La lotta alla resistenza agli antibiotici che tanta preoccupazione ha generato e genera tuttora in medicina umana sta coinvolgendo da tempo anche il settore zootecnico: bovino, suino, avicunicolo e ovicaprino. Oggi i primi dati disponibili e raccolti in modo sistematico mostrano un deciso calo nel loro uso.
La lotta all’antibiotico o antimicrobico resistenza (Amr) è stata intrapresa su scala globale. Anche dall’Unione europea, dopo che si è visto un notevole incremento nell’uso di antibiotici sia in medicina umana che animale, fenomeno che ha contribuito allo sviluppo di ceppi batterici resistenti agli antibiotici e al loro diffondersi nella popolazione causando un aumento della mortalità dovuta alla loro propagazione.
La Regione Lombardia ha reso pubblici i primi dati relativi ai risultati del piano contro l’antibiotico resistenza in zootecnia a partire dal secondo semestre 2019. Pubblicazione resa possibile dalla raccolta sistematica dei dati sull’uso di antibiotici grazie all’entrata in vigore dell’obbligo della ricetta elettronica da parte dei veterinari e alla sua tracciabilità digitale, cosa che ha consentito proprio anche la registrazione sistematica dell’acquisto di antibiotici a uso zootecnico.
Prima di questa data era molto difficile poter disporre di dati organizzati dal sistema pubblico in modo sistematico per poter effettuare delle valutazioni oggettive sull’impiego di antibiotici in allevamento.
Cosa che nel settore dell’allevamento italiano, insieme a quello spagnolo (pare i due paesi maggiormente interessati dal fenomeno), ha attirato gli strali della Unione europea che ci ha messo sotto accusa per un elevato uso di farmaci e antibiotici in allevamento. Accusa agevolata probabilmente anche dalla elevata concentrazione di allevamenti in alcune aree del paese, segnatamente la Pianura Padana e dal loro elevato livello di professionalità e di intensità produttiva.
Antibiotici: percentuali in calo
I primi dati raccolti denotano una sensibile diminuzione nel loro impiego, come ci dice Carlo Rusconi, veterinario in forza all’Ats Valpadana .
«Nelle due provincie di Cremona e Mantova abbiamo rilevato ottimi risultati confrontando, dati alla mano, l’uso di antibiotici in allevamento nel secondo semestre 2019 con quelli del primo semestre 2020. Il confronto su un periodo abbastanza lungo come un semestre può essere consideratopiuttosto significativo per descrivere la tendenza in atto. Ebbene mediamente nel primo semestre del 2020, nella specie bovina si è riscontrata una diminuzione del 6% rispetto al semestre precedente, mentre il confronto nello stesso periodo nella specie suina registra una diminuzione del 4%».
Sono percentuali in calo decisamente importanti, e replicate in tutta la Regione, se rapportate a numeri di valore assoluto. A quanto affermato da Rusconi va poi detto che la riduzione del loro uso in allevamento era in atto già da tempo stando a quanto dicono gli addetti ai lavori, come a esempio i rappresentanti di prodotti farmaceutici a uso zootecnico. Anche se i loro dati, per ovvie ragioni commerciali, non sono disponibili.
Maggiore responsabilità da parte di allevatori e veterinari
Le valutazioni espresse da Rusconi vengono confermate anche dal Loris Alborali, dell’Istituto Zooprofilattico di Lombardia ed Emilia Romagna: «Stiamo elaborando i dati raccolti durante tutto il 2020 nelle due regioni di nostra competenza e non posso che confermare la tendenza a una decisa diminuzione nell’uso di antibiotici nelle diverse fasi dell’allevamento. C’è una maggiore responsabilità da parte di allevatori e veterinari nel loro uso. Oggi la tendenza peraltro corretta è quella di limitarne l’impiego ai soli casi che ne necessitino l’uso. E questo ha comportato una decisa diminuzione nel loro uso». I dati completi e aggregati su vasta scala, anche nazionali, saranno disponibili tra qualche mese e allora si potranno trarre delle conclusioni maggiormente supportate dai dati.
E comunque è appurato che questa tendenza sia destinata a continuare visto che ormai la lotta alla antibiotico resistenza è diventata di dominio pubblico e riguarda anche aspetti commerciali come sempre più spesso annunciano pubblicità ed etichettature volontarie.
Dai trattamenti di massa alle cure individuali
«È così, conferma Rusconi, la tendenza ormai consolidata è di passare da trattamenti di massa a cure individuali e se questo è più facile per il bovino è molto più problematico per il suino.
E questo può spiegare la minore riduzione nella specie suina rispetto a quella bovina. Ma il risultato più importante è stato ottenuto in avicoltura dove negli ultimi cinque anni si è avuta una diminuzione nell’uso di antibiotici nella fase di allevamento del 90% a causa della loro sostituzione con le vaccinazioni».
Più credibili agli occhi dell’Ue
Dunque si può concludere dicendo che questa strada è stata imboccata ormai in via definitiva e, grazie ai dati raccolti in modo sistematico con la ricettazione elettronica, potrà essere seguita costantemente nella sua evoluzione. Oltre ai benefici diretti consentirà di ottenere un altro importante risultato: quello di acquisire una maggiore credibilità nei confronti delle istituzioni e in particolare della Unione europea che in più di una circostanza ha accusato l’Italia di non produrre dati attendibili sull’utilizzo di farmaci e antibiotici in zootecnia