Quanto costa il benessere dei suinetti

Negli allevamenti suinicoli europei, il 20% dei lattonzoli nasce morto o muore nei primi giorni di vita: un problema economico ed etico. Quali interventi gestionali possono contribuire a ridurre questi numeri? E come motivare gli allevatori a metterli in atto?

Alcuni studi riportano una statistica abbastanza sconcertante: negli allevamenti europei, il 20% dei suinetti nasce morto o muore nei primi giorni di vita. La mortalità dei suinetti è considerata una “tecnopatia”, ovvero quelle malattie o problematiche dovute alle pratiche di allevamento ed è, in effetti, causata dalla stretta relazione tra il suinetto, la scrofa e l’ambiente in cui questi si trovano. I suinetti muoiono nel periodo che va dalla nascita allo svezzamento per diverse cause, tra cui l’asfissia al parto, l’ipotermia e lo schiacciamento. L’elevata mortalità dei suinetti è motivo di grande preoccupazione per diverse ragioni. Una di queste risiede nella perdita economica dell’allevamento: alcune ricerche hanno stimato una perdita per nidiata che varia dai 12€ ai 23€, una cifra veramente esorbitante (Niemi et al., 2016). Una seconda ragione di preoccupazione riguarda le implicazioni etiche e di benessere animale a cui il consumatore, e non solo, guarda con grande attenzione: la mortalità dei suinetti dovuta a lesioni, malattie o malnutrizione è associata a dolore e sofferenza ed è quindi inaccettabile (Baxter et al., 2018). In ultimo, ma non per importanza, la riduzione dell’efficienza aziendale impatta negativamente sulla sostenibilità ambientale della produzione di suini (Reckmann et al., 2018).

La maggior parte degli studi condotti finora per valutare e migliorare l’efficienza produttiva ed economica delle aziende suinicole si è concentrata soprattutto su aspetti legati alla sanità animale e alla biosicurezza, mentre scarse sono le informazioni concrete su come le buone pratiche gestionali volte a migliorare il benessere degli animali possano invece avere un peso determinante nell’economia aziendale.

Dal punto di vista degli allevatori, alcune indagini hanno evidenziato che le vaccinazioni, la riduzione della densità degli animali nei recinti, il miglioramento dell’alimentazione, l’aumento del monitoraggio, della biosicurezza e dell’igiene, oltre all’uso degli arricchimenti ambientali, sono le misure ritenute più utili per ridurre le tecnopatie in allevamento. Cosa può motivare gli allevatori a mettere in atto gli interventi sopracitati? Sicuramente la promessa di vedere un aumento della redditività aziendale grazie ad un miglioramento della produttività.

Dal momento che la realtà italiana si confronta con la più ampia realtà europea, è anche bene ricordare che i costi per la produzione del suino non sono uguali in tutti i Paesi (Figura 1). Anche se non abbastanza aggiornati, i dati più recenti sono stati raccolti dall’Università di Wageningen (Paesi Bassi) nel 2015 e ne risulta che l’Italia, per esempio, ha i più alti costi di produzione (1,80€ per kg di carcassa a caldo), mentre l’Ungheria i più bassi (1,40€/kg) nel panorama europeo (Hoste, 2017). Oltre a queste differenze di costi, esistono anche differenze tra Paesi in funzione di quanto la mortalità è alta e per quali ragioni. Per questo motivo, è difficile identificare un solo ambito di intervento, perché alcune soluzioni potrebbero essere adatte a una realtà, ma meno a un’altra.

Scenari a confronto

Un recente studio finlandese (Stygar et al., 2022) ha utilizzato sei Paesi europei (Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi e Spagna) come modello per uno studio sull’impatto di alcuni interventi strutturali e gestionali sull’economia aziendale. Gli autori dello studio chiariscono da subito la difficoltà nell’individuare un buon modello bio-economico in grado di rappresentare correttamente la realtà, ipotizzando una massimizzazione del rendimento netto. Inoltre, per spiegare quale unità di misura hanno utilizzato per i loro calcoli, definiscono come l’impatto della mortalità dei suinetti intervenga nel tasso di riforma della scrofa. Per questa ragione l’unità impiegata per stimare i costi è stata lo spazio/scrofa, ovvero la capacità di stabulazione necessaria per ospitare una scrofa con la propria nidiata durante il ciclo di produzione. Tra i parametri utilizzati, i ricercatori finlandesi hanno incluso i flussi di cassa, la produzione e i parametri sanitari della scrofa e dei suinetti e hanno valutato l’effetto della produttività sulla longevità delle femmine. Hanno poi quantificato il costo di alcuni specifici interventi che sono stati associati in letteratura ad una riduzione della mortalità stimando uno scenario base ipotetico (Tabella 1).

Per motivi di privacy, gli autori dello studio non hanno potuto rendere note le associazioni tra Paesi inclusi nello studio e costi, ma le informazioni sono ugualmente interessanti. E lo sono anche se l’Italia non è tra i Paesi inclusi nello studio. Nello scenario base, il più alto ritorno netto per unità di spazio/scrofa si osserva quando i costi di manodopera, strutture e riforma delle scrofe sono bassi e il prezzo dei suinetti alto. Il valore più basso, invece, per unità di spazio/scrofa si ottiene quando i costi per la manodopera e le strutture sono alti, mentre i prezzi di riforma delle scrofe e di vendita dei suinetti sono bassi. Fino a qua sembra tutto abbastanza scontato. Partendo da questa ipotesi, quanto costa in pratica abbassare dell’1% la mortalità dei suinetti?

Ridurre la mortalità dei suinetti

La riduzione di un punto percentuale della mortalità dei suinetti al momento della nascita costa diversamente in funzione del Paese di riferimento, ma mediamente ci attestiamo su 0.40€ per suinetto (con una variabilità che va da 0.20€ a oltre 0.50€). Complessivamente, i costi aumentano da un minimo di 71€ fino a un massimo di 197€ per unità di spazio/scrofa. Invece, la riduzione di un punto percentuale della mortalità dei suinetti prima dello svezzamento è meno variabile tra Paesi ed è circa di 0.40-0.50€ per suinetto, cifra che corrisponde a 140-180€ per unità di spazio/scrofa. Rispetto allo scenario di costi ipotizzato in letteratura, nei Paesi in cui si è svolta l’indagine l’incremento dei costi di produzione per mettere in atto alcuni cambiamenti è risultato più elevato.

Conviene investire nel benessere animale?

L’analisi ha evidenziato che gli investimenti strutturali sono economicamente sostenibili solo nei Paesi in cui i costi di costruzione sono contenuti, quindi vanno valutati con attenzione. In alcuni Paesi non riescono nemmeno a incidere notevolmente sulla riduzione della mortalità dei suinetti perché non è abbastanza il margine economico per poter intraprendere degli interventi radicali. Due interventi hanno invece portato evidenti benefici economici in tutti i Paesi e sono l’uso degli arricchimenti ambientali e il miglioramento della qualità del rapporto uomo-animale e delle condizioni di vita in allevamento. Piccoli e poco costosi interventi, come aggiungere dei legni o della fibra nel recinto delle scrofe o aumentare le interazioni positive durante il ciclo produttivo, hanno un grande impatto sulla redditività aziendale, più di quanto non lo abbiamo interventi massicci e dispendiosi, spesso ritenuti di grande importanza. Un risultato molto simile era stato già evidenziato in altri studi che avevano valutato l’impatto economico di intervenire per ridurre l’insorgenza di casi di morsicatura della coda.

A questo punto, si tratta “solo” di trasmettere queste informazioni agli allevatori. Qualche riga più sopra facevo un chiaro riferimento a cosa gli allevatori giudicano più utile per ridurre le tecnopatie in allevamento (riduzione della densità degli animali, aumento del monitoraggio, ecc…). Serve, quindi, spiegare con dati alla mano raccolti rigorosamente, che non è sempre necessario spendere molto per ottenere ottimi risultati sia per gli animali sia per la produttività aziendale, ma che è invece necessario farlo per restare al passo coi tempi, sia economicamente sia per l’immagine del comparto.

Quanto costa il benessere dei suinetti - Ultima modifica: 2023-04-25T11:15:13+02:00 da Annalisa Scollo

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