Benessere dei suini, la parola all’esperta

benessere dei suini
Le aggressioni sono parte del normale comportamento del suino e possono essere molto intense anche nei suinetti
Irene Camerlink si occupa di comportamento sociale dei suini alla Polish Academy of Sciences, in Polonia. Con lei abbiamo parlato di comportamento agonistico, aggressività e tanto altro. Il risultato è un’intervista ricca di spunti pratici

È interessante parlare con Irene Camerlink del benessere del suino, perché può stupirti con una visione di alcune problematiche dell’allevamento diversa dal solito. Abbiamo parlato di comportamento agonistico e aggressività e abbiamo scoperto che i due termini non si possono usare come sinonimi perché uno è normale e l’altro a volte un po’ meno. Irene spiega anche il suo punto di vista rispetto alla percezione degli allevatori sul benessere degli animali, con parole aperte e pragmatiche.

Professoressa Camerlink, molta della sua ricerca in campo riguarda lo studio delle aggressioni nei suini. Perché i suini combattono?
Prima di pensare al motivo per cui i suini combattono in allevamento, bisogna pensare allo scopo di questo comportamento e per farlo è utile ricordare cosa fanno i suini in natura. I suini vivono in gruppi stabili con una chiara gerarchia, si conoscono bene tra loro e per questo motivo non hanno bisogno di combattere costantemente. Un gruppo può essere stabile anche per un anno ed è facile che non si verifichi nessuna aggressione, ma i comportamenti agonistici saranno sempre presenti.

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Nei suini più grandi, ma ancora in crescita le aggressioni diventano più gravi perché il loro peso aumenta e aumenta anche la forza
(foto di M. Farish, SRUC)

 

Quindi, c’è una differenza tra il comportamento agonistico e le aggressioni?
Le aggressioni sono una parte del comportamento agonistico che è composto da una serie di manifestazioni utili a ricordare agli altri soggetti la gerarchia stabilita. Si compone di provocazioni, finte aggressioni che non vengono portate a termine, spostamento fisico di altri soggetti e un ampio repertorio di atteggiamenti di dominanza e subordinazione. La gerarchia serve proprio a evitare di combattere. Anche in natura però, se l’equilibrio del gruppo viene alterato da un nuovo individuo, i suini devono stabilire un nuovo ordine gerarchico.

 

E quindi combattono anche in natura?
Dipende. Se c’è una chiara differenza di stazza o di forza, il più debole evita di combattere perché immagina già quale sarà l’esito finale. Se invece i suini sono simili tra loro uno dei due proverà a vincere sull’altro. Le aggressioni in natura possono essere anche molto intense, ma in spazi aperti il suino perdente potrà sempre scegliere di fuggire.

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Gli stati affettivi di breve durata sono stati ampiamente studiati nel suino, mentre poca ricerca è stata fatta sugli stati affettivi di lunga durata che potrebbero in qualche maniera dirci se gli animali sono felici o no

È esattamente l’opposto di quello che accade in allevamento: suini delle stesse dimensioni che non possono allontanarsi dall’aggressore.
Esatto, per questo le aggressioni in allevamento sono molto intense. L’escalation di aggressività è molto rapida e dura a lungo.

L’aggressività dei suini dipende dal numero di soggetti?
Ci sono alcune ricerche che ci dicono che in condizioni di allevamento le aggressioni si verificano meno frequentemente quando i gruppi sono molto numerosi, anche cento soggetti, per il fatto che sarebbe troppo stancante combattere con tutti quegli animali. Non è chiaro, invece, se siano in grado di creare sottogruppi che facilitino il mantenimento della gerarchia.
Anche lo spazio a disposizione può avere un effetto sulla frequenza o l’intensità delle aggressioni?
Aumentare lo spazio a disposizione per i suini è sicuramente un’ottima scelta e un grande aiuto nei momenti più stressanti come il rimescolamento dopo lo svezzamento. Per esempio, i suini potrebbero essere lasciati in un recinto più ampio per le prime 24-48 ore e poi spostati nel recinto più piccolo dopo che le gerarchie sono state stabilite.

Secondo la sua esperienza, gli allevatori percepiscono come normali le aggressioni tra i suini?
Come ho detto prima, l’aggressività è parte del comportamento agonistico del suino, quindi può essere considerato normale. Non lo è più quando vediamo le lesioni sulla cute dei suini. Il problema è che spesso gli allevatori non controllano i loro animali al momento del rimescolamento e quando li rivedono, magari il giorno successivo, è possibile che alcune lesioni siano già in fase di guarigione, o peggio, che lo sporco le nasconda parzialmente, soprattutto in ambienti abbastanza bui come sono spesso gli allevamenti.

Quali suggerimenti possiamo dare a un allevatore per gestire correttamente l’aggressività nei suini?
Non rimescolare i gruppi! Tuttavia, dal momento che questa è una pratica commerciale che difficilmente verrà abbandonata, il suggerimento è quello di tenere ciascuna nidiata insieme e unirla a una sola altra nidiata. Questo riduce molto le aggressioni perché una parte degli animali già si conosce e quindi deve stabilire la nuova gerarchia solo con pochi soggetti. Grazie alla genetica, i suini hanno dimensioni molto simili, quindi non è più così necessario rimescolare i gruppi. Eventualmente si possono togliere solo i soggetti molto più piccoli della media.

I comportamenti e le emozioni dei suini come sono percepiti da chi lavora costantemente con loro, per esempio gli allevatori o i veterinari?
Gli allevatori sono talmente esposti ai suini tutto il giorno che è forse difficile chiedere loro che cosa vedono o come interpretano alcuni segnali mandati dagli animali. Esistono però alcuni studi interessanti sulla volontà degli allevatori di investire per ridurre le aggressioni in allevamento e ne risulta che solo un piccolo gruppo di allevatori sarebbe disposto a pagare per migliorare questi aspetti, pur senza avere un chiaro ritorno economico.
Per la maggior parte degli allevatori è necessario il legame con l’economia aziendale.

Esiste un modo per aiutare gli allevatori a capire che dovrebbero investire nella cura del benessere dei loro animali e che questo li premierà da un punto di vista economico?
Gli allevatori sono molto interessati ad avere informazioni utili per migliorarsi di giorno in giorno. Io credo che il giusto collegamento sia il veterinario. Gli allevatori si fidano dei loro veterinari e sono proprio loro che dovrebbero aiutarli a migliorare alcune pratiche aziendali. Per fare questo servono dei veterinari ben formati ed empatici, in grado di cogliere i segni di dolore degli animali o le alterazioni del comportamento per fare da guida agli allevatori.

Sono necessari dei corsi già a partire dall’Università e non solo successivamente come formazione extra?
Sicuramente. Io vedo una grande differenza tra gli studenti che si specializzano in benessere animale che sanno che dovranno gestire accuratamente la relazione con i propri animali perché questo facilita le interazioni nelle settimane successive e quelli invece che hanno un’impostazione più clinica, dove un animale riceve un trattamento e poi si passa a un altro. Questo è un bell’insegnamento anche per gli allevatori con i quali si può fare un parallelismo, visto che anche loro con gli stessi animali devono interagirci frequentemente e gli animali spaventati possono essere pericolosi.

Chiudiamo parlando di emozioni, i suini possono essere felici?
Parlare di felicità non mi piace. La felicità è un’emozione a lungo termine ed è difficile da comprendere anche se pensiamo agli esseri umani. Gli animali possono avere degli stati emotivi positivi di breve durata in relazione a un evento specifico. L’accumulo di frequenti stati emotivi positivi può farci ipotizzare che vivano “felici”.

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I suini formano gruppi stabili e con forti legami: stravolgere questi gruppi con il rimescolamento porta a gravi conseguenze in termini di produttività

I suini sono animali capaci di provare stati emotivi positivi perché sono ottimisti e curiosi, ma devono trovarsi nelle giuste condizioni. E mi stupisce ancora che nonostante l’allevamento sia quanto di più distante dalle caratteristiche del loro ambiente naturale, i suini riescano ancora ad avere comportamenti normali e a volte anche a giocare.

Come possiamo convincere allevatori e veterinari dell’importanza di permettere agli animali di sperimentare frequenti emozioni positive?
È sempre difficile trovare il giusto collegamento tra benefici diretti per l’allevatore e benessere degli animali, soprattutto nel caso dei suini all’ingrasso che sono tanti e i cui cicli cambiano frequentemente.
Sappiamo che offrire paglia ai suini permette loro di esplorare e giocare, ma quanta paglia esattamente serve per migliorare le condizioni di vita dei suini e quanta gli allevatori possono davvero utilizzarne bilanciando l’economia aziendale?
Ci potrebbe essere qualche attenzione in più nei confronti delle scrofe che vivono per un periodo più lungo rispetto ai suini, ma anche in questo caso, nonostante sia noto che permettere alle scrofe di costruire il nido riduca la mortalità dei suinetti, gli allevatori non riescono a vedere un chiaro beneficio economico diretto.
E questo è un vero peccato.


Biografia di Irene Camerlink

Irene Camerlink si occupa di comportamento e benessere animale, con particolare attenzione al comportamento sociale dei suini. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Wageningen (Paesi Bassi), ha proseguito la sua carriera prima allo Scotland’s Rural College (SRUC di Edimburgo) e poi presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Vienna (Vetmeduni). Attualmente ha una cattedra come Professoressa associata all’Istituto di genetica e biotecnologia animale della Polish Academy of Sciences in Polonia.

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Irene Camerlink

È anche Editor-in-chief della rivista scientifica “Applied Animal Behaviour Science” e editrice dei libri “Animal Welfare in Practice: Pigs” e “Bridging Research Disciplines to Advance Animal Welfare Science”.
Nel corso della sua carriera ha ricevuto molti premi ed è stimata a livello internazionale per le sue ricerche sul benessere e comportamento del suino unite a genetica, etologia, ecologia comportamentale e scienze sociali. In ultimo, ha anche un piccolo gruppo di suini di una razza polacca locale, la Puławska. Al momento di questa intervista era in attesa dei parti delle scrofe ed era curiosa di capire come si sarebbero comportate nel sistema free farrowing (recinti per scrofe libere durante il parto) che aveva pensato per loro.


Cost Action

Il 4 novembre 2022 è iniziata ufficialmente la COST Action dell’Unione Europea “LIFT – Lifting farm animal lives - Laying the foundation for positive animal welfare”.
L’azione è coordinata dalla Prof.ssa Margit Bak Jensen. Irene Camerlink è responsabile del gruppo di lavoro che garantirà il trasferimento delle informazioni scientifiche agli allevatori e ad altri attori del settore. I rappresentanti italiani di questa azione sono la Prof.ssa Mattiello e la Dott.ssa Battini del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano.


L’obiettivo di questa azione è quello di formare una rete di ricercatori europei per definire il concetto di “benessere positivo” e individuare degli indicatori da includere nei protocolli di valutazione del benessere che ci permettano di dire non solamente quanto gli animali stanno male, ma anche quanto stanno bene, secondo il più recente trend di ricerca che ci dice che l’assenza di sofferenza non è automaticamente benessere.

Benessere dei suini, la parola all’esperta - Ultima modifica: 2023-02-21T22:14:50+01:00 da Lucia Berti

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