Tradizionalmente nell’allevamento del suino pesante tipico italiano per la produzione di salumi Dop fra i quali il prosciutto di Parma e di San Daniele sono i più rappresentativi, il mais come farina secca o pastone è il cereale più impiegato nella dieta data la sua grande disponibilità sul mercato, il suo alto valore nutritivo ed energetico e il suo prezzo di mercato.
Tuttavia esiste un particolare interesse per l’impiego di ingredienti alternativi a causa di alcune peculiarità negative del mais: il relativamente alto livello di grassi e di acido linoleico rispetto agli altri cereali può avere effetti non desiderati sulla qualità dei prodotti a causa del suo alto potenziale ossidativo con sviluppo nei prodotti stagionati di sapori e odori anomali oltre alla consistenza oleosa del grasso.
Inoltre, l’alto contenuto di pigmenti carotenoidi nel mais può dare colorazioni giallastre al grasso dei salumi poco gradite al consumatore.
Anche per queste ragioni il mais può essere impiegato ad un livello massimo del 55% sulla sostanza secca (s.s.) della dieta come stabilito dal regolamento del Consorzio del Prosciutto di Parma e di San Daniele, mentre il contenuto in acido linoleico delle diete deve essere inferiore al 2% sulla s.s. Tuttavia anche in presenza nella dieta di livelli inferiori a questi limiti massimi per mais e acido linoleico si riscontrano spesso al macello problemi di copertura di grasso delle cosce e di livelli di acido linoleico superiori al massimo consentito dal Consorzio nel grasso di rifilatura delle cosce.
L’alternativa: sottoprodotti della pasta
In Italia, dove grande è la produzione pastaria, c’è una buona disponibilità sul mercato di sottoprodotti della pasta secca di farina di frumento per le esigenze di mangimisti e allevatori. La pasta, fatta per legge in Italia esclusivamente con farina di grano duro, è ricca in amido (circa 68%), bassa in grassi (1.4%), e con un contenuto medio di proteine dal 12 al 14.5%. Dato l’alto livello in amido e quindi di energia, buon apporto proteico e basso contenuto in acido linoleico e pigmenti gialli nel frumento rispetto al mais, i sottoprodotti della pasta possono rappresentare un ingrediente alternativo al mais nella formulazione di diete per suini anche per le produzioni Dop.
È inoltre da considerare che i controlli effettuati dall’industria pastaria per la presenza di contaminanti (micotossine, residui di pesticidi etc.) delle farine utilizzate per l’ottenimento di un alimento, la pasta, destinato al consumo umano, sono garanzia di massima salubrità di questa materia prima per gli animali.
Nonostante queste premesse, attualmente i regolamenti del Consorzio del Prosciutto di Parma e di San Daniele non permettono l’uso della pasta come ingrediente delle diete per i suini all’ingrasso afferenti al circuito.
Questi sottoprodotti possono quindi essere considerati compatibili con la produzione delle nostre eccellenze agroalimentari?
Per rispondere, di seguito, si riportano i risultati ottenuti al termine di una ricerca effettuata presso l’azienda sperimentale dell’Università di Piacenza, il Cerzoo (San Bonico, Piacenza). L’obiettivo: verificare l’effetto dell’inclusione a diversi livelli dei sottoprodotti della pasta secca nelle diete per suini in finissaggio sulle performance di crescita, caratteristiche della carcassa e qualità delle cosce fresche e stagionate.
Le condizioni
Lo studio, condotto seguendo le pratiche del benessere degli animali secondo le guidelines europee, ha previsto l’impiego di 144 suini Duroc Italiano (72 femmine e 72 maschi castrati), provenienti da un allevamento commerciale. I suini sono stati allocati a 4 gruppi omogenei per sesso (maschi castrati e femmine) e peso iniziale.
Quindi sono stati distribuiti random ai 4 trattamenti alimentari contenenti 4 livelli di pasta (0, 30, 60, 80%) (vedi tabella 1):
- controllo a base mais (Ctr) dove il mais era entro il livello massimo ammesso dal Consorzio;
- dieta con il 30% di pasta (P30);
- dieta con il 60% di pasta (P60);
- dieta con l’80% di pasta (P80).
Le diete sono state formulate per essere isonutritive secondo i fabbisogni di suini ad alte performance. Tutte le diete sono state preparate e pellettate da un mangimificio (Ferrari SRL, Sarmato – Piacenza). I suini avevano libero accesso all’alimento e all’acqua. La dieta sperimentale è stata somministrata per 91 giorni consecutivi, dopo un periodo pre-sperimentale di 6 giorni.
Performance di crescita
Dai risultati ottenuti, si è potuto vedere che non c’è stata interazione tra pasta e sesso per le performance di crescita. I suini alimentati con la pasta avevano ingestioni superiori rispetto agli animali di controllo (Ctr) (Tabella 3). Tuttavia la pasta, a tutti i livelli di inclusione, non ha influenzato il peso vivo finale, l’incremento giornaliero e l’indice di conversione, ma bensì, come vedremo, il peso della carcassa. I risultati ottenuti possono essere spiegati con il diverso contenuto in amido totale e con il tipo di amido delle diete con pasta; infatti rispetto alla dieta Ctr le diete con pasta avevano un maggiore contenuto in amido totale (in media +7.81%), più alte percentuali di amido rapidamente digeribile (+69.30%), più alto indice glicemico (+28%), e più basse percentuali di amido lentamente digeribile e resistente (-65.94% e -60.73%, rispettivamente).
Caratteristiche della carcassa
Anche per questi parametri non sono state riscontrate interazioni tra pasta e sesso. Il peso delle carcasse e la resa al macello erano più alte nei maschi che nelle femmine con un effetto significativo per la pasta (Tabella 3). Le femmine avevano un più basso pH a 45 min misurato sul Biceps femoris a 45 min post mortem rispetto ai maschi e anche qui si nota un effetto significativo del livello di inclusione della pasta. Il peso della coscia rifilata era simile per i sessi e i trattamenti, ma a causa del diverso peso delle carcasse, la loro percentuale sul peso della carcassa era più bassa nei maschi rispetto alle femmine con un effetto significativo del livello di inclusione della pasta.
Aumentando il livello di inclusione della pasta si riduceva inoltre lo spessore del Longissimus dorsi.
Nello studio le diete contenenti la pasta aumentavano il peso della carcassa e la resa al macello raggiungendo il più alto aumento con l’inclusione del 30% di pasta. Questo, come già anticipato, è dovuto al fatto che con l’inclusione nella dieta della pasta si aumenta il contenuto in amido totale della dieta e contemporaneamente si aumenta la frazione rapidamente digeribile e quindi anche l’indice glicemico delle diete.
Qualità delle cosce fresche
Anche per questo parametro non si sono riscontrate interazioni tra sesso e pasta sulla composizione del grasso delle cosce. I suini che ricevevano la pasta avevano livelli più bassi di C 18:2n6 (ac. Linoleico), C 18:3n3 (ac. Alfa-Linolenico), omega 3 e 6 rispetto ai suini di Ctr (Tabella 4).
La percentuale di acidi grassi saturi (Sfa) del grasso subcutaneo è aumentata nei suini con pasta soprattutto a causa di un aumento del C 14:0 (ac. Miristico), C 16:0 (ac. Palmitico), e del C 18:0 (ac. Stearico). L’inclusione della pasta nella dieta aveva inoltre effetto sul C 18:1n9 (ac. Oleico) e sui monoinsaturi (Mufa), e diminuiva i polinsaturi (Pufa) rispetto al Ctr.
Inoltre, il contenuto dell’acido linoleico e linolenico nel grasso subcutaneo delle cosce fresche diminuisce al diminuire degli stessi acidi grassi nella dieta, causando anche un decremento di omega 3 e 6 totali e dei Pufa.
I livelli di acido linoleico nel grasso subcutaneo dei suini alimentati sia con mais che con pasta erano entro il massimo livello del 15% consentito dal disciplinare del prosciutto di Parma. Tuttavia dal punto di vista della qualità tecnologica le diete con pasta miglioravano il profilo acidico del grasso riducendo l’acido linoleico ed i Pufa e aumentando il livello di saturi.
La consistenza del grasso gioca un ruolo molto importante nella qualità del prosciutto e dipende dalla composizione in acidi grassi del grasso. La consistenza del grasso dipende dal rapporto tra Sfa e Pufa nel grasso. Quando la concentrazione di Sfa aumenta, il grasso diventa più consistente mentre quando aumentano i Pufa e soprattutto l’acido linoleico il grasso diventa più soffice e oleoso e più suscettibile ai fenomeni ossidativi che possono generare odori e sapori sgradevoli e variazioni nel colore.
Qualità dei prosciutti stagionati
Per quanto riguarda la composizione in acidi grassi del grasso di copertura, non si sono riscontrate interazioni tra sesso e pasta sulla composizione del grasso delle cosce.
L’inclusione della pasta nella dieta ha avuto un effetto di diminuzione del C 18:2n6, C 18:3n3, omega 3 e 6, e Pufa (Tabella 5) simili a quelli osservati per le cosce fresche. L’aumento dei Sfa per i suini della pasta è dovuto principalmente all’aumento del C 16:0 e C 18:0.
Dopo 12 mesi di stagionatura il grasso di copertura dei prosciutti mostra differenze nella composizione in acidi grassi simile a quella osservata per le cosce fresche fra i diversi trattamenti. Il grasso dei prosciutti dei suini con pasta mostrava un profilo in acidi grassi meno “salutare” (più alti Sfa e meno Pufa) rispetto ai suini del Ctr.
Infine, i prosciutti stagionati ottenuti da suini con pasta hanno mostrato un grasso di copertura con un rapporto migliore fra omega 6 e omega 3 rispetto ai prosciutti del Ctr.
Così come per il grasso di copertura anche nel grasso intramuscolare c’è una diminuzione dei livelli di C 18:2n6, omega 6 totali e Pufa nei suini alimentati con pasta rispetto al controllo con mais (tabella 6). Rispetto al grasso di copertura si caratterizza negli animali che ricevevano pasta per un livello di Sfa e Pufa mediamente più basso (38.3% vs 44.3%; 5.48% vs 7.6%) e più alto di Mufa (56.2% vs 51.5%) e quindi, per le considerazioni fatte precedentemente, tendenzialmente “più salubre” rispetto al grasso di copertura. Ciò è dovuto al fatto che nel grasso intramuscolare sono presenti anche i lipidi che vanno a formare le membrane cellulari costituite non tanto da trigliceridi, tipici dei grassi di deposito, quanto da fosfolipidi e quindi ricchi in acidi grassi polinsaturi (Pufa).
Perdite di peso e indice di proteolisi
Dai risultati ottenuti inoltre si riscontrano in tutti i prosciutti stagionati simili indici di proteolisi e perdite di peso di stagionatura. Questo suggerisce che la texture dei prosciutti stagionati non differisce dall’inclusione di pasta nella dieta (Tabella 7).
Proprietà sensoriali
Il panel test sui prosciutti stagionati (Tabella 7) ha evidenziato un “effetto sesso” nella presenza di sapori estranei, di “sapone” e accettabilità. In particolare, i prosciutti delle femmine, sia per la dieta mais che per la dieta pasta, avevano un indice di accettabilità e maggior presenza di sapori estranei e “di sapone” rispetto ai maschi. Solo per i suini che ricevevano pasta al 60% è stato osservato un valore più alto di presenza di sapori estranei pur tuttavia con valori di rilevanza molti bassi (2.19 della pasta rispetto a 0.65 per il Ctr su una scala da 0 (assenza) a 9 (massima presenza). Tuttavia il descrittore globale “gradimento” non differiva tra i trattamenti.
Nel presente studio, nonostante le differenze nel profilo acidico e in particolare nei livelli di acido linoleico e Pufa sia nel grasso di copertura che intramuscolare, i prosciutti ottenuti dai suini che ricevevano mais o pasta erano caratterizzate da simili profili delle proprietà sensoriali.
Colore delle cosce
Nel suddetto lavoro la misurazione del colore del muscolo non evidenzia differenze per i vari trattamenti alimentari. Questo è verosimilmente dovuto al fatto che i carotenoidi del mais, essendo liposolubili, vengono depositati nel grasso presente in piccole quantità all’interno del muscolo e fra i muscoli del prosciutto come grasso di marezzatura e non sono depositati nella matrice proteica. Questo fatto rende poco o nulla evidenti eventuali variazioni di colore (più chiaro) dovute all’inclusione di pasta.
Una valida alternativa
I risultati ottenuti nella suddetta prova suggeriscono che l’inclusione dei sottoprodotti della pasta secca nelle diete di suini in finissaggio può essere una efficiente strategia per recuperare prodotto residuale dell’industria pastaria italiana che altrimenti potrebbe avere impieghi che non la valorizzano adeguatamente.
Il presente lavoro è un riassunto in forma più divulgativa del lavoro dal titolo “Effect of the inclusion of dry pasta by-products at different levels in the diet of typical Italian finishing heavy pigs: performance, carcass characteristics, and ham quality. Recentemente pubblicato in rete su Meat Science: A. Prandini, S. Sigolo, M. Moschini, G. Giuberti, M. Morlacchini.
Leggi l’articolo completo sulla Rivista di Suinicoltura n. 3/2016
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