Venerdì 15 settembre si è tenuto un webinar, organizzato da Assosuini in collaborazione con Mark Alistair Beghian di Unitec Hub One Health, dal titolo “Biosicurezza in tempo di Peste Suina Africana: spunti di rilfessione e momenti applicativi”, particolarmente rilevante alla luce delle disposizioni del Regolamento Ue 2023/594 (Allegato III - Misure di Biosicurezza Rafforzata), che sottolineano l’importanza cruciale della biosicurezza per l’intera filiera suinicola e per l’intero comparto alimentare italiano nel contrasto all’emergenza Psa.
Nell’occasione Zeno Bernardi ha condiviso la sua esperienza di campo nell’esecuzione di protocolli di igiene e disinfezione mirati al controllo dei punti critici per limitare l’ingresso in allevamento di agenti patogeni e ha ribadito l’importanza strategica di supporti formativi e informativi per il consolidamento della cultura e dei metodi della biosicurezza a lungo termine e non eccezionalmente affrontato in un contesto emergenziale.
Apre la conferenza web Elio Martinelli, presidente di Assosuini, che ci tiene a esporre l’obiettivo di questo incontro virtuale, ovvero condividere la visione e le prospettive di un esperto di campo con la possibilità di un confronto diretto e immediato sull’applicazione pratica ed efficace delle misure di biosicurezza in allevamento. Inoltre, precisa il fatto che si tratta di un incontro tecnico e non politico e che vuole essere uno strumento utile di formazione per tutti coloro che operano nel settore, veterinari, tecnici ed allevatori. Vista l’alta vocazione zootecnica di alcune regioni, in particolare la Lombardia, è importante che ci sia un’elevata professionalizzazione degli interlocutori zootecnici sulla biosicurezza.
Biosicurezza in suinicoltura e abitudine:
due parole a braccetto
Zeno Bernardi apre il suo intervento sottolineando il fatto che non bisognerebbe parlare di biosicurezza solamente nel contesto di un’emergenza epidemica, perché la biosicurezza dovrebbe essere un elemento culturale intrinseco dell’allevatore moderno.
L’allevatore moderno dovrebbe avere un approccio preparato all’igiene e alla biosicurezza considerandole come degli standard di qualità, e valutandole tramite una checklist con conformità totale, parziale e non conformità, a cui si risponde con azioni correttive.
Il negativo impatto economico provocato da Brachyspira, Prrs e Ped è molto meno allarmante rispetto a quello provocato da PSA. Questi agenti infettivi ormai vengono accettati come inevitabili e parte della quotidianità di un allevamento, ma non dovrebbe essere così, perché hanno un grosso impatto negativo sul profitto aziendale ed è semplicemente il frutto della mancanza di cambio di mentalità fra gli allevatori.
Se invece si riuscisse a cambiare approccio e mentalità, inserendo le pratiche di biosicurezza nella quotidianità, facendole diventare un’abitudine, saremmo più pronti e preparati per affrontare momenti emergenziali come quello che stiamo vivendo oggi. Non si può più pensare di non avere una zona filtro, con le porte che si aprono direttamente sugli animali, mettendo in diretto contatto l’ambiente esterno con gli animali.
Biosicurezza e igiene nell’allevamento suinicolo
La biosicurezza è l’insieme di tutte quelle misure che servono a limitare l’ingresso e la diffusione di agenti infettivi all’interno di un allevamento.
L’igiene, invece, è un protocollo di pulizia e disinfezione che riduce la pressione infettiva e assicura adeguati standard igienico-sanitari in allevamento.
L’igiene dovrebbe perciò interrompere la recidivizzazione di problematiche sanitarie in stalla, mentre la biosicurezza dovrebbe non lasciar proprio entrare un agente infettivo.
Le misure di biosicurezza possono essere divise in due macroaree, strettamente correlate ed entrambe ugualmente importanti:
- strutturale
- e comportamentale.
In allevamento ci può essere una perfetta zona filtro con doccia passante, cambio calze etc., ma se il personale adotta un comportamento scorretto, allora vengono vanificati tutti gli sforzi per la costruzione di strutture necessarie per adempiere ai requisiti di biosicurezza.
Aspetti pratici (strutturali) di biosicurezza
Le scarpe sono uno dei punti critici fondamentali, e la loro igiene è sicuramente un aspetto gestionale importante. Un’idea è quella di collocare il parcheggio fuori dal cancello di accesso all’azienda, e in prossimità del cancello sono posizionati dei secchi con calzari di plastica puliti, che consentono al visitatore di entrare in azienda e di accedere allo spogliatoio, dove si tolgono le scarpe senza toglierle dal sovrascarpe. Questo piccolo accorgimento potrebbe sembrare futile, al contrario permette di prevenire la contaminazione di materiale biologico all’interno del perimetro aziendale e in particolare il pavimento dello spogliatoio, ad un costo basso.
Un altro punto critico è l’igiene delle mani, che può essere semplicemente risolto tramite un buon lavaggio con acqua e sapone e l’utilizzo successivo di un disinfettante.
Durante eventi di formazione con gli allevatori, spesso si riscontra confusione sul perché è importante la pulizia delle mani, l’obiettivo infatti è proteggere gli animali dalle mani sporche e non gli umani.
Un metodo semplice, economico ed efficace che può aiutare a gestire la biosicurezza in allevamento è la cartellonistica, che serve ad enfatizzare e a ricordare al personale le pratiche di biosicurezza, che potrebbero essere dimenticate nella routine quotidiana.
Arco di disinfezione: come costruirlo?
Un elemento scottante degli ultimi mesi è l’arco di disinfezione, che dovrebbe essere progettato in modo da essere in grado di erogare un quantitativo di soluzione disinfettante necessario per disinfettare un camion rimorchio.
Per la corretta disinfezione di un camion rimorchio si devono osservare diversi aspetti:
- il numero di ugelli,
- l’angolatura di quest’ultimi
- e la potenza di erogazione dell’acqua della pompa.
La disinfezione di un camion rimorchio è adeguata se si arriva al percolamento del disinfettante dal mezzo, e servono circa 30-40 litri di disinfettante se l’impianto è fatto bene.
Ovviamente un fattore determinante per il successo di utilizzo dell’arco di disinfezione è la scelta del disinfettante. Il regolamento biocidi 528/2012 difende il consumatore al momento dell’acquisto dei prodotti, la cui efficacia deve essere certificata. Inoltre, bisogna utilizzare correttamente i prodotti, perché ciascuno di essi agisce ad una certa concentrazione, con un certo tempo di contatto e solo su determinati materiali, perché potrebbero essere dotati di azione corrosiva verso alcuni.
Anche le pompe d’acqua devono essere scelte correttamente: le pompe ad alta pressione non vanno bene per gli archi di disinfezione, ma conviene usare pompe con grandi portate che non necessitano di grandi potenze in termini di pressione d’uscita.
Il numero di ugelli deve essere tale per cui una parte dell’automezzo non risulti scoperta: più il varco di disinfezione è stretto più devo aumentare il numero degli ugelli.
Sembrerebbe che i patogeni sulle ruote sono inattivati dal calore prodotto durante il movimento; il problema è l’aspetto logistico del nostro territorio, perché un camion si potrebbe trovare ad uno semaforo di fianco ad altri camion che trasportano animali. Il problema quindi è la logistica, e il rischio di contaminazione durante il trasporto non è in nessun modo da sottovalutare. Così come il rischio di trasmissione peri via area, facilitato dalle mosche, che possono comportarsi come veri e proprio trasportatori biologici di virus e batteri; rischio che aumenta in estate per il rapido moltiplicarsi delle mosche favorito dalle alte temperature.
Come gestire l’acqua della piazzola di scolo dell’arco
Alcuni veterinari hanno imposto lo smaltimento specializzato, e l’ente di riferimento è l’Arpa, che in genere prevede l’obbligo di raccolta dei residui della disinfezione e smaltimento tramite ditta specializzata.
Nonostante i disinfettanti non abbiano tutti lo stesso impatto ambientale, alcuni infatti hanno dei residui pari a zero, si dovrebbe comunque essere provvisti di una vasca di raccolta. Bisogna però precisare che in realtà la maggior parte dei 40-50 litri di prodotto usati per la disinfezione dovrebbe rimanere sul camion, e solo in piccola parte percolare.
Un altro problema spesso sollevato da allevatori, tecnici e veterinari è il rischio che l’acqua piovana riempia le vasche di raccolta; a tal proposito il consiglio più seguito è di avere un deviatore che fa in modo che un eventuale residuo raccolto nella platea fluisca in vasca di raccolta solo quando viene usato l’arco, cosicché in caso di pioggia l’acqua piovana fluisca sul terreno e non in vasca.
Non c’è uniformità di interpretazione delle caratteristiche dei varchi di disinfezione; quindi, c’è il rischio che, quando ci si rivolge all’autorità pubblica, si possono avere risposte molto diverse.
La biosicurezza comportamentale dell’autista
Una volta però messe in atto tutte le misure necessarie per assicurare l’igiene del mezzo di trasporto, bisogna assolutamente ricordarsi della biosicurezza comportamentale dell’autista.
L’autista, infatti, spesso entra in allevamento ad aiutare a caricare, pur avendo ben disinfettato il camion, e vanificando tutti gli sforzi fin lì fatti. L’autista dovrebbe rimanere all’esterno del perimetro aziendale, senza mai percorrere la passerella di carico, e nessun animale dovrebbe tornare indietro dopo aver acceduto al piano di carico.
In Danimarca la disinfezione dei mezzi per il trasporto animali vivi e morti avviene solo in aziende autorizzate dallo Stato, e non in ditte private. In Italia una soluzione simile sarebbe anche fattibile dato che i principali impianti di macellazione sono nelle stesse aree.
Fasi di pulizia e disinfezione
Nel grafico 1 vediamo i passaggi di un corretto protocollo di pulizia e disinfezione.
Al termine dell’intera procedura, bisogna mettere sempre in considerazione la colonizzazione delle superfici da parte di microrganismi. Ciò che non si vede non è che non esiste, al contrario bisogna porre maggiore attenzione verso ciò che non si vede, come i microbi sulle superfici. In stalla, senza nemmeno rendersene conto, si allevano moltissimi microbi, per le condizioni favorevoli ambientali di temperatura, umidità e per la presenza di molto materiale organico.
Altri aspetti di biosicurezza da non sottovalutare sono:
- l’igiene del personale,
- derattizzazione e disinfestazione,
- e tutte le attrezzature, che spesso purtroppo vengono dimenticate durante la pulizia, come per esempio il sistema di produzione e distribuzione della broda.
Un metodo efficace per disinfettare tutti gli oggetti che potrebbero essere introdotti in allevamento, come strumenti da lavoro e qualsiasi altro oggetto (fatta eccezioni per i cellulari che di per sé dovrebbero rimanere all’esterno) sono i raggi ultravioletti. La radiazione Uv è efficace quando colpisce direttamente il microrganismo con una certa intensità e per un certo periodo di tempo, aspetti da tenere a mente nel momento in cui si volesse adottare in azienda questo metodo di disinfezione
L’orgoglio degli zootecnici
Oggi è ormai chiaro che è necessario cambiare il modo con cui ci si approccia agli animali: applicare le misure di biosicurezza dovrebbe essere un orgoglio per l’allevatore moderno, che così si sentirebbe di fare tutto il possibile per preservare la salute degli animali nel proprio allevamento. Si deve compiere un salto culturale e costruire una mentalità che faccia della biosicurezza un’abitudine. La biosicurezza è un patrimonio di tutti gli zootecnici e deve essere una competenza di cui andare assolutamente orgogliosi.
L’articolo è pubblicato sulla Rivista di Suinicoltura 9/2023
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