Nel quadro di eccellenza delle produzioni zootecniche lombarde, la pressione ambientale degli eccessi di nutrienti derivanti da effluenti di allevamento è un punto di debolezza del settore che richiede opportune soluzioni tecnologiche e gestionali. Gli effluenti zootecnici nonostante siano una fonte importante di nutrienti per le colture, possono trasformarsi in una fonte considerevole di inquinamento ambientale se la catena di gestione degli effluenti non è ottimale. Diverse soluzioni gestionali e tipologie di trattamento sono state proposte per ridurre l’impatto ambientale degli effluenti zootecnici e negli ultimi decenni sono state sempre più applicate, a seguito della specializzazione delle produzioni animali e dal rafforzamento dell’applicazione delle politiche ambientali dell’Ue.
Soluzioni praticate o praticabili
Le soluzioni proposte per mitigare le emissioni, quali la copertura degli stoccaggi sono efficaci ma non consentono di risolvere le criticità delle aziende agricole con surplus e nel complesso non riducono la quota di azoto zootecnico che l’azienda deve gestire sui propri terreni.
Si rende necessario quindi spostare l’attenzione verso un trattamento dell’effluente e tra quelli più consolidati rientrano la separazione solido-liquido per una successiva delocalizzazione della frazione solida del separato e del relativo contenuto di azoto, oppure la rimozione biologica dell’azoto in condizioni aerobiche che non permette il recupero dell’azoto ma lo elimina sotto forma di azoto atmosferico (N2), a costi energetici ed economici considerevoli. Questo trattamento inoltre ha alcune limitazioni dal punto di vista dell’applicabilità: nel documento conclusivo sulle migliori tecniche disponibili (Bat) concernenti l’allevamento intensivo di pollame o di suini, ai sensi della direttiva 2010/75/Ue del Parlamento e del Consiglio, tale trattamento viene considerato non applicabile per i nuovi impianti.
Un processo di recupero dell’azoto potrebbe essere vantaggioso per produrre un fertilizzante minerale facile da trasportare e da utilizzare sulle colture. Per questo motivo i processi di rimozione dell’azoto fisico-chimico come la formazione di struvite, la filtrazione a membrana o lo strippaggio a caldo dell’ammoniaca sono più allettanti dei processi biologici.
Lo strippaggio dell’ammoniaca
In particolare, lo strippaggio dell’ammoniaca è stato testato con successo per rimuovere l’azoto da diverse tipologie di refluo (zootecnico, civile, percolato di discarica) ottenendo la produzione di un fertilizzante minerale. L’efficienza del processo dipende da quattro fattori principali: pH, temperatura, rapporto aria-volume liquido e caratteristiche del liquido. Gli impianti funzionano riscaldando l’effluente fino a 80 °C, aggiungendo calce o soda per aumentare il pH a 10,5-11 e accelerare la volatilizzazione dell’ammoniaca.
Sfortunatamente, la temperatura e la modifica del pH richiedono entrambi uno sforzo supplementare e spesso comportano costi aggiuntivi, richiedendo l’uso di sostanze chimiche pericolose che introducono problemi di salute e sicurezza. Di fatto sono presenti rilevanti limitazioni nella sua applicazione pratica nelle aziende agricole.
Una semplificazione del processo di strippaggio è però possibile cambiando approccio al trattamento, passando a uno strippaggio semplificato a lento rilascio. In questa configurazione il liquame viene miscelato e aerato, il pH aumenterebbe a causa della rimozione di CO2 e si potrebbero ottenere efficienze di rimozione dell’azoto buone senza riscaldare l’effluente a temperature troppo elevate, senza l’uso di prodotti chimici, anche se con tempi di trattamento più lunghi.
Lo strippaggio semplificato ha pertanto potenzialità molto interessanti sia in termini di prestazioni che nella gestibilità e nel costo.
Il progetto ConservA
Il progetto ConservA (Impianto innovativo per la rimozione Conservativa dell’Azoto da effluenti zootecnici e digestato), finanziato da Regione Lombardia nell’ambito del Programma di sviluppo rurale 2014-2020, misura 16, nasce da una serie di esperienze e attività che ha coinvolto a diverso titolo i partner (Università di Milano, quattro aziende zootecniche e l’Associazione regionale allevatori della Lombardia) sulle problematiche della gestione degli effluenti. Costituisce la possibilità di concretizzare una soluzione tecnologica per la rimozione conservativa dell’azoto dagli effluenti di allevamento che è scaturita da ricerche svolte dal partner universitario ma che è era già stata condivisa con allevatori e tecnici.
Il progetto prevede la realizzazione di un impianto pilota che si basa su un sistema chiuso dove il liquame viene miscelato in continuo e viene lambito da un flusso di aria che rimuove l’ammoniaca che viene rilasciata dalla superficie del liquido (figura 1). Per favorire ulteriormente il rilascio di ammoniaca è possibile aumentare la temperatura e/o aumentare il pH del liquame, a esempio aggiungendo calce.
Tab. 1 - Caratteristiche del digestato all’inizio e alle fine dell’esperimento | ||||||||
prova 1 | prova 2 | |||||||
inizio | 30°C | 40°C | 50°C | inizio | 30°C | 40°C | 50°C | |
Azoto totale (g/L) | 4,5 | 2,3 | 1,7 | 1,16 | 2,96 | 1,82 | 1,03 | 1,07 |
Azoto ammoniacale (g/L) | 2,38 | 1,34 | 0,78 | 0,49 | 2,09 | 0,69 | 0,28 | 0,09 |
Sostanza secca (%) | 3,14 | 2,96 | 2,95 | 2,92 | 2,89 | 2,76 | 2,61 | 2,44 |
Efficienza rimozione azoto totale | 49% | 62% | 74% | 39% | 65% | 64% | ||
Efficienza rimozione azoto ammoniacale | 44% | 67% | 79% | 67% | 87% | 96% |
I risultati preliminari dell’applicazione di questo principio sono stati estremamente interessanti. A esempio la tabella 1 riporta i risultati di due prove effettuate con la frazione liquida di un digestato dopo separazione con vite elicoidale. Entrambe le prove hanno previsto una durata di 10 giorni e il confronto della rimozione dell’ammoniaca a tre diverse temperature (30°C, 40°C e 50°C). La prima prova è stata svolta senza utilizzo di additivi mentre nella seconda il pH è stato portato da 8 a 9 con l’aggiunta di calce.
Da tener presente che il mantenimento delle temperature testate consentirebbe di sfruttare la quota di calore prodotto dai cogeneratori degli impianti di biogas non utilizzata per il riscaldamento dei digestori.
In entrambe le prove si sono ottenute efficienze di rimozione dell’azoto ammoniacale rilevanti e paragonabili a quelle ottenibili in impianti più complessi. Le efficienze di rimozione aumentano ovviamente con la temperatura e con l’incremento del pH iniziale.
Queste prove hanno evidenziato il potenziale di una tecnologia di strippaggio basata su un tempo lungo di trattamento senza additivi o con un limitato aggiustamento del pH, per ottenere riduzione del contenuto ammoniacale nel digestato fino al 90%.
Anche se il processo risulta più rapido quando la temperatura è più alta, anche a temperatura ambiente si sono ottenuti buoni risultati anche a temperatura ambiente (circa 20°C), utilizzando tempi di trattamento dell’ordine dei 15 giorni.
I risultati delle sperimentazioni svolte hanno fornito le indicazioni per la progettazione dell’impianto pilota in corso di realizzazione, in grado di trattare liquami zootecnici e digestato con una capacità complessiva netta di 14 m3 di liquame in modo da trattare 1-2 m3/giorno con tempi di ritenzione idraulica di 7-14 giorni.
Le giornate dimostrative
L’impianto pilota è in corso di realizzazione presso una delle aziende partner del progetto e a partire dalla prossima primavera verranno organizzate delle giornate dimostrative per illustrare il funzionamento dell’impianto e i risultati ottenuti.
In particolare, verrà dimostrata la possibilità di estrarre l’azoto in forma minerale dagli effluenti e di utilizzare il prodotto ottenuto come fertilizzante minerale.
I risultati del progetto, che verranno resi disponibili anche sul sito web (https://costruzionirurali.unimi.it/ConservA/), consentiranno di mettere a disposizione delle aziende zootecniche un valido sistema di trattamento degli effluenti, modulare e a costi contenuti, che consenta di rispondere alle esigenze normative e migliorare la gestione ambientale dell’allevamento.