Si è riunita l’8 gennaio, alla presenza del Ministero della Salute e del Centro di referenza regionale, l’unità di crisi regionale convocata a seguito della rilevazione di un caso di positività alla Psa (Peste Suina Africana) nelle carcasse di suini morti in un allevamento da riproduzione a Vigolzone, in provincia di Piacenza.
In base al Regolamento europeo (2020/687) è previsto che negli allevamenti con casi confermati di peste suina africana siano abbattuti tutti i suini presenti e, in base a una valutazione del rischio, che la misura possa essere estesa anche ad allevamenti che hanno avuto contatti con il positivo.
Evitiamo la diffusione
L’unità di crisi regionale, riunita mercoledì 8 gennaio alla presenza del Ministero della Salute e del Centro di referenza nazionale, ha concordato di dare immediata applicazione a quanto previsto dal regolamento, per controllare rapidamente l’infezione ed evitare la diffusione ad altri allevamenti e ulteriori 4 restrizioni su animali e prodotti della filiera suinicola.
L’allevamento infetto si trova in un’area boschiva dove di recente erano state riscontrate positività per Psa in cinghiali abbattuti, per cui è ipotizzabile che l’infezione sia entrata tramite un contatto con l’ambiente esterno contaminato.
L’area, dal novembre scorso, era già stata declassata in zona di restrizione di tipo II per Psa (zona con restrizioni a seguito di positività rilevate nei cinghiali), ma con la positività in allevamento tutto il comparto suinicolo della provincia ripiomba nell’incubo che aveva sperato di lasciarsi alle spalle, non avendo avuto più casi da luglio. Solo dai primi di dicembre, di fatto, era avvenuto l’allentamento delle restrizioni alle movimentazioni previsto, a certe condizioni, dalla nota ministeriale.
Il rischio zero non esiste
Confagricoltura Piacenza prende parola per voce della sua presidente della Sezione Suinicola Giovanna Parmigiani:
«È annichilente, oltre lo sconforto. Il nuovo caso accertato di peste suina si è verificato in una zona collinare ad alta densità di cinghiali positivi, esattamente come il caso di quest’estate. Si continua a puntare il dito su possibili falle nella biosicurezza di allevamenti che ormai non sanno più come schermarsi».
«Il rischio zero non esiste e in estate ci dicevano di innalzare al massimo la biosicurezza, perché gli operatori entrano ed escono più frequentemente dagli allevamenti. L’incremento dei casi di positività in allevamento era stato correlato a questo aspetto, ma ora siamo in inverno e non c’è l’andirivieni dai campi. Fino a quando continueremo a non considerare che la malattia la porta il vettore e quindi il cinghiale, non risolveremo il problema».
Ovviamente si procederà all’abbattimento di tutti i maiali dell’allevamento e poi si tracceranno tutti i movimenti e si analizzerà scrupolosamente se il virus può essersi spostato in altre porcilaie di conferimento, anche in quel caso i capi saranno tutti abbattuti.
«Facciamo il vuoto dentro agli allevamenti, ma non attorno. E questo per quanto riguarda i casi di positività. La situazione è però tragica per tutti gli operatori del comparto. Le maglie appena allentate sulla movimentazione dei suini si stanno di nuovo richiudendo – prosegue Parmigiani - ancor prima che vengano modificate le zone di restrizione e quindi anche chi ha gli allevamenti con i suini sani non può più spostarli, a meno di mandarli al macello, ammesso di trovarlo e con quali deflazioni speculative di prezzi».
«Il risultato - continua - sarà quello più volte denunciato e vissuto di trovarsi animali che vivono in uno stato di sovraffollamento tale da portare ad aumenti vertiginosi di mortalità e ovviamente da sforare ogni basico requisito di benessere. A ciò si aggiungano costi di gestione incalcolabili, perché si ha anche un enorme difficoltà a trovare macelli disposti a ricevere questi animali, anche se comunque sono sani. Non è possibile che questa situazione sia dovuta solo all’inefficacia delle azioni previste, un simile disastro presuppone quantomeno delle intenzioni».
Un danno enorme per il comparto suinicolo
«L’attenzione della Regione è massima – hanno commentato gli assessori regionali Massimo Fabi (Politiche per la salute) e Alessio Mammi (Agricoltura, Agroalimentare, Caccia) – per questo è partita immediatamente la profilassi prevista, con l’obiettivo di isolare la diffusione del virus ed evitare modifiche allo stato sanitario dell’area. Ricordiamo che la Psa non comporta nessun rischio per le persone, ma rappresenta un danno enorme per il comparto suinicolo».
«Negli ultimi due anni abbiamo investito oltre 11,1 milioni di euro per rafforzare la biosicurezza negli allevamenti, sostenendo interventi in più di 150 aziende su tutto il territorio regionale. Il nostro impegno, al fianco degli allevatori, continuerà a essere costante a tutela e difesa del lavoro delle nostre imprese e delle nostre eccellenze agroalimentari».