Dopo che è stata pubblicata la proposta di modifica relativa al disciplinare di produzione del Prosciutto di Parma nella Gazzetta ufficiale n.195 del 5 agosto 2020, abbiamo sentito il parere di alcuni allevatori sui contenuti. Il provvedimento, da tempo atteso, giunge dopo le polemiche degli anni scorsi che avevano colpito il prosciutto di Parma e dovrebbe normalizzare tutti i processi produttivi.
Necessario maggiore coinvolgimento degli allevatori
Stefano Salvarani, allevatore in provincia di Mantova, afferma: «Il nuovo disciplinare è frutto di un lungo processo di lavoro e di affinamento che ha interessato tutti gli aspetti della filiera, fino al prodotto finale. Come allevatori avremmo gradito un maggiore e più tempestivo coinvolgimento, soprattutto per la parte che riguarda i controlli in allevamento. In ogni caso – aggiunge Salvarani –, ora che il testo è uscito, speriamo possa rappresentare la svolta decisiva per il prosciutto di Parma e che possa ridare ossigeno a tutti i componenti della filiera, in particolare agli allevatori».
E continua: «Sarebbe opportuno incidere maggiormente sui circuiti commerciali internazionali, sulla scorta di quanto si fa, ad esempio, in Spagna, i cui prodotti non hanno nulla da invidiare ai nostri. Per fare questo è indispensabile che la filiera tutta lavori in modo coeso e compatto, a prescindere dal disciplinare. Concetto che vale soprattutto per la produzione e il confezionamento del prodotto in vaschetta, per il quale potrebbe essere più facile confondere i consumatori. Come allevatori – conclude l’imprenditore mantovano –siamo in grado di fornire le massime garanzie e chiediamo al consorzio di tutela, nel quale siamo poco rappresentati, che la materia prima da noi fornita, ossia la coscia, venga valorizzata al meglio lungo tutti gli altri passaggi della filiera. È poi auspicabile un grande impegno dal punto di vista promozionale e commerciale».
Disciplinare Parma: più attenzione ad alimentazione, genetica ed economia
Secondo Davide Berta, allevatore della provincia di Cremona: «La pubblicazione delle proposte di modifica del disciplinare di produzione del Prosciutto di Parma è senz’altro un fatto positivo, tuttavia ritengo che dal punto di vista degli allevatori si debbano apportare alcune modifiche e migliorie. In particolare andrebbero rivisti gli aspetti legati all’alimentazione degli animali e alla genetica, tematiche sulle quali stiamo già lavorando insieme agli uffici di Confagricoltura e al presidente della Federazione nazionale, Claudio Canali. Siamo fiduciosi che le nostre proposte verranno prese in esame».
«Inoltre – prosegue Berta – una considerazione più generale sul disciplinare deve riguardare gli aspetti economici dell’allevamento. Il suino pesante allevato e destinato alla produzione di prosciutti di qualità è una specialità tipicamente italiana. Gli allevatori non hanno molta scelta sull’indirizzo produttivo da seguire anche perché sono condizionati dai macelli che a loro volta sono specializzati nella lavorazione di questo tipo di suino. Ciò significa che, pur essendo volontaria l’adesione al Consorzio del Parma o ad altri Consorzi, di fatto, la scelta sul tipo di suino da allevare è obbligata. Da qui l’esigenza che anche l’aspetto economico della fase di allevamento abbia un giusto riconoscimento. Cosa che non sempre è avvenuta».
Serve più dialogo
Anche Giovanni Favalli, allevatore in provincia di Brescia, mette l’accento sui rapporti con il Consorzio del Parma: «È una struttura in cui gli allevatori praticamente non hanno voce in capitolo in quanto godono solo di una minima rappresentanza.
E questo è grave, sia perché siamo di fronte a un ente di diritto pubblico, sia perché la programmazione con i piani produttivi è alla base di tutta la loro attività e quindi della filiera. Inoltre – continua Favalli –, c’è da dire che ultimamente le loro scelte, le quali in pochi anni hanno portato da 14 a 6 milioni di cosce, sono state piuttosto discutibili».
«Un altro aspetto del nuovo disciplinare che ci tengo a segnalare – conclude Favalli – è relativo ai cosiddetti “ruffiani”, i suini vasectomizzati usati in allevamento, e sui quali non è possibile fare le operazioni previste per gli animali adulti. Sono soggetti di peso notevole e non è proprio come lavorare con i suinetti».