Produzione europea. Ora si punta sull’Asia

L’embargo russo spinge a guardare all’Estremo Oriente come sbocco per le carni suine. Le valutazioni degli analisti a un convegno alla Borsa di Modena

Dopo un 2014 che non è andato bene come ci si aspettava e nella prospettiva di un 2015 che si preannuncia alquanto difficile, è idea condivisa tra i rappresentanti del settore di alcuni dei principali Paesi europei che la suinicoltura del Vecchio Continente potrà salvarsi solo grazie alla domanda proveniente dall’Asia.
È quanto emerso dall’incontro avvenuto tra tecnici operanti nel settore zootecnico di Belgio, Francia, Spagna, Germania e Italia al convegno “Mercati suinicoli europei: analisi e prospettive” che si è tenuto lo scorso dicembre alla Borsa Merci di Modena organizzato da Camera di Commercio e Borsa Merci di Modena.
A preoccupare sono due ordini di problemi. Il primo, la diffusione della febbre suina. Il secondo, considerato ad oggi ancora più rilevante, l’ormai ben noto embargo russo.
«L’Europa – ha dichiarato il belga Jan Vandaele, del Gruppo Danis NV SA – deve trovare al più presto una soluzione a questo problema spinoso attraverso una pressione politica da parte di tutti gli attori della filiera».
La voce del rappresentante belga è tanto più significativa quanto più consideriamo, come ha fatto notare lo stesso Vandaele, che «il Belgio conta un tasso di autosufficienza pari al 214%. E non è un caso che i prezzi risentano oggi di questa situazione di stallo, con 16 euro per suino macellato, quando normalmente il valore dovrebbe essere pari a circa 22 euro». Dunque, ha concluso l’esperto, «i profitti 2015 dipenderanno in gran parte dalle decisioni politiche che verranno assunte».

Giappone, Cina, Corea del Sud
Anche la Spagna, a fronte di un aumento del patrimonio delle scrofe e di un nuovo calo previsto dei consumi interni, punta molto sul settore dell’export destinato a diventare il mercato principale a fianco di una situazione stabile sui mercati tradizionali rappresentati da Francia (dove l’export ha segnato quota 27% nel 2013 e 26% nel 2014), Italia (12% in entrambe le annate) e Portogallo (12% nel 2013 e 11% nel 2014).
«Cerchiamo di compensare il vuoto lasciato dalla Russia attraverso i mercati dei Paesi terzi. In testa – ha ricordato Miquel Angel Berges Saura, di Mercolleida – figurano Giappone (7%), Corea (3%) e Cina (6%), anche se in quest’ultima il problema è ancora rappresentato dal prezzo, quest’anno ancora più basso rispetto agli anni passati».
In base all’analisi svolta da Mercolleida, risulta che tra gennaio e agosto 2014 le macellazioni in Spagna sono aumentate del +2,5%. Parimenti il censimento dei suini spagnoli ha registrato una crescita della popolazione suinicola del +3,3% tra novembre 2013 e novembre 2014 e un aumento del +5,3% delle scrofe nello stesso periodo.
A trainare i consumi è l’export che, per quanto riguarda la carne, i salumi e i prodotti preparati, è cresciuto nel complesso del +10%, con un aumento del +8% verso l’Unione europea e del +21% verso i Paesi extra-Ue. I grassi e le frattaglie hanno vissuto un aumento nella vendita all’estero del +19% (+29% verso l’Ue e +10% verso i Paesi extra-Ue). Nel complesso, il 2014 sul 2013 ha visto una crescita delle esportazioni pari al +12% (+10% verso l’Ue e + 17% verso i Paesi extra-Ue).

In Francia aumentano i consumi
La Francia rappresenta probabilmente la situazione più simile a quella italiana. Come ha spiegato Jean Pierre Joly, del Marché du Porc Breton, «i nostri prezzi scontano il peso delle norme, dei vincoli e della pressione delle lobby in ambito sia associativo sia politico. In risposta alla chiusura dei tanti allevamenti non si prospettano soluzioni aggregative, né i giovani sono motivati ad entrare nel settore a causa del peso della burocrazia. Di fronte ad una produzione stabile se non in aumento, quello che potrà salvarci sarà la domanda proveniente dai mercati asiatici».
Nel panorama della suinicoltura in Francia nel 2014 spicca un lieve calo della produzione (-0,7%) e un aumento dei consumi (+2,1%). A dare una mano sono stati soprattutto l’aumento dei consumi da parte delle famiglie, le quali hanno scelto più carne suina (+1,1%) rispetto a quella bovina (-3,4%) e avicola (-1,5%). Le stime sul 2015 per quanto riguarda la produzione dei suini è quella di un leggero calo, pari al -1%.
Intanto, proprio in Francia è stato approvato l’utilizzo di un logo del “suino francese” per dare indicazione sui punti vendita che ospitano il prodotto e mitigare il calo dell’export.

Anche la Germania è in calo
Anche in Germania l’embargo si è fatto sentire. Come ha sottolineato Matthias Kohmueller, dell’Agrarmarkt Informations, «prima e dopo il blocco dell’import da parte della Russia, il prezzo euro/capo è passato da 1,5 a 1».
In Germania i suini sono passati da 27,7 milioni di capi nel 2013 a 28,1 milioni di capi nel 2014, per un aumento pari al +1,4%.
L’export di carne suina tedesca nel 2014, scesa del -1,7%, vede in prima linea il nostro Paese, con 387.000 tonnellate, seguito dai Paesi Bassi, con 329.000 tonnellate, quindi dalla Gran Bretagna, con 196.000 tonnellate e dalla Polonia, con 189.000 tonnellate. Figurano poi la Danimarca e la Cina, con 169.000 tonnellate ciascuna, quindi l’Austria (135.000 tonnellate), la Repubblica Ceca (134.000), Hong Kong (128.000) e la Francia (119.000).
L’export di suini vivi è aumentato, passando da 3.349.000 nel 2013 a 3.550.000 nel 2014. In testa, vediamo la Polonia (da 706.000 nel 2013 a 706.000 nel 2014), la Romania (da 342.000 nel 2013 a 488.000 nel 2014), l’Austria (da 352.000 nel 2013 a 417.000 nel 2014), l’Ungheria (da 231.000 nel 2013 a 254.000 nel 2014) e la Repubblica Ceca (da 113.000 nel 2013 a 146.000 l’anno successivo).
Nel 2014 rispetto al 2013, in Germania, si osserva un calo delle macellazioni (-0,5%) e dell’import dei suini vivi (-0,6%). I consumi interni sono calati del -0,2%.
E l’Italia? «Anche nel nostro Paese – ha specificato Roberto Antognarelli, componente della Deputazione della Borsa Merci di Modena e analista del settore suinicolo – sentiamo le conseguenze dell’embargo russo e delle emergenze sanitarie dei Paesi Baltici (mi riferisco in particolare alla peste suina). Inoltre, l’eccesso di offerta stagionale di suini smarchiati che abbiamo vissuto quest’anno si ripresenterà anche nel 2015, seppure in misura attenuata, ma continua».
Antognarelli segnala tra il 2013 e il 2014 un calo del costo medio di produzione che per un kg di carne è passato da 1,526 euro nel 2013 a 1,434 euro nel 2014. Il patrimonio di scrofe in Italia è previsto in diminuzione dai 461.200 capi del 2014 ai 447.200 capi del 2015, mentre l’offerta di maiali grassi si stima scenderà da 9.276.871 capi nel 2014 a 8.908.000 nel 2015.

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Produzione europea. Ora si punta sull’Asia - Ultima modifica: 2015-02-26T12:23:00+01:00 da Sandra Osti

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