Salumi: bene produzione e consumi, in aumento i costi

Nel primo trimestre 2022 perdono slancio le esportazioni verso i Paesi terzi che non applicano – con riferimento alla Psa – il principio di regionalizzazione. Presentati i dati economici del comparto all’Assemblea annuale Assica

I salumi si confermano un vero comfort food in questo periodo di incertezza. Ma se il 2021 ha visto una ripresa dei consumi, sia in Italia che all’estero, oltre che della produzione, rispetto al 2020 sono cresciuti esponenzialmente anche i costi di produzione e le difficoltà del settore. Le aziende del comparto risultano fra le più colpite dai rincari, perché l’utilizzo di energia nei processi di lavorazione e conservazione è altamente impattante e a peggiorare le prospettive si sono aggiunti i casi di Psa fra i cinghiali in Italia. Un fatto che sta danneggiando gravemente le esportazioni, soprattutto nei Paesi terzi, che hanno rappresentato un traino fondamentale durante il 2021. Questa, in sintesi, l’analisi del comparto presentata da Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) in occasione dell’assemblea annuale avvenuta a Roma.

Lenti: «Lavorare insieme per fronteggiare scenario incerto»

«Lo scorso anno abbiamo avuto ottimi segnali di crescita, come testimoniano le vendite nella Gdo e quelle on-line. Nonostante le mancate occasioni di consumo fuori casa abbiano ancora penalizzato la domanda interna rispetto ai livelli pre-pandemia, la disponibilità al consumo dei salumi si è attestata a 17 kg, corrispondente a un consumo medio reale pro capite di circa 11,3 kg/anno. In forte aumento è risultata la domanda estera, che ha beneficiato della ripresa delle attività e delle minori restrizioni, rispetto al nostro Paese, adottate in diversi Stati partner sia all’interno della Ue sia fra i Paesi terzi, trainati dal boom degli invii verso gli Usa, che hanno registrato uno straordinario +53,0% in quantità e +43,3% a valore». Così ha commentato Ruggero Lenti, presidente Assica, aggiungendo però che l’incremento dei costi di produzione, la guerra in corso, i casi di Peste suina africana sul territorio nazionale e i timori per nuove ondate del Covid-19 in autunno potrebbero mettere in crisi il comparto. «Le aziende hanno finora retto – ha puntualizzato Lenti – riducendo progressivamente i propri margini. L’incremento dei costi dei fattori produttivi e dei servizi non si è tradotto in un incremento dei prezzi unitari dei salumi, che anzi hanno evidenziato nel 2021 un rientro rispetto all’anno precedente, ma l’aumento dei costi della materia prima ha determinato una situazione non più sostenibile».

Ruggero Lenti, presidente di Assica

L’impatto della Psa

Per quanto riguarda l’impatto della Psa sull’export, secondo Lenti i dati del primo trimestre evidenziano ancora una crescita, ma l’analisi dei mercati rivela che i Paesi terzi che non applicano la regionalizzazione stanno registrando una battuta d’arresto: -27,6% sia a volume sia a valore. «Un dato che ci ricorda – ha incalzato Lenti – quanto sia urgente intervenire su questo fronte. In uno scenario sempre più incerto e volatile è necessario dunque percorrere nuove strade insieme alle Istituzioni, per assicurare alle aziende la stabilità necessaria ad operare, investire e innovare».

Il consumo apparente pro capite si è attestato intorno ai 17 kg contro i 16,2 del 2020 (+5,4%), corrispondente a un consumo medio reale pro capite di circa 11,3 kg/anno.

Aumentano i consumi

Nel 2021, tutte le principali categorie di salumi hanno evidenziato una crescita. I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati, favoriti dal rimbalzo della domanda interna e dalla ripresa di quella estera, sono saliti a 222.400 ton (+6,1%); quelli di prosciutto cotto sono tornati a quota 274.800 ton (+4,8%). In aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (+4,2% per 190.800 ton) e quelli di salame (+4,4% per 81.500 ton). Hanno evidenziato un deciso recupero anche i consumi di bresaola saliti a 25.800 ton dalle 24.200 dell’anno precedente (+6,7%) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 219.800 ton (+7,0%).

La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,1% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,9% da mortadella/wurstel al 18,8%, dal salame all’8,0% e dalla bresaola al 2,5%. Chiudono gli altri salumi al 21,7%.

Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro-capite è salito a 28,4 kg da 27,2 kg dell’anno precedente (+4,4%), corrispondenti a circa 18,8 kg/anno di consumo reale.

Torna a crescere la produzione

Nel 2021 la produzione di salumi è tornata a crescere, dopo l’importante flessione registrata nel 2020 a causa della pandemia, e ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,169 milioni di tonnellate da 1,093 del 2020 (+7,0%). In aumento anche il valore della produzione salito a 8.420 milioni di euro (+6,2%) da 7.927 milioni del 2020.

In merito ai singoli salumi, nel 2021, la produzione di prosciutti crudi stagionati, dopo la profonda flessione del 2020, ha evidenziato un robusto +8,2% attestandosi a 282.500 ton e un +7,0% in valore per 2.263 milioni di euro. Il rimbalzo dei prosciutti crudi è stato sostenuto da vari fattori: il ritorno della domanda interna, la forte ripresa della domanda estera e la necessità di ricostituire le scorte dopo il difficile 2020, in cui la pandemia ne aveva determinato una forte contrazione.

Deciso aumento anche per la produzione di prosciutto cotto, salito a 288.200 ton (+6,3%) per 2.026 milioni di euro (+4,8%). La quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader del settore, ha evidenziato un lieve miglioramento in quantità rispetto all’anno precedente, attestandosi a 48,8% da 48,7% del 2020, ma ha evidenziato una lieve flessione a valore, fermandosi a quota 50,9% da 51,1% dell’anno precedente.

Trend positivo anche per la produzione di mortadella, salita a 163.800 ton (+4,3%) per 710,2 milioni di euro (+4,2%) e per quella dei wurstel, arrivati a quota 60.800 ton (+3,2%) per un valore di 188,5 milioni di euro (+0,6%).

Nel 2021 la produzione di speck si è attestata a quota 33.600 ton (+2,8%) per un valore di 352 milioni di euro (+1,6%). In forte aumento è risultata anche la produzione di salame, attestatasi a 120.200 ton (+10,3%) per un valore di 1.077 milioni di euro (+8,6%). Un contributo molto positivo alla crescita della categoria è arrivato dalla domanda estera, cresciuta in modo significativo sia a volume sia a valore.

Ha registrato invece un andamento cedente la pancetta, che nel complesso ha visto la produzione fermarsi a quota 45.800 ton (-4,0%), per un valore di 230,8 milioni di euro (-5,1%). In calo anche la produzione di coppa con 39.000 ton. (-1,0%) per 309 milioni di euro (-2,0%). Molto bene, infine, la bresaola che ha chiuso l’anno con un +8,9% in quantità per 29.500 ton e un +7,1% in valore per 473,9 milioni di euro.

Export crescita a due cifre nel 2021

Il 2021 è stato un anno vincente per le esportazioni e ha segnato, dati Istat, un nuovo record: 197.759 ton per un fatturato di 1.836 milioni di euro, registrando un aumento a due cifre sia a volume (+15,2%) sia a valore (+12,0%). Le esportazioni dei salumi italiani hanno quindi recuperato la flessione del difficile 2020 e superato i livelli pre-pandemia, registrando un +7,9% in quantità e un +15,6% a valore rispetto al 2019. Il saldo commerciale del settore ha registrato un +15,7% rispetto al 2020, salendo a 1.623 milioni di euro.

Per quanto riguarda le aree geografiche, le esportazioni hanno evidenziato una solida crescita sia verso la Ue a 27 sia, verso i Paesi terzi, trainate dal boom degli invii verso gli Usa. Nel 12 mesi le spedizioni verso i partner comunitari hanno evidenziato un +13,6% in quantità per 135.969 tonnellate e un +10,4% in valore per circa 1.207 milioni di euro. Gli scambi con i Paesi extra Ue hanno registrato un +18,9% a volume e un +15,3% a valore.

Tra i prodotti, nel 2021 sono tornate a correre le spedizioni di prosciutti crudi stagionati, che archiviano il difficile 2020, con un +17,6% in quantità e un +14,7% a valore.

Importante risultato anche per le esportazioni di salami (+18,9% a volume e +14,3% a valore), di bresaola, (+16,0% in quantità e un +14,3% a valore) e soprattutto dei prosciutti cotti, che con invii per 22.058 ton e 164,3 milioni di euro, chiudono l’anno con un +23,9% in quantità e con un +14,5% in valore e registrano la migliore performance fra le varie tipologie di salumi.

Frenata nel primo trimestre 2022

Nel primo trimestre del 2022 le esportazioni di salumi italiani hanno registrato ancora una crescita: +5,4% in quantità, per un totale di 44.780 tonnellate e +9% in valore per 431,5 milioni di euro. Un dato importante che sarebbe stato ancora più robusto senza il freno della Psa. Perdono slancio, infatti, le esportazioni verso i Paesi terzi (+3,1% a volume e +8,7% a valore) che, nonostante gli ottimi risultati di Usa (+38,6% a volume e +38,4% a valore) e Regno Unito (+16,0% volume e +17,9% a valore), scontano il rallentamento di molti altri importanti partner, in particolare i Paesi asiatici che non applicano, con riferimento alla Psa, il principio di regionalizzazione.

 

Assica annuncia il suo "programma sostenibilità"

5 goals, 48 best practices e 35 impegni concreti verso un nuovo modello di impresa. Valorizzare la sensibilità e la proattività del settore rispetto allo sviluppo sostenibile è l’intento principale del “Programma Sostenibilità”, documento realizzato dall’Associazione in tandem con l’Ivsi (Istituto valorizzazione salumi italiani). Fra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (denominati Goals) dell’Agenda 2030 dell’Onu (SDGs), ne sono stati selezionati 5, quelli su cui i produttori di salumi possono offrire un contributo significativo:

goal 7 - Energia pulita e accessibile;

goal 8 - Lavoro dignitoso e crescita economica;

goal 9 - Imprese, innovazione e infrastrutture;

goal 12 - Consumo e produzione responsabili;

goal 13 - Lotta contro il cambiamento climatico.

Dall’analisi 2021 è emerso che le aziende del settore investono maggiormente nel “lavoro dignitoso e crescita economica” (34%), seguito dal “consumo e produzione responsabili” (26,4%) e da “imprese innovazione e infrastrutture” (24,2%). Ancora ampi margini di miglioramento per quanto concerne “energia pulita e accessibile”.

In tema di sostenibilità ambientale, le principali best practices evidenziate nel programma riguardano il monitoraggio delle emissioni negli stabilimenti, da generatori a biogas interni con raccolta di scarti e sottoprodotti derivanti dalla macellazione e dall’azienda agricola, ai contratti di energia 100% rinnovabile. In tema di sostenibilità economica, il processo di miglioramento dei valori nutrizionali dei prodotti in commercio ha riguardato tutti i principali salumi italiani, così come è generale l’investimento in ricerca per soluzioni innovative che riducano l’utilizzo della plastica e contengano l’impatto ambientale del packaging a fine vita, trasformandolo da rifiuto a risorsa utile per la tutela dell’ambiente. Sul versante sociale, le buone pratiche più diffuse riguardano il benessere e la formazione dei lavoratori e la collaborazione con realtà no profit territoriali. Ampio spazio anche al tema del benessere animale. «Per trasformare questi impegni in risultati tangibili è però fondamentale che tutta la filiera si muova verso la medesima direzione. In questo ambito hanno un ruolo decisivo anche le istituzioni, nazionali e internazionali. La filiera è infatti protagonista, ma quello a cui bisognerebbe giungere è un vero e proprio ecosistema di cooperazione», specifica il presidente Assica Ruggero Lenti.

Salumi: bene produzione e consumi, in aumento i costi - Ultima modifica: 2022-07-19T11:47:47+02:00 da K4

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