Si è svolto il 17 aprile al Mipaaft il Tavolo nazionale sulle criticità del settore suinicolo (nelle foto, momenti dei lavori di questo incontro). Qui hanno assunto grande rilievo le posizioni e le proposte di Coldiretti e di Confagricoltura. Vediamole nei dettagli.
Coldiretti
La Coldiretti al tavolo di filiera del Mipaaft, convocato per affrontare il calo dei prezzi, che solo in questi ultimi tempi stanno risalendo la china, ha presentato un piano di rilancio in 10 punti per le carni suine italiane. Due le parole d’ordine degli interventi proposti: programmazione e valorizzazione.
Le priorità sono una giusta rappresentatività degli allevatori nei Consorzi Dop per una migliore e più efficace programmazione e la valorizzazione della distintività della produzione made in Italy. Una promozione che, sostenuta da adeguate risorse, potrebbe favorire la conquista di nuovi spazi di mercato in Italia e all’estero. Un messaggio forte lanciato dalla Coldiretti è poi quello di ricorrere alle carni suine nazionali per alimentare le 18 Igp italiane alcune delle quali sono molto importanti dal punto di vista dei volumi produttivi e della notorietà come la Mortadella di Bologna, il Prosciutto di Norcia il Salame Felino ecc.
Vediamo gli altri punti. Innanzitutto l’estensione con la nuova Pac degli aiuti accoppiati al settore dei suini e a beneficiarne dovrebbero essere, secondo Coldiretti, gli allevamenti con scrofe. Si tratta infatti di allevamenti vincolati a un ciclo produttivo rigido e che non possono adattare l’offerta all’andamento del mercato. Sono pertanto più esposti alla volatilità dei mercati. Ma sono proprio le stalle con le scrofe che rappresentano il pilastro delle produzioni di alta qualità e senza queste realtà produttive si rischia l’indebolimento delle principali Dop.
Un altro punto chiave è l’indicazione dell’origine per i prodotti trasformati. E’ richiesta poi un’azione di divulgazione verso il consumatore delle carni 100% italiane ottenute con programmi che fanno leva sul miglioramento qualitativo ed etico.
Si richiede anche il rafforzamento della politica nazionale per la differenziazione qualitativa della produzione che richiede risorse adeguare per la continuità dei programmi genetici nazionale e per la loro innovazione.
E ancora trasparenza e informazione sulle importazioni dando attuazione alla sentenza del Consiglio di stato che ha eliminato il segreto sui flussi di import. La Coldiretti ricorda che nel 2018 sono state importate più di 61 milioni di cosce con un incremento del 5,4% sull’anno precedente.
Attenzione viene riservata al consumatore che dovrà essere informato correttamente sulle caratteristiche dietetiche delle carni suine mettendo così al bando le fake news che appannano l’immagine del settore. In questo quadro la Coldiretti propone di prevedere nei capitolati per le mense scolastiche e per gli ospedali linee di indirizzo nazionale che privilegino le carni 100% made in Italy e prodotti a Km 0.
I dieci punti della Coldiretti
In sintesi il filo conduttore dell'azione Coldiretti è la tutela e il rafforzamento degli elementi di distintività della produzione italiana. “Siamo convinti che senza un chiara distinzione qualitativa delle carni dei suini nati ed allevati in Italia la nostra suinicoltura corre il rischio di soccombere sotto la pressione dei prezzi bassi delle altre realtà produttive favorite sia da concorrenza sleale che da diverse condizioni ambientali ed economiche. Inoltre, abbiamo sì un patrimonio costituito dai prodotti con riconoscimento DOP, ma alcuni di questi prodotti sono un po' appannati ed hanno bisogno di una più coerente politica produttiva per riaffermarsi sul mercato domestico e su quello internazionale. La strada di perseguire i compromessi al ribasso nel tentativo di ridurre solo i costi ci porterà a produrre solo materia prima indifferenziata, con un costante schiacciamento verso il basso dei prezzi e la definitiva marginalizzazione dell'allevatore”.
Ecco comunque i 10 punti qualificanti sui quali è concentrata l’azione Coldiretti.
1. Estendere gli aiuti accoppiati del 1° pilastro della PAC anche al settore suinicolo, i beneficiari dovrebbero essere gli allevamenti con scrofe. Gli allevamenti con scrofe, a differenza degli allevamenti di solo ingrasso, sono vincolati ad un ciclo produttivo rigido e quindi non possono adattare la loro offerta all’andamento del mercato. Questa circostanza li espone maggiormente alla volatilità del mercato delle materie prime per l’alimentazione, dei suini e delle carni. Gli allevamenti da riproduzione in questi anni hanno dovuto affrontare onerosi impegni finanziari per adattare le strutture alle norme sul benessere riguardanti la fase di gestazione delle scrofe e sono sollecitati ad adottare nuove e non agevoli soluzioni per ridurre il ricorso ad alcune pratiche, quali il mozzamento delle code, la spuntatura dei denti e la gestione della castrazione dei suinetti. Gli allevamenti con scrofe costituiscono il cardine delle filiere delle produzioni tradizionali e di alta qualità. L’indebolimento di questo comparto mette a rischio la tenuta delle più importati produzioni DOP italiane che costituiscono più del 80% della suinicoltura nazionale.
2. Indicazione di origine per i prodotti trasformati. Si tratta di un obiettivo la cui importanza è stata da tutti riconosciuta occorre ora mettere in pratica l’indicazione dell'origine delle carni presenti nei salumi e prosciutti per assicurare maggiore trasparenza lungo la filiera alimentare e informare meglio i consumatori.
3. Nuove condizioni affinché tutte le produzioni salumiere italiane ad Indicazione geografica protetta (IGP) utilizzino carni di suini italiani. Le produzioni salumiere italiane che si fregiano del marchio IGP in Italia sono 18. Alcune sono molto importanti dal punto di vista dei volumi produttivi e della notorietà, per es. la Mortadella Bologna, prosciutto di Norcia, Salame Felino, ecc. Sarebbe opportuno che i relativi Consorzi prevedessero il ricorso all’approvvigionamento di carni di suini italiani per qualificare meglio il prodotto e valorizzare la suinicoltura nazionale.
4. Promozione dei progetti di valorizzazione delle carni al 100% italiane da suini nati ed allevati in Italia. E’ necessario prevedere azioni di divulgazione istituzionale e di sostegno finanziario alla promozione verso il consumatore delle carni suine ottenute con programmi che fanno leva sul miglioramento qualitativo ed etico della produzione suinicola italiana.
5. Confermare e rafforzare la politica nazionale per la differenziazione qualitativa della produzione italiana dei suini destinati alle produzioni tradizionali. La sostenibilità della suinicoltura italiana, spiega Coldiretti, dipende dalla sua capacità di realizzare in modo sostenibile produzioni nettamente distinte da quelle degli altri paesi. Per questo devono essere rafforzate le politiche di qualità nei sistemi certificati delle DOP e delle IGP (qualora utilizzino suini italiani). Una condizione imprescindibile per raggiungere l’obiettivo è qualificare la biodiversità genetica delle razze selezionate ed allevate in Italia. Per questo sono necessarie adeguate risorse per la continuità dei programmi genetici nazionali (Libro genealogico italiano che è il riferimento delle produzioni DOP) e per la loro innovazione alla luce delle nuove conoscenze scientifiche.
6. Trasparenza e informazione su suini e carni importate. Dare concreta applicazione alla sentenza del Consiglio di Stato per la maggiore trasparenza nei flussi di importazioni di suini e di carni suine in Italia prevedendo la pubblica consultazione delle informazioni relative alla provenienza e alle imprese di destinazione. Anche nel 2018 sono state importate più di 61 milioni di cosce (+5.4%).
7. Informazione al consumatore sulle caratteristiche dietetiche delle carni suine e le implicazioni salutistiche legate al loro consumo. I consumi di carni suine sono sotto pressione per gli effetti di campagne denigratorie di alcuni gruppi animalisti/vegani e per la divulgazione di false notizie sulla salubrità delle carni suine nazionali e sulla sostenibilità dei nostri allevamenti. Il consumatore ha diritto ad essere informato in modo oggettivo e non ideologico, e il settore ha bisogno di essere tutelato per poter continuare a contribuire alla generazione di ricchezza per il paese.
8. Carni italiane nelle mense pubbliche. Prevedere linee di indirizzo nazionale affinché i capitolati per mense scolastiche e ospedali privilegino l’utilizzo di carni al 100% italiane e di prodotti a km 0. I vantaggi sarebbero prodotti controllati e di qualità, ridotto impatto ambientale per trasporti, maggior valore aggiunto interno.
9. Revoca in tempi brevi del bando russo all’importazione di carni suine. Il settore suinicolo comunitario ha dovuto fronteggiare gli effetti derivanti dalla chiusura del mercato russo, avvenuta nel febbraio 2014 con il pretesto della comparsa di alcuni focolai di peste suini africana nei paesi dell’Est. Le esportazioni verso la Russia rappresentavano il 25% dell’export dell’Unione europea. La Russia è un importante utilizzatore di tagli grassi della carcassa suina e per questo era particolarmente importante per il nostro Paese che produce carcasse di suini pesanti e quindi con un maggior contenuto di grassi rispetto ad altre suinicolture. A seguito del bando russo i tagli grassi hanno subito una drastica svalutazione con effetti negativi sui bilanci dei macelli e degli allevatori.
10. Rappresentatività degli allevatori della governance delle DOP. Occorre assicurare la rappresentanza degli imprenditori agricoli all’interno dell’organo amministrativo dei Consorzi di tutela dei prosciutti e salumi DOP. La presenza della componente agricola deve risultare determinante ai fini dell’approvazione e modifica dei disciplinari di produzione e qualunque altra decisione che riguardi la produzione primaria, ivi compresa l’elaborazione di misure dirette a verificare l’efficienza e l’equità nella distribuzione del valore aggiunto lungo la filiera; proposta dei piani di regolazione dell’offerta, ove previsti. Occorre inoltre inserire misure di incompatibilità, escludendo dalla nomina dei componenti di un organo sociale del Consorzio chi svolge attività in concorrenza con le produzioni DOP utilizzando nomi, simboli, sigilli e quant’altro possa evocare la DOP e cercare nel contempo di adottare metodologie spazio-temporali che escludano pericolose commistioni tra produzione Dop e altre produzioni non Dop o importate.
Confagricoltura
Fin qui Coldiretti. Di grande rilievo però anche le proposte avanzate al Tavolo Mipaaft da parte di Confagricoltura.
“Occorre riequilibrare il mercato dei prodotti suinicoli ed evitare che l’Italia si consolidi esclusivamente come Paese importatore e trasformatore di carni suine puntando su programmazione, informazione e promozione e nuovi mercati”. E’ questa la sintesi della posizione espressa da Claudio Canali, presidente della Federazione nazionale di prodotto allevamenti suini di Confagricoltura, al Ministero delle Politiche Agricole, alimentari, forestali e del turismo, in occasione del Tavolo di Filiera.
Confagricoltura ha chiesto in primo luogo che gli allevatori siano coinvolti nelle scelte di programmazione produttiva, che parte dagli allevamenti, sollecitando una modifica del provvedimento ministeriale che prevede oggi solo una mera consultazione della fase allevatoriale.
Confagricoltura ritiene inoltre che si debba puntare maggiormente sulla promozione del consumo e sulla informazione al consumatore. “Condividiamo – ha proseguito Canali – la scelta di finanziare campagne promozionali per il consumo del prosciutto visto che oggi registriamo un evidente eccesso di offerta”.
Riteniamo anche necessaria una maggiore trasparenza verso i consumatori in merito all’origine della carne suina, anche nei salumi trasformati, ed alla qualificazione dei processi produttivi. “Per questo motivo – sottolinea Canali – le etichette delle carni suine dovrebbero riportare l’indicazione del ‘nato, allevato e macellato’; mentre vanno comunque promosse certificazioni del prodotto anche in tema di benessere animale e sostenibilità”.
Il settore ha registrato, negli ultimi mesi, un costante e preoccupante calo dei prezzi dei suini. “Fanno tuttavia ben sperare – come si legge nel position paper di Confagricoltura - i corsi di mercato mondiale dei Paesi Terzi (specie asiatici e Cina) con una domanda in crescita che sta trainando il mercato europeo, anche se le quotazioni nazionali sono ancora troppo contenute rispetto alle aspettative e inferiori rispetto al Nord Europa. Per riequilibrare il mercato si deve puntare sui mercati esteri; basti pensare che la sola apertura del mercato cinese per la nostra carne congelata potrebbe valere 50 milioni di euro di export. Si deve, quindi, procedere il più rapidamente possibile al perfezionamento del memorandum siglato di recente per tradurlo in vantaggi concreti”.
Confagricoltura esprime poi apprezzamento per l’emendamento governativo, proposto dall’onorevole Guglielmo Golinelli, al “decreto legge emergenze” con uno stanziamento di risorse di 5 milioni di euro, auspicando che “si approvi definitivamente in sede di conversione l’istituzione di un Fondo specifico per il comparto e che si definiscano quanto prima misure dirette al settore ed in particolare agli allevamenti”.
Infine, sul piano sanitario, sulla peste suina, per Confagricoltura non va abbassata la guardia; occorre mantenere alta l’attenzione intensificando i controlli sanitari e soprattutto garantendo una puntuale vigilanza dei selvatici su tutto il territorio nazionale e alle frontiere.
La Cina spinge in alto le quotazioni dei suini
Il giorno prima del Tavolo sempre Confagricoltura aveva ricordato come in Cina Nel paese del Dragone si abbatte la peste suina africana e per l’Italia è una parziale boccata di ossigeno. «La crisi sanitaria che ha colpito la Cina, con conseguente crollo della produzione interna e abbattimento di un numero cospicuo di capi - si parla di un totale di 50-100 milioni di maiali in meno su un patrimonio suinicolo nazionale di 500 milioni, che è la metà di quello mondiale - , ha migliorato lo scenario dei prezzi dei suini da macello in Italia, aprendo il mercato a nuovi sbocchi e prospettive di sviluppo – spiega Eugenia Bergamaschi, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, -. La Cun suini ha registrato, infatti, nell’ultima settimana, una ripresa delle quotazioni, confermando il prezzo dei grassi (160-176 kg – circuito tutelato) a 1,282 euro al chilo ossia un +3,9% rispetto a una settimana fa».
Situazione ancora nera invece, sottolineava il 16 aprile sempre Confagricoltura, per i prezzi dello stagionato. La coscia per il crudo tipico (13-16 Kg) ha subito una flessione del 3% in un mese (variazione marzo-febbraio 2019) e del 28,9% nell’ultimo anno (variazione marzo 2019 – marzo 2018). Il Prosciutto di Parma stagionato (9,5 kg e oltre) è crollato del 7,4% (variazione marzo-febbraio 2019) e del 21,9% in un anno (fonte Crefis).
Commenta così Andrea Cavazzuti, presidente della sezione allevamenti suini di Confagricoltura Emilia Romagna: «Noi allevatori emiliano-romagnoli dipendiamo dall’andamento delle quotazioni legate allo stagionato e in particolar modo al circuito tutelato delle Dop, pertanto dobbiamo puntare alla valorizzazione del Prosciutto di Parma. Ci rendiamo disponibili a ragionare, all’interno dei Consorzi di produzione, sul marketing da adottare per aumentare la presenza sui mercati esteri; bisogna anche riprendere in mano la promozione degli altri tagli del suino pesante e dei loro potenziali utilizzi nei prodotti trasformati. Serve poi una politica che ridia valore al fresco». Quanto al mercato cinese, Cavazzuti è chiaro: «Vanno superate le barriere all’export in Cina ed eliminate le estenuanti pratiche burocratiche che rendono di fatto impossibile l’arrivo della nostra merce».
Gran Suino Italiano
Sul tema interviene anche l’Organizzazione interprofessionale del Gran Suino Italiano, che è l’unica organizzazione interprofessionale suinicola italiana e rappresenta il 35% della produzione regionale; raggruppa in un solo soggetto le più importanti realtà del comparto in Emilia-Romagna: allevamenti, macelli, prosciuttifici e salumifici. «Le crisi di mercato – spiega il presidente Guido Zama - devono essere affrontate con una strategia di medio-lungo termine e con un presidio costante, da parte del sistema Italia e dell’intera filiera del suino, dei temi centrali che caratterizzano il suino pesante, le sue peculiarità e tipicità. Bisogna avviare una profonda analisi degli aspetti economico-organizzativi del nostro sistema, quindi sviluppare una diversificazione della produzione affiancata da una promozione delle aziende in forma aggregata, sull’esempio di quanto fatto da altri paesi».
Occorre poi, come più volte ribadito dall’OI, continuare a investire risorse ed energie sulla ricerca-innovazione. Solo così si potranno sviluppare nuovi prodotti e nuovi metodi di valorizzazione della suinicoltura italiana. Difficile comprendere, peraltro, come non si riesca a fare squadra per valorizzare le nostre eccellenze all’interno di un mercato mondiale unico. È imprescindibile, infine, l’avvio di una coesa politica di comunicazione finalizzata a contrastare le fake-news sui social, mettendo in evidenza il valore scientifico di studi e ricerche e isolando le cosiddette mele marce, quei casi di maltrattamento e cattiva gestione degli allevamenti che poi danneggiano inevitabilmente centinaia di allevatori seri e capaci.