Negli ultimi anni, l’allevamento biologico in Europa è stato in costante aumento, soprattutto nel comparto bovino e ovi-caprino. L’allevamento del suino invece non sta seguendo questa tendenza e, al massimo, si attesta sotto il 4% di capi allevati con metodo biologico in Danimarca (rispetto a circa il 27% dei bovini in Grecia e circa il 36% degli ovi-caprini in Lettonia), seguita da Francia, Austria e Svezia (quest’ultima non arriva al 2,5%). L’Italia non rientra nella classifica perché fino a oggi ha fornito solo pochi dati preliminari (Eurostat, 2020). Non sembra, quindi, che la realtà biologica sia interessante per il comparto suinicolo. Nonostante i numeri, è importante conoscere più nel dettaglio alcuni aspetti dell’allevamento biologico perché è probabile che nei prossimi anni anche questo comparto seguirà il trend di crescita di altri settori.
Nove cittadini europei su dieci, infatti, vedono l’allevamento biologico e più in generale quello estensivo più rispettoso del benessere animale, senza ovviamente essere a conoscenza del fatto che anche i sistemi all’aperto possono presentare delle criticità per il benessere animale (Eurobarometer, 2016).
La mortalità dei suinetti
Un nodo critico dell’allevamento moderno è proprio legato alla mortalità dei suinetti. Del resto è questo il problema che anni fa si è pensato di “risolvere” tenendo le scrofe in gabbie parto. Negli ultimi anni la ricerca sta individuando soluzioni più adatte a scrofa e suinetti, ma l’equilibrio tra benessere e rischio di mortalità è sempre al limite. Questa difficoltà è molto evidente nell’allevamento all’aperto dove le condizioni della scrofa e del suinetto sono ottime per quanto riguarda la possibilità di esibire i comportamenti specie-specifici e la libertà di movimento, ma la mortalità dei suinetti prima dello svezzamento è molto elevata.
Uno studio danese pubblicato nel 2018 ha, infatti, osservato che in nove grandi allevamenti biologici di suini (con una numerosità tra 85 e 910 scrofe) un suinetto su tre muore prima dello svezzamento a sette settimane (Rangstrup-Christensen et al., 2018). Le cause di mortalità principali sono nati morti, schiacciamento, denutrizione e infezioni.
Scrofa e suinetti
Tre sono gli elementi da considerare quando si analizza la mortalità dei suinetti negli allevamenti all’aperto: la scrofa, i suinetti stessi e le strutture a disposizione. Vediamo nel dettaglio il ruolo di ciascun elemento (Schild et al., 2020).
L’allevamento biologico favorisce il movimento degli animali, il grufolamento e l’esplorazione (è obbligatorio fornire agli animali materiale di arricchimento, secondo il Regolamento Ue 848/2018). È stato osservato che le scrofe nei sistemi all’aperto camminano tra 1,1 km al giorno a inizio gestazione e fino a 3,4 km a metà gestazione. Questo aumentato movimento permette agli animali di avere muscoli più forti e ridurre il rischio di caduta dei posteriori al termine di un parto molto lungo ed estenuante. Inoltre, tiene sotto controllo l’aumento di peso: alcune ricerche hanno osservato parti di più lunga durata nelle scrofe con un accumulo di grasso dorsale, confermando una chiara relazione tra una buona condizione corporale e parti non problematici. A esempio, le nidiate di scrofe con un peso 10 kg superiore a quello normale hanno una probabilità di mortalità precoce aumentata del 12% e tardiva dell’8% (Wülbers-Mindermann et al., 2002).
In tema di nutrizione, raggiungere cibo e acqua può essere più difficile negli allevamenti all’aperto rispetto a quelli al chiuso, tanto è vero che alcuni allevatori spostano mangiatoie e abbeveratoi nelle vicinanze delle capannine. Questo perché se una scrofa avesse dei problemi locomotori di vario tipo (a esempio una zoppia) potrebbe andare incontro a carenze nutrizionali e disidratazione se non fosse in grado di muoversi.
Sempre a proposito di alimentazione, il consumo di materiale di arricchimento e soprattutto paglia riduce il rischio di costipazione, un ulteriore fattore di complicazione durante il parto. Questo stesso materiale è usato anche per costruire il nido che, essendo un bisogno della scrofa prima di partorire, rilassa gli animali grazie al rilascio di ossitocina.
Tuttavia, studi recenti non hanno trovato una chiara conferma di quest’ultimo beneficio, probabilmente perché purtroppo spesso anche nell’allevamento estensivo si utilizzano ibridi iperprolifici. Questo accade soprattutto in Danimarca dove le scrofe partoriscono in media 19 suinetti, mentre risultati migliori si osservano in Inghilterra dove le scrofe producono mediamente poco più di 12 suinetti, che nascono più robusti e adattati alla vita all’aperto.
Le nidiate troppo numerose sono la prima causa di mortalità prenatale nei suinetti in qualsiasi sistema di allevamento. La prima causa di mortalità postnatale è invece lo schiacciamento da parte della scrofa che è determinato dal comportamento materno della scrofa (cambi di postura, reattività ai richiami dei suinetti) e dalla vitalità della prole. Oltre a questi aspetti, alcune strutture tipiche dell’allevamento biologico possono proteggere di più i suinetti dallo schiacciamento, come le pareti inclinate delle capannine e la presenza della paglia sul pavimento che può ammortizzare il peso della scrofa (Baxter et al., 2009).
L’ambiente e le strutture
Negli allevamenti all’aperto scrofa e suinetti sono esposti a condizioni meteo meno controllabili rispetto all’allevamento al chiuso. Per esempio, in estate, alcuni autori hanno osservato un aumento di suinetti nati morti (30% in più) quando le temperature dentro la capannina erano superiori a 27 °C rispetto a quando erano comprese tra 22 ° e 27 °C (Schild et al., 2019). Allo stesso modo, in inverno, l’isolamento termico delle capannine è molto importante per mantenere una temperatura ideale e costante, compresa cioè tra 11 ° e 14 °C.
L’isolamento termico delle capannine e la presenza di materiali che permettano alle scrofe di termoregolarsi adeguatamente sono anche stabilite da alcuni normative (Danimarca) e raccomandazioni (Inghilterra). In Danimarca, Inghilterra e Svezia è anche richiesto che nella stagione calda i suini abbiano accesso a zone d’ombra e pozze per fare i bagni e rinfrescarsi; in Danimarca questo è obbligatorio quando la temperatura supera i 15 °C all’ombra.
Se la temperatura molto alta è un problema per la scrofa, quella molto bassa lo è per la sopravvivenza dei suinetti. Oltre all’isolamento termico della capannina, la presenza di paglia aiuta la termoregolazione dei suinetti: con una temperatura esterna di 3,9 °C, la temperatura registrata a livello della lettiera era di 23,7 °C, mentre a 50 cm dalla lettiera si abbassava a 11,7 °C (Schild et al., 2019).
Un ultimo aspetto riguarda lo spazio all’interno delle capannine. È stato osservato che troppo spazio a disposizione può aumentare il rischio di schiacciamento da parte delle scrofe e quello di ipotermia dei suinetti che si allontanano troppo dalla madre. Di contro, poco spazio ha comunque degli aspetti negativi tra cui il fatto che i suinetti si alimentano meno e le scrofe rimangono più tempo in piedi.
Le soluzioni migliori sembrano essere quelle in cui la scrofa ha uno spazio limitato a contatto con i suinetti e ha a disposizione un’area di esercizio che non metta a rischio la prole.
Come ridurre la mortalità
Nei sistemi al chiuso l’intervento del personale di stalla al momento del parto salva la vita del 50% dei suinetti, ma nell’allevamento all’esterno questo non è fattibile perché le scrofe non sono abituate al contatto così ravvicinato con l’uomo. Quindi le strade da percorrere devono essere differenti.
In primo luogo, l’uso di linee genetiche meno prolifiche e più rustiche, adatte all’allevamento all’aperto. In secondo luogo, contenere la temperatura ambientale, a esempio, spostando le capannine sotto gli alberi che già forniscono un adeguato riparo. In ultimo, controllare che la copertura erbosa del paddock sia sufficiente perché quando il prato non è abbondante le scrofe tendono a portare più fango all’interno della capannina e questo aumenta l’umidità all’interno, peggiorando il microclima del nido.
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