Macelli cooperativi, accorciare la filiera per dare valore aggiunto

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Molti i vantaggi per i suinicoltori che fanno parte di una cooperativa. Ce ne parlano protagonisti del settore che hanno partecipato alla tavola rotonda organizzata dalla Rivista di Suinicoltura in occasione di Italpig 2016

Valorizzazione del suino prodotto dai soci. Ma anche trasparenza dei dati, benefici sul prezzo e sui servizi, confronto diretto tra mondo allevatoriale e mondo della macellazione, eventuale ristorno a fine anno. Sono i vantaggi che comporta, per un allevatore, appartenere al mondo della macellazione cooperativa. Ad affermarlo sono alcuni dei principali macelli cooperativi italiani, che il 27 ottobre si sono confrontati alla tavola rotonda organizzata alla fiera di Cremona Italpig dalla nostra Rivista di Suinicoltura e dall’Associazione nazionale allevatori suinicoli (Anas) sul tema de “Il ruolo dei macelli cooperativi nella suinicoltura moderna”.

Ma se da parte dei macelli cooperativi l’obiettivo è andare incontro quanto più possibile alle esigenze degli allevatori, questi ultimi, dal canto loro, «dovrebbero essere partecipi – come ha precisato Andrea Cristini, presidente di Anas - all’interno dei sistemi di cooperazione ovvero all’interno delle filiere che comunicano al consumatore sia le peculiarità intrinseche della qualità del prodotto finale, sia tutte le fasi di allevamento che riguardano le questioni del benessere animale, del basso consumo di antibiotici e della salubrità delle carni».

Cosa implica dunque essere soci di una cooperativa? Ha risposto Cristini: «Mi richiamo all’esempio dei produttori di latte: coloro che in questi anni hanno conferito a una latteria cooperativa, hanno anche spuntato un prezzo migliore rispetto a chi ha conferito all’industria privata. Lo stesso percorso si può intendere all’interno del comparto suinicolo, dove i macelli cooperativi potrebbero, accorciando la filiera, portare quel valore aggiunto che verrà poi ridistribuito nelle tasche degli allevatori».

L’italianità garantita dal circuito delle dop

Un primo esempio in questa direzione è venuto da Pro Sus, Cooperativa agricola di Produttori di suini con sede a Vescovato (Cr), che conta una settantina di soci per lo più a Cremona e a Mantova, ma anche a Brescia e a Lodi. Nel 2015 il macello ha processato 800mila capi. La cooperativa possiede anche un prosciuttificio in zona tipica, a Lagrimone (Pr), dove stagiona parte dei suoi prosciutti e uno stabilimento di lavorazione carni a Castel D’Ario (Mn), dove sta producendo beni alimentari da proporre alla Gdo.

Enrico Cerri, presidente di Pro Sus, ha spiegato: «Per statuto, ma anche per filosofia, macelliamo solo il suino nato e allevato in Italia, destinato al circuito Parma e San Daniele. La nostra volontà è quella di valorizzare anche i cosiddetti “altri tagli”. A tale scopo, negli ultimi anni abbiamo cominciato a veicolare le nostre carni fresche e i prodotti pronti al consumo direttamente al consumatore, italiano e non solo, spiegandogli come la nostra peculiarità consista nell’italianità garantita dal circuito delle dop e dal tipo animale che alleviamo. Se è vero che il consumo di carne nel nostro paese è in flessione, infatti, è anche vero che una parte della popolazione è sempre più attenta al prodotto italiano in grado di soddisfare determinate garanzie. Questa fetta della popolazione ha anche più attitudine alla spesa. Ebbene, l’impegno ci ha premiato e crediamo che la nostra esperienza possa essere presa a esempio per certi tipi di esperienze simili sia dai macelli cooperativi che da quelli privati».

L’export

Per quanto riguarda l’estero, vale la stessa dinamica, ma amplificata: «I primi passi che stiamo compiendo in direzione dell’internazionalizzazione – ha aggiunto Cerri - ci confermano l’esistenza di una nicchia di mercato che vuole il nostro tipo di prodotto. La sfida è quella di cercare, attraverso una giusta comunicazione e un insieme di garanzie, di arrivare sui mercati più premianti».

La cooperativa ha ottenuto l’autorizzazione all’export dei suoi prodotti non stagionati a base di carne suina negli Stati Uniti, sia grazie agli investimenti messi in campo negli ultimi anni sulle procedure produttive e sulla sicurezza alimentare, sia grazie all’apertura di una sede a Miami.

In Pro Sus i soci coprono il 75% della capacità di macellazione. Il restante 25% viene reperito sul mercato, ma deve avere la stessa caratteristica di suino nato in Italia.

La mission: valorizzare i prodotti dei soci

«La mission della nostra azienda – ha precisato Cerri – consiste nel valorizzare il più possibile i suini conferiti dai soci. La redditività – ci consideriamo tra i macelli che vantano i premi più elevati – è uno dei principali benefici che il macello cooperativo vanta rispetto a un macello privato. Ma non è l’unico. Penso ad esempio anche alla garanzia di ritiro e di remunerazione che nell’arco dell’anno deve essere sempre omogenea e corretta. E penso, ancora, alla trasparenza nel trattamento dei dati di macellazione. Il nostro sistema rende infatti disponibili tutti i dati di macellazione: l’allevatore può accedervi tramite password ogni volta che vuole reperire informazioni di ogni tipo, dal peso alla macellazione, alla classificazione in termini di qualità».

Ha concluso Cerri: «Essere soci in una cooperativa significa sposare un progetto. Che può variare anche a seconda delle dinamiche delle singole aziende. È vero, ciò significa anche sobbarcarsi un piccolo rischio d’impresa. Ma la nostra ambizione resta sempre una: valorizzare il prodotto dei nostri soci. Negli ultimi anni lo abbiamo fatto anche grazie attraverso investimenti che vanno oltre l’ambito della macellazione: ad esempio quello della cogenerazione e delle energie rinnovabili».

«Tutta la filiera deve garantire credibilità»

Tuttavia, i rischi che comporta l’attuale calo del consumo di carne in Italia può coinvolgere pesantemente anche i macelli cooperativi. Che fare allora? Al quesito ha risposto Piero D’Angeli, direttore generale di Clai, Cooperativa lavoratori agricoli imolesi che conta 283 soci, occupa 440 lavoratori, registra un giro d’affari di 220 milioni di euro e macella tra i 7.000/7.100 suini alla settimana.

«Allo stato attuale delle cose – ha sottolineato D’Angeli – il nostro dovere è lavorare bene, ma anche essere sicuri della fonte, nonché pretendere che tutta la filiera rispetti con serietà le proprie fasi e, non ultimo, presentarsi al consumatore con la credibilità del “fatto in Italia”».

Specializzata sia nel settore dei salumi (in particolare salame), sia in quello delle carni fresche suine e bovine, la cooperativa opera negli stabilimenti di Sasso Morelli di Imola (Bo) e di Faenza (Ra). Il primo è dedicato alla produzione dei salumi, nel secondo si effettuano macellazione e sezionamento dei suini e dei bovini. Si macellano esclusivamente suini nati e allevati in Italia e appartenenti al circuito delle dop Parma e San Daniele.

«Abbiamo anche una piccola rete di negozi in Romagna – ha aggiunto D’Angeli -, che ci consente di instaurare un contatto diretto con il consumatore finale, che è parte della filiera e che modifica di continuo le proprie esigenze. In questo modo ne veniamo a conoscenza quasi in tempo reale».

«Puntiamo all’export di salumi»

C’è dunque spazio per un ulteriore aumento della macellazione in una cooperativa come Clai? Ha risposto D’Angeli: «I consumi di carne sono in calo e credo che continueranno a diminuire, perché nel momento in cui la popolazione invecchia, inevitabilmente i consumi scendono. Anche il calo delle importazioni lo interpreto come un effetto del calo dei consumi – e non perché si sta macellando o vendendo più carne italiana. Quanto all’estero, le possibilità di sviluppo le vedo per i trasformati, ma come azienda puntiamo a esportare solo i salumi».

In Europa Clai esporta verso il Regno Unito (ultimamente con qualche difficoltà dovuta alla Brexit), quindi in Germania e in Francia. Il prosciuttificio esporta principalmente in Giappone, dove va un quarto dei prosciutti prodotti, seguito dagli Stati Uniti.

Ristorno in base alla qualità

Ha concluso D’Angeli: «Anche per noi l’obiettivo è la valorizzazione del prodotto dei nostri soci. Valutiamo con il FOM e paghiamo il suino nel giro di due settimane. Se la cooperativa ha collocato bene il prodotto ed è stata attenta alla gestione, riconosciamo un ristorno in base alla qualità, approvato all’assemblea dei soci. Quello che viene prodotto resta in buona parte dentro alla cooperativa. È fondamentale dunque che la cooperativa sia capitalizzata e abbia i mezzi per andare avanti e investire».

Il suino di peso intermedio allevato e macellato in Italia

Riconoscere ed esaudire le esigenze degli allevatori è anche l’obiettivo di Opas, cooperativa di 60 soci nata nel 2004 e riconosciuta come Op con lo scopo di aggregare l’offerta di suini grassi al macello. L’evoluzione l’ha portata poi a gestire un macello cooperativo trasformandola da venditrice di suini vivi a venditrice di tagli anatomici di carne.

«Noi non macelliamo esclusivamente suini nati e allevati in Italia - ha precisato il vicepresidente di Opas, Lorenzo Fontanesi -. «Pur restando l’attività concentrata sul suino dop che copre circa il 75-80% del fatturato, in una logica di specializzazione mediante lo sviluppo delle filiere, visto che da parte del mondo allevatoriale e di quello della distribuzione viene sempre più richiesto un suino di peso intermedio allevato e macellato in Italia, la cooperativa si è specializzata anche in questa tipologia di macellazione».

Ha proseguito Fontanesi: «Il suino intermedio vanta caratteristiche che aiutano a supportare i costi strutturali italiani e nel contempo riesce a sopperire alla quota di suini importati dall’estero. È vero che siamo deficitari, ma lo siamo di una carne che ha caratteristiche diverse rispetto al suino dop. Di fatto noi abbiamo semplicemente colto una necessità da parte del mondo allevatoriale e una richiesta dal mondo della grande distribuzione e della trasformazione».

Produzioni dop e non dop

Nella struttura di macellazione di Opas, che conta diverse certificazioni, da ambientali a certificazioni di processo, le lavorazioni di suino dop e non dop vengono fisicamente separate. Ha commentato Fontanesi: «L’approccio della nostra coop rimane quello di cercare di soddisfare le esigenze dei soci allevatori. Le strategie per il futuro, visti i volumi che si stanno producendo, consistono nel guardare all’estero. Specialmente nella produzione dop con un alto valore aggiunto bisogna cercare di orientarsi sul mercato estero, dal momento che quello nazionale non è così generoso da soddisfare tutta la produzione».

Un grande sforzo finanziario

Ha concluso Fontanesi: «Noi siamo entrati da poco nel mondo della macellazione e gli sforzi chiesti ai nostri soci sono stati importanti. Lo sforzo finanziario è stato supportato in parte dal sistema bancario, in parte anche dai soci, che sono rimasti compatti e hanno approvato questo percorso della nostra cooperativa. Se pensiamo che in Italia vengono macellati 13 milioni di suini tra nazionali e esteri e che i macelli cooperativi macellano sui 2,5 milioni di suini, capiamo bene che stiamo parlando solo del 20%. L’auspicio è che questa percentuale possa aumentare».

I macelli cooperativi artigianali

Ma in Italia non esistono solo macelli cooperativi che fanno grandi numeri. Tra quelli artigianali, si conta anche la cooperativa I Norcini del Collio e Isonzo. Con sede a Cormons (Gorizia), la cooperativa è nata con 7 soci, di cui oggi sono rimasti 5.

Come ha spiegato il presidente, Renato Toros, «la coop I Norcini è nata per offrire un servizio alla zona, anche perché gli altri macelli si trovano dalle parti del Carso e di Pordenone. Dunque noi copriamo tutta la zona goriziana e carsolina. Il servizio consiste nel ritirare i suini che vengono allevati negli agriturismi della zona (per il 99% nati in Italia), macellarli e riconsegnati ai rispettivi proprietari».

Nata nel 2009, l’azienda ha preso in affitto il macello comunale di Cormons chiuso da dieci anni e ristrutturato, ma poi mai utilizzato. Nel 2015 ha macellato 1.087 suini, che pesano dai 220 fino anche ai 300 kg.

 

Leggi l’articolo completo di box e grafici sulla Rivista di Suinicoltura n. 11/2016

L’Edicola della Rivista di Suinicoltura

Macelli cooperativi, accorciare la filiera per dare valore aggiunto - Ultima modifica: 2016-11-14T11:00:24+01:00 da Barbara Gamberini

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