enzootica nei suini, le strategie di controllo e di prevenzione e uno studio sulla modellizzazione che tale patologia genera in allevamento.

Ci sono diversi ceppi di Mycoplasma hyopneumoniae con virulenza variabile, ma ad oggi non esistono marker per poterli diagnosticare, quindi l’unica espressione della loro virulenza è la gravità dei sintomi clinici che generano in allevamento. I sintomi più comuni sono: tosse cronica e secca; aumento della temperatura corporea; calo dell’incremento ponderale; aumento dell’indice di conversione alimentare. Dovendo lavorare con gruppi numerosi di animali è possibile indicizzare alcuni sintomi clinici in modo da avere una fotografia ampia del nostro allevamento. Uno studio di Nathues ha dimostrato che piccole variazioni dell’indice di tosse (percentuale di animali che tossiscono in un minuto) rispecchiavano variazioni importanti nella prevalenza di M. hyopneumoniae in allevamento diagnosticato sia con metodiche dirette (PCR) che indirette (sierologia). Le perdite economiche imputabili a questa patologia sono conosciute da molto tempo: Straw e altri autori già nel 1989 dimostrarono che l’incremento ponderale giornaliero diminuiva di 37 grammi per ogni 10% di superficie polmonare affetta da lesioni, mentre Rugala dimostrò che gli animali sieropositivi a M. hyopneumoniae perdevano 38 grammi di incremento ponderale giornaliero.

Fortunatamente Mycoplasma hyopneumoniae non ha dimostrato aumenti di resistenza agli antibiotici negli ultimi anni e i fluorochinoloni sono tra gli antibiotici d’elezione. Non avendo parete cellulare sono resistenti naturalmente ai beta-lattamici e ai glicopeptidi.

La vaccinazione è uno strumento a disposizione per controllare la malattia se associato a una corretta gestione di allevamento. Nathues ritiene che non si debba sopravalutare l’azione che questo strumento da solo può svolgere, anche se è dimostrato che abbassa la carica batterica del tessuto polmonare (Vrancks et al, 2012). La vaccinazione precoce dei suinetti non è interferita dall’immunità materna (anche quando le scrofe sono sieropositive), ma non sempre da un miglioramento degli indici sanitari: questa scelta profilattica non può essere standardizzata ma va valutata allevamento per allevamento.

Nathues e il suo gruppo hanno elaborato attraverso un modello informatico la possibile diffusione di Mycoplasma hyopneumoniae all’interno di un allevamento di 500 scrofe, includendo alcuni fattori di rischio (Fig. 1) presi singolarmente o tutti insieme e facendoli intervenire in diverse fasi del ciclo produttivo del suino. I fattori considerati sono:

  • l’acclimatamento delle scrofette.
  • l’età allo svezzamento come ricaduta sul tempo che i suinetti passano sotto scrofa.
  • la vaccinazione precoce dei suinetti.
  • la possibilità di contatto tra soggetti di diversa età.
  • la presenza di coinfezioni.

Si è così osservato che il fattore di rischio più importante nel periodo sottoscrofa è la presenza di scrofette infette, mentre nel periodo post-svezzamento incide maggiormente l’età a cui sono stati svezzati i suinetti. Anche il modello informatico suggerisce che la vaccinazione precoce è un ottimo mezzo di prevenzione, ma da sola non è sufficiente a controllare la malattia.

A. pleuropneumoniae

Il secondo relatore della mattinata è stato Tijs Tobias, ricercatore presso la Facoltà di veterinaria dell’Università di Utrecht (Paesi Bassi) che ha parlato della prevenzione e del controllo dell’infezione causata da Actinobacillus pleuropneumoniae (di seguito chiamato App). Questo batterio appartiene alla famiglia delle Pasteurellaceae, può risiedere nella cavità orale e nasale di animali clinicamente sani e in alcune condizioni può causare una pleuro-polmonite fibrino-necrotica ad alta morbilità e mortalità. La patologia può esprimersi in tre modi diversi anche contemporaneamente all’interno dello stesso allevamento:

  • malattia acuta
  • malattia cronica
  • animale portatore

Per ognuno di questi stati infettivi esiste un metodica diagnostica d’elezione (Fig. 2), ma Tobias ritiene che la pcr su brush tonsillare sia il metodo più efficace per verificare la presenza del patogeno in allevamento. Altre indagini quali la sierologia, la sorveglianza clinica e la valutazione delle lesioni post-mortem al macello possono indicare la gravità del processo infettivo.

Classicamente si riteneva che durante un focolaio clinico l’App fosse altamente contagioso e questo ha giustificato per molto tempo l’utilizzo di massive quantità di antibiotici sia a scopo terapeutico che profilattico. Recentemente (2013) Tobias e il suo gruppo di lavoro hanno condotto uno studio di campo per valutare la trasmissione di App in un allevamento con problema endemico. Le loro principali osservazione sono le seguenti:

  • la gravità dei segni clinici è negativamente correlata con la probabilità di diffondere App per contatto diretto;
  • la malattia si trasmette dalle scrofe ai suinetti durante il periodo di allattamento e per via orizzontale tra suinetti dopo lo svezzamento;
  • non sempre la prevalenza dell’infezione è correlata con la gravità della malattia, che invece sembra essere influenzata da eventi stressanti che la scatenano.

Il trattamento antibiotico a bande (cioè di tutti gli animali compresi nella fase produttiva) è stato il metodo di controllo adottato fin’ora, ma oggi giorno non è più praticabile perché impone un uso eccessivo di antibiotici. Un approccio più razionale suggerito da Tobias è quello di fare terapie individuali agli animali ammalati, terapia di gruppo solo nel box qualora gli animali ammalati superino una percentuale ancora da stabilire e tenere sotto controllo i fattori di rischio scatenanti. La penicillina è ancora il farmaco di prima scelta per la terapia di App, ma è importante identificare precocemente gli animali ammalati.

Per prevenire l’insorgenza e/o la gravità di un focolaio da App, alcuni punti critici vanno presi in considerazione:

  • aumentare l’immunità prima della colonizzazione: migliorando l’assunzione di colostro; migliorando le condizioni climatiche; prevenendo coinfezioni con altri agenti virali respiratori;
  • ridurre la trasmissione orizzontale: riducendo la numerosità dei box, il mescolamento di animali e delle nidiate;
  • prevenire la manifestazione di gravi segni clinici attraverso la vaccinazione.

La vaccinazione è in grado di ridurre la gravità clinica del focolaio, ma non la trasmissione del patogeno tra animali. Inoltre non tutti i vaccini sono in grado di dare cross-protezione tra i diversi ceppi dell’App ed è dimostrata interferenza con l’immunità materna.

Si precisa che la norma 91/630/Cee impone un’età minima allo svezzamento di 28 giorni con possibile deroga a 21 giorni se vengono rispettate alcune condizioni. L’età allo svezzamento è quindi una scelta aziendale, fatta nel rispetto della normativa, tenendo in considerazione che anticipandola diminuisco la morbilità delle forme respiratorie e aumentandola diminuisco il consumo di antibiotici nel post-svezzamento conseguentemente a patologie enteriche.

La raccolta dati

Terzo ed ultimo relatore della mattinata Carlos Piñeiro dell’Università Complutense di Madrid che ha esposto una relazione dal titolo accattivante “Il controllo della SRD sulla punta delle dita: l’importanza della raccolta dei dati”.

Oggigiorno, la crescente presenza di strumenti tecnologici nelle nostre vite permette di generare una grande quantità di informazioni sullo stile di vita che adottiamo e sulle scelte che facciamo. I dati possono essere usati per esempio all’interno di un grande magazzino per monitorare su quali prodotti i consumatori esprimono la propria attenzione e in questo modo tarare le campagne pubblicitarie ad hoc per ognuno di loro. Questi e innumerevoli altri esempi ci dimostrano come il saper utilizzare i dati possa diventare un opportunità di lavoro e di reddito; partendo da questa premessa anche il comparto zootecnico deve fare un cambio di mentalità. Indipendentemente dal comparto in cui lavoriamo il processo da attuare è il seguente: raccolta dati > elaborazione > generazione di un report > condivisione > analisi > presa di decisioni.

Individual Pig Care (IPC) è un nuovo strumento di gestione per gli allevatori di suini, basato sull’osservazione giornaliera dei suini e sull’individuazione precoce dei problemi sanitari, messo a punto dallo staff di Piñeiro. Questo lavoro è durato tre anni, ha coinvolto 169 aziende di 19 paesi diversi e circa un milione di suini osservati. Questo studio ha dimostrato quanto sia importante lavorare in modo informatico con i dati all’interno degli allevamenti di suini. Infatti in molti degli allevamenti seguiti si è assistito a un miglioramento degli indici sanitari e a una riduzione dell’uso di antibiotici, proprio come conseguenza delle decisioni intraprese (Fig. 3). Ovviamente la quantità di informazioni che possiamo avere dipende dalla quantità di dati che raccogliamo, ma per fortuna oggigiorno molti dati si possono raccogliere anche in modo automatico attraverso sensori ambientali.

Alcune informazioni derivanti dall’utilizzo dell’IPC sono:

  • incidenza delle principali patologie all’interno dell’allevamento e del settore produttivo;
  • rapporto trattati/segnati;
  • trattamenti per animale;
  • % mortalità e scarti;
  • distribuzione dei morti per patologia;
  • distribuzione dei morti per data ed età;
  • distribuzione delle patologie per data ed età;
  • distribuzione dei trattamenti farmacologici per patologia;
  • prodotti farmaceutici usati per patologia.

Ogni allevatore può volontariamente iscriversi nel sito web dedicato e condividere i propri dati con tutti gli altri allevatori che utilizzano quel software, potendo confrontare il proprio allevamento con la media regionale, nazionale ed europea. Queste informazioni potrebbero essere utilizzate anche ai fini della ricerca scientifica per avere un quadro della realtà suinicola europea suddivisa per nazione.

Secondo Piñeiro il business del mondo allevatoriale sta cambiando e dobbiamo muoverci insieme verso nuove tecnologie; IPC è uno strumento che va in questa direzione perché aiuta l’allevatore a comprendere i suoi problemi sanitari e facilita un utilizzo razionato dell’antibiotico.

Secondo Zoetis, questa giornata ha aperto nuovi approcci gestionali sulla gestione della patologia respiratoria per rispondere alla necessità di una riduzione dell’uso di antibiotico. Tra i nuovi approcci gestionali vi sono degli strumenti informatici che devono entrare nella vita quotidiana di ogni allevatore.


* Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, SCT3 Diagnostica in sanità animale.

 

Leggi l’articolo completo sulla Rivista di Suinicoltura n. 10/2015 L’edicola di Rivista di Suinicoltura

Malattie respiratorie. Razionalizzare le cure con gli antibiotici - Ultima modifica: 2015-11-03T15:00:19+01:00 da Barbara Gamberini

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