Il settore suinicolo piemontese produce grandi quantità di reflui che possiedono un rilevante potenziale fertilizzante se reimpiegati in modo agronomicamente efficiente. La Provincia di Cuneo è la realtà produttiva piemontese a più elevata vocazione zootecnica, con circa 900.000 capi allevati. Inoltre, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo del settore della produzione di biogas attraverso il processo di digestione anaerobica (Da). Con l’applicazione della Direttiva Nitrati (91/676/CEE), oltre 112.000 ha della Provincia di Cuneo sono stati classificati come Zone Vulnerabili ai Nitrati (Zvn) e in alcuni casi gli allevatori si trovano costretti a dover fronteggiare il problema della gestione dei nutrienti in eccesso rispetto alle superfici aziendali a loro disposizione. Una possibile soluzione a tale eccedenza è la delocalizzazione dei nutrienti verso areali a minore densità zootecnica. In particolare, il territorio cuneese presenta oltre 16.000 ettari dedicati a colture arboree da frutto, tradizionalmente gestite impiegando prevalentemente fertilizzanti di sintesi, con costi sempre maggiori e una progressiva perdita di sostanza organica nei suoli. Il trasferimento e l’impiego di parte del carico azotato delle aziende zootecniche nei frutteti rappresenta, quindi, un vantaggio da un punto di vista ambientale, agronomico ed economico per il sistema produttivo agricolo cuneese.
In questo quadro, nell’ambito del progetto Agriclose (Improvement and disclosure of efficient techniques for manure management towards a circular and sustainable agriculture, LIFE17 ENV/ES/000439), il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (Disafa) dell’Università di Torino ha sviluppato delle attrezzature e tecniche gestionali innovative per rendere sostenibile la gestione e la valorizzazione dei reflui zootecnici nei frutteti.
Nello specifico, le attività del progetto hanno previsto (figura 1):
- la valorizzazione energetica ed agronomica del refluo zootecnico mediante il processo di digestione anaerobica;
- la separazione meccanica del liquame con l’obiettivo di ottenere una frazione solida più convenientemente trasportabile e distribuibile;
- l’acidificazione delle frazioni (solida e liquida) separate dal liquame mediante l’impiego dello zolfo (S) in polvere per abbattere le emissioni di ammoniaca e gas ad effetto serra durante le fasi di stoccaggio (Dinuccio et al., 2019) e distribuzione;
- l’ottimizzazione della distribuzione dei reflui (frazione solida acidificata, digestato) attraverso soluzioni che, avvalendosi dell’agricoltura di precisione, sono in grado di garantire l’applicazione della dose di fertilizzante desiderata sulla frazione di terreno interessata dallo sviluppo radicale delle piante da frutto.
L’acidificazione del liquame
Presso l’azienda suinicola Bonetto di Racconigi (Cn), è stato realizzato un prototipo in grado di effettuare il trattamento di acidificazione delle frazioni (solida e liquida) separate dal liquame di suino mediante l’impiego dello zolfo in polvere. Per l’acidificazione del liquame è stato deciso di utilizzare lo zolfo in polvere in quanto, a seguito di uno studio precedente (Dinuccio et al., 2019), è stata dimostrata la sua efficacia per ridurre le emissioni di ammoniaca (NH3) e gas a effetto serra durante le fasi di stoccaggio e distribuzione degli effluenti di allevamento, inoltre permette una gestione più sicura rispetto all’utilizzo di acidi forti.
Il prototipo (foto 1) è costituito da:
- una prevasca miscelata che riceve il liquame tal quale proveniente dai diversi settori dell’allevamento;
- una sezione di trattamento del liquame composta da una vasca di capacità pari a circa 12 m3 dotata di apparecchiature ausiliarie (due agitatori meccanici, due sensori di livello necessari per la regolazione dei flussi di liquame) e da una tramoggia di stoccaggio dello zolfo in polvere equipaggiata con un sistema automatico di dosaggio del prodotto;
- una sezione di separazione del liquame additivato;
- un sistema elettronico di gestione e sincronizzare delle diverse fasi del processo.
Il prototipo è stato dimensionato tenendo conto di una capacità media di lavoro del separatore pari a circa 12-15 m3/h. In particolare, un ciclo completo di trattamento del liquame, della durata di 25 minuti, è suddiviso in 3 fasi principali:
- carico del liquame tal quale nella vasca di additivazione;
- miscelazione e dosaggio dello zolfo in quantità variabile tra lo 0,2 allo 0,5% in peso, in relazione alle caratteristiche del refluo;
- scarico della vasca e invio dell’effluente additivato al separatore, il quale ha lo scopo di separare la parte liquida dalla parte solida.
Le emissioni di ammoniaca e gas ad effetto serra durante lo stoccaggio della frazione solida separata di liquame suino acidificato (2 kgS/t) sono state misurate e confrontate con quelle di un testimone non acidificato. I risultati hanno confermato che l’acidificazione con lo zolfo in polvere è una tecnica in grado di abbattere in maniera significativa le emissioni di gas inquinanti nella gestione della frazione solida separata. In particolare, nelle specifiche condizioni di prova, la frazione solida acidificata ha evidenziato una riduzione delle emissioni di NH3 in media del 35% rispetto a quelle misurate dalla frazione solida non acidificata (testimone) (foto 2).
Le macchine per la distribuzione dei reflui zootecnici nelle colture arboree
La fase di distribuzione dei reflui zootecnici in frutteto richiede macchine dedicate e versatili, in grado di adattarsi a diverse larghezze dell’interfila e distribuire il prodotto in modo uniforme e alla dose desiderata nelle diverse fasi fenologiche della coltura. Nell’ambito del progetto sono stati messi a punto uno spandiliquame e uno spandi separato (foto 3) specificamente concepiti per la concimazione organica delle colture da frutto a rateo variabile sulla base delle mappe di fertilità.
Lo spandiliquame è dotato di un serbatoio a pressione atmosferica della capacità di 5m3 e di un sistema di distribuzione del tipo a tubi striscianti, alimentati da una pompa volumetrica a lobi e da un elemento ripartitore a barilotto a dodici uscite. Al fine di poter adattare lo spandiliquame a diverse ampiezze dell’interfila, il sistema a tubi striscianti è azionato da due bracci idraulici che possono essere allontanati e avvicinati tra loro, in modo tale da aumentare o diminuire la larghezza di lavoro.
Lo spandi separato solido ha una capacità complessiva di 4,5m3. Il sistema di distribuzione -posizionato posteriormente - è alimentato da due convogliatori a tapparella ad azionamento idraulico, ciascuno abbinato a un disco centrifugo la cui velocità di rotazione ed inclinazione possono essere regolati in modo tale da poter adattare la larghezza di lavoro a interfila di diverse ampiezze. Entrambe le macchine sono dotate di un singolo assale e di un sistema per il controllo e la regolazione della dose distribuita (figura 2).
Le prove funzionali condotte sullo spandiliquame hanno messo in evidenza una buona uniformità di distribuzione sia in senso longitudinale, sia trasversale alla direzione di avanzamento della macchina. Nel caso dello spandi separato solido, l’uniformità di distribuzione trasversale è risultata essere influenzata dall’inclinazione di ciascun disco centrifugo, che “allarga” il prodotto sul suolo . I migliori risultati, sia in termini di uniformità di distribuzione, sia in termini di localizzazione del prodotto nella fascia di terreno dove l’assorbimento radicale è massimo, si ottengono con un’inclinazione del disco di circa 30° rispetto all’orizzontale.
Nel corso degli interventi di concimazione effettuati in frutteto, i sistemi di controllo e regolazione della dose distribuita installati sulle due macchine hanno sempre consentito di applicare le dosi di reflui desiderate.
Conclusioni
Le soluzioni tecnologiche realizzate nell’ambito del progetto consentono non solo di ampliare le superfici regionali disponibili per la distribuzione delle quote di azoto eccedenti, ma anche di valorizzarne il loro impiego come fertilizzanti organici.
Nell’ottica di contenere i costi di delocalizzazione, è tuttavia necessario operare una corretta scelta dei cantieri di trasporto e distribuzione di questi sottoprodotti. Come emerso dalla sperimentazione, utilizzando mezzi di trasporto di elevata capacità (es. autocisterne da 30 m3), è possibile raggiungere appezzamenti ubicati anche a distanze di oltre 20 km sostenendo una spesa inferiore a quella necessaria per l’affitto di terreni in asservimento adiacenti all’allevamento. Poiché l’acquisto di tali mezzi è, tuttavia, difficilmente sostenibile per aziende di piccole e medie dimensioni, si ritiene che debba essere incentivata la nascita di imprese di contoterzismo specializzate in questo tipo di attività.