Una congiuntura favorevole ha portato il mercato a quotare i tagli di suino pesante a 1.665 euro/kg. «Il settore tira un respiro di sollievo», commenta Giovanna Parmigiani, l’allevatrice piacentina presidente della Federazione nazionale di prodotto carni suine di Confagricoltura che è intervenuta al convegno organizzato lo scorso 26 agosto a Orzinuovi (Brescia) dedicato al progetto “Nato e allevato in Italia”.
«Purtroppo - prosegue Parmigiani - non possiamo ascrivere queste quotazioni a una strategia di rilancio del settore, che richiediamo da tempo, ma dobbiamo imputarle a una serie di concause, in primis ai problemi sanitari degli allevamenti cinesi che hanno lasciato spazio alle esportazioni di carne dall’Europa alleggerendo e tonificando il mercato del vecchio continente».
Il titolo del convegno, non a caso, fa riferimento a una filiera suinicola che possa finalmente valorizzare le produzioni nazionali mediante una tracciabilità che sia visibile, apprezzabile e riconoscibile anche attraverso un marchio. Un progetto a cui Confagricoltura lavora da tempo e di cui si era discusso anche al tavolo ministeriale di filiera che si era tenuto proprio a Brescia a fine giugno.
«Ci siamo nuovamente dati appuntamento a Brescia - spiega Parmigiani - da mesi stiamo lavorando alla creazione di un consorzio che riunisca indifferentemente tutti gli allevatori in modo da poter avere una voce unica e diventare il marchio del suino “Nato e allevato in Italia”. Il ministro Martina, al tavolo del 18 giugno, ha annunciato l’uscita del decreto che dovrebbe regolamentare un sistema di qualità nazionale e il nascituro consorzio “Nato e allevato in Italia” potrebbe candidarsi alla gestione del marchio».
Una produzione che vale 2,8 miliardi
Il settore suinicolo rappresenta uno dei più importanti asset dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano. «Il valore della produzione - ha ricordato Parmigiani nel suo intervento, citando i dati del Centro studi di Confagricoltura - nel 2015 assommava a 2,8 miliardi di euro, il 5,5% del totale della produzione agricola complessiva e il 17% circa delle produzioni zootecniche, ma negli ultimi tre anni si è contratto, a prezzi correnti, di quasi il 9%. Nel corso degli ultimi anni in Italia il numero di allevamenti suinicoli è passato da oltre 50 mila nel 2007 a 36 mila nel 2016, e i capi nello stesso periodo sono diminuiti del 5%. Ciò che maggiormente deve preoccupare - ha sottolineato Parmigiani - è soprattutto la particolare riduzione che si è registrata nel numero di scrofe e di scrofette (-24,5% negli ultimi 10 anni: da circa 770mila a circa 583mila). Questo dato implica una progressiva sostanziale revisione delle scelte genetiche della filiera, questione sulla quale dobbiamo riporre energie per le evidenti attuali e future ripercussioni sulla filiera delle dop, ma, non ultimo, rappresenta un chiaro indice della scarsa propensione a investire per l’allevamento. Oggi dobbiamo sfruttare la congiuntura favorevole - ha concluso Parmigiani - per porre in atto le strategie di sistema e rilanciare la suinicoltura italiana».
Leggi l’articolo sulla Rivista di Suinicoltura n. 9/2016
L’Edicola della Rivista di Suinicoltura