E’ allerta cibo per gli animali nelle stalle della Lombardia a causa del boom dei costi e della crisi delle forniture alimentari dall’estero. Lo afferma la Coldiretti regionale nel sottolineare che, nonostante lavorino in perdita per riuscire a nutrire gli animali, gli allevatori sono costretti a intervenire sulle razioni quotidiane di vacche e maiali.
«Abbiamo già dovuto ridurre la parte proteica, - spiega Carlo Migli, allevatore di vacche da latte a Castelgerundo (Lodi) - in particolare la soia, a causa dei costi che ha raggiunto sul mercato. Bisogna però stare molto attenti a non pregiudicare troppo l'efficienza dell'alimentazione dei bovini. Senza un orizzonte temporale certo per la fine di questa situazione di difficoltà, diventa problematico pianificare il futuro delle nostre aziende. Non si potranno sostenere a lungo questi costi».
«La situazione è drammatica – racconta Giuseppe Ruggeri, produttore di latte a Verolavecchia (Brescia) – Ho dovuto ridurre la razione alimentare dei miei animali e non escludo di potermi trovare nella condizione di essere costretto a vendere capi a causa dei costi troppo alti. Questa però non può essere la soluzione, per sopravvivere è necessario sedersi attorno ad un tavolo con tutti gli attori della filiera e trovare un accordo per riconoscere veramente il giusto prezzo alla stalla».
«Abbiamo rimodulato la composizione della razione - interviene Claudio Cestana, suinicoltore di Manerbio (Brescia) – riducendo le quantità delle materie prime che acquistiamo e rafforzando invece la parte di nutrimenti meno costosi, autoprodotti o più facilmente reperibili: così cerchiamo di salvaguardare la resa ed evitiamo che i nostri maiali vadano incontro a condizioni di stress. Certamente non possiamo pensare di andare avanti molto così».
«La situazione sta diventando davvero insostenibile – afferma Giannenrico Spoldi, allevatore di suini a Trigolo (Cremona) – I costi delle materie prime sono alle stelle, il loro reperimento assomiglia sempre più a una caccia al tesoro. Ridurre la razione dei nostri animali è una scelta sofferta, ma purtroppo dovremo prenderla in considerazione».
A livello nazionale – spiega la Coldiretti - la guerra in Ucraina taglia fino al 10% le razioni di cibo per mucche, maiali e polli. La decisione degli allevamenti sta provocando effetti sulle forniture alimentari – sottolinea la Coldiretti - con riduzioni della produzione di latte, carne e uova in un’Italia che è già pesantemente deficitaria in tutti i settori dell’allevamento e produce appena il 51% della carne bovina, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.
Con la decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, è a rischio un allevamento tricolore su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato dal Paese di Orban e dall’Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia del prezioso e indispensabile cereale. L’aumento delle quotazioni dei cereali, ai massimi da un decennio, sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani – continua la Coldiretti - che devono affrontare rincari vertiginosi dei costi a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Ad esempio – evidenzia la Coldiretti - il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori.
E’ a rischio il futuro della fattoria italiana se non vengono riconosciuti i giusti compensi che tengano conto dei costi di produzione sempre più alti, dalla bolletta energetica ai mangimi – conclude la Coldiretti – La stabilità della rete zootecnica italiana ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza anche sociale ed ambientale.