Il tema del rispetto del benessere animale ha assunto una crescente rilevanza e tutto il comparto zootecnico nell’ultimo decennio si è dovuto costantemente adeguare a una normativa comunitaria sempre più specifica e vincolante. Venendo alla questione del divieto di taglio routinario della coda dei suini, l’obbligo discende dalla direttiva 2008/120/CE e dalla raccomandazione Ue 2016/336, emanata due anni fa, con la quale la Commissione Ue invita gli stati membri a ridurre questa pratica a casi eccezionali e a non applicarla come attività di routine, rimarcando la necessità di implementare le soluzioni necessarie per migliorare le condizioni ambientali degli allevamenti, come l’utilizzo di materiale manipolabile.
Dallo scorso autunno la Commissione europea ha promosso una serie di audit specifici in diversi Stati membri (Spagna, Danimarca, Olanda, Francia e Germania) per verificare il rispetto dell’applicazione delle Linee guida sul divieto di taglio della coda che hanno delineato una situazione particolarmente delicata. La pratica è ancora largamente adottata con un’unica eccezione: gli allevamenti finlandesi. Il nostro Paese può dunque, una volta tanto, condividere le preoccupazioni con il Nord Europa dove la Danimarca con un patrimonio di 32 milioni di capi ne annovera solo circa 500mila senza coda cauterizzata. A fronte della problematica emergente e delle pressanti richieste di adeguamento da parte comunitaria il Copa ha convocato un tavolo di lavoro a Bruxelles per condividere le strategie da attuare.
Gli adempimenti richiesti sono insostenibili
Ad aprile e a maggio si sono svolti due incontri dedicati con la partecipazione delle Op agricole europee, erano presenti oltre 25 delegati provenienti da tutta la Ue a dimostrazione della fortissima attenzione sul tema. Tra questi anche l’allevatrice piacentina Giovanna Parmigiani, componente di Giunta nazionale di Confagricoltura. «Vi è la consapevolezza che il problema sia serio – spiega Parmigiani – e come tale va affrontato in maniera decisamente coesa dalla rappresentanza degli allevatori sia in sede nazionale che in sede comunitaria. Occorre far presente, infatti, che il fatto che il divieto del taglio della coda sia così poco applicato non è segnale di una scarsa attenzione del sistema allevatoriale ai temi del benessere, ma piuttosto che gli adempimenti richiesti sono insostenibili per gli allevatori europei che già rispettano diversi requisiti che invece non sono richiesti nei Paesi terzi. La Commissione ha comunque definito un percorso preciso che obiettivamente con difficoltà riusciremo a mutare nella sostanza. È chiaro, a questo punto, che si debba agire sulla Commissione per assicurare innanzitutto un’applicazione graduale, coordinata e uniforme a livello europeo. Il rischio concreto – rimarca Parmigiani – è che, mossi dal timore dell’apertura della procedura d’infrazione, i Paesi rispondano eterogeneamente introducendo, al lato pratico, oneri sugli allevamenti ed esponendoli alle distorsioni economiche che l’applicazione difforme delle norme genera in un mercato comune».
La check list presentata dal ministero della Salute
In ogni caso, Confagricoltura sta presidiando la situazione anche sul piano nazionale dove il presidente della federazione di Prodotto allevamenti suini, il romagnolo Claudio Canali, ha preso parte alla riunione di presentazione della check list presentata dal ministero della Salute. Ministero che, tuttavia, ha definito a inizio 2018 un programma di interventi istituendo uno specifico gruppo di lavoro coordinato dal Centro di referenza nazionale Izs sul benessere animale di Brescia e il ministero della Salute, al quale però non sono state invitate le organizzazioni agricole.
Questo specifico gruppo di lavoro ha definito un Piano programmatico di rapido intervento con una check list operativa che introduce una serie di controlli, con la prospettiva che, nell’arco temporale di un prossimo triennio, siano adottate in tutti gli allevamenti una serie di implementazioni strutturali, alimentari e tecnico-gestionali. «Il Piano programmatico e la check list per i controlli sono stati presentati il 29 maggio – riferisce Canali – come Confagricoltura abbiamo avuto modo di produrre le nostre osservazioni, non tutte, come del resto era attendibile, sono tate recepite, possiamo però dire che si tratta di un percorso in linea di condiviso, quanto meno dal punto di vista tecnico, non certamente, dal punto di vista della genesi e delle scelte politiche».
Canali è un allevatore proprietario di 6 allevamenti: una scrofaia, 3 dedicati all’accrescimento dei capi nati in azienda e 2 per l’accrescimento di capi importati. Sta avviando prove sperimentali che prevedono di non tagliare la coda a gruppi di animali e metodi per provare a ridurre il dolore dell’intervento sui suinetti, come quella che prevedeva l’uso di ghiaccio spray. «Sono attento – racconta Canali – nei box metto spesso anche della cipolla fresca perché l’odore inibisce la tendenza alle morsicature. Come me, molti allevatori hanno fatto qualcosa mossi dal problema, però va anche detto che la cauterizzazione della coda provoca una sofferenza insignificante rispetto a quella, ricca di conseguenze anche importanti per la salute del capo, a cui può essere sottoposto il suino nel caso in cui la coda sia morsa da un suo simile. Resta dunque importante valutare il rischio concreto del verificarsi di queste situazioni».
Leggi l’articolo completo sulla Rivista di Suinicoltura n. 6/2018
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