Per la famiglia Arnoldi, la suinicoltura non è l’attività principale. Sono, infatti, in primo luogo allevatori di bovini e come tali sono stati premiati, lo scorso gennaio, dalla nostra casa editrice.
Tuttavia, ai margini della loro tenuta di Rivarolo Mantovano hanno, anche, alcune porcilaie: per un totale di 270 scrofe a ciclo chiuso, inserite nel disciplinare antibiotic free di Opas Coop, con una particolarità: mentre il disciplinare stesso garantisce l’assenza di antibiotici a partire dal 49mo giorno di vita dell’animale, gli Arnoldi non li somministrato per tutta la vita, limitandoli, in caso di necessità, alle scrofe. «Può accadere che una madre non riesca a liberarsi dopo il parto e allora l’antibiotico diventa indispensabile. Ma salvo in casi eccezionali, alle nidiate non ne somministriamo. Con un’attenta gestione degli stress e soprattutto dell’alimentazione, fare a meno degli antibiotici è possibile», ci spiega Mauro, che segue a tempo pieno il ramo suinicolo dell’azienda.
Ciclo chiuso da dieci anni
Come abbiamo scritto, in origine – e a tutt’oggi ovviamente – gli Arnoldi sono allevatori di bovini. «Tuttavia nel 1997 si presentò l’occasione di ritirare un allevamento di suini in fase di chiusura. Siccome era vicino alla nostra proprietà, lo acquistammo e per un anno e mezzo lo lasciammo vuoto, apportandovi alcune migliorie», ricorda Simone, fratello di Mauro.
«Quando lo riattivammo scegliemmo di fare vendita dei magroni alla Latteria Primavera di Marcaria, di cui eravamo soci. Continuammo così per diversi anni, arrivando a 700 scrofe. Siccome la redditività di questa soluzione non era soddisfacente, tuttavia, una decina di anni fa decidemmo di passare al ciclo chiuso, con gestione delle inseminazioni per bande. Questo allo scopo di permettere un vuoto sanitario più lungo e avere una buona sanità degli animali. Nel tempo siamo arrivati alla dimensione attuale, che è di 270 scrofe, in disciplinare Antibiotic Free», conclude l’allevatore.
Come è possibile non usare antibiotici in tutta la vita dei suini, se le porcilaie convenzionali li impiegano abitualmente, quasi come strumento di allevamento? La risposta spetta, di diritto, a Mauro: «I due punti chiave sono ridurre gli stress e migliorare l’alimentazione. Combinati, questi due aspetti rendono possibile allevare gli animali senza che incorrano in patologie gravi, a iniziare dalla diarrea».
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Formula originale
Vediamo allora la routine di allevamento presso l’azienda mantovana.
Le strutture, come si vede dalle foto, sono di tipo tradizionale, in linea con l’età dei fabbricati. La formula di allevamento, tuttavia, è, come abbiamo visto, abbastanza innovativa. Non tanto nella scelta di programmare le fecondazioni per bande, cosa che fanno in molti. «Non facciamo parti sincronizzati, ma si cerca di concentrare le fecondazioni, in modo da avere parti all’incirca ogni tre settimane.
Lo scopo è di migliorare l’assistenza alle scrofe e in generale la gestione dell’allevamento, soprattutto dal punto di vista del vuoto sanitario», ci spiega Simone. «Facciamo in modo di avere sempre una settimana di vuoto sanitario, per ridurre il rischio di infezioni», aggiunge Mauro.
La gestazione non avviene in gabbia ma in gruppi di circa 10 scrofe, mentre i l parto si fa ancora in gabbia singola, anche se stiamo progettando la ristrutturazione del settore», conclude Simone.
Dopo il parto, come fa notare Mauro Arnoldi, inizia la fase cruciale nell’allevamento Antibiotic Free. «In questo periodo e più ancora nello svezzamento è importante ridurre al minimo gli stress per i suinetti. Nel nostro allevamento restano con la madre per 32-33 giorni. A quel punto allontaniamo la scrofa ma li lasciamo un altro mese nella sala parto, in modo da farli adattare progressivamente alle tre grandi novità che li attendono: lo svezzamento, il trasferimento e il raggruppamento delle varie nidiate. Se eseguite contemporaneamente o in un breve lasso di tempo, queste operazioni provocano traumi importanti agli animali, favorendo l’insorgere di patologie varie, a iniziare dalla diarrea. A quel punto, ricorrere agli antibiotici è indispensabile. Con il nostro sistema, invece, lo stress è molto minore».
Durante lo svezzamento gli animali alloggiano su un grigliato in plastica, mentre il magronaggio avviene su un misto grigliato/pavimento pieno, formato da cemento e argilla espansa, che ha funzione di isolante termico. La fase di ingrasso, infine, è tutta su grigliato tradizionale.
L’alimentazione, che abbiamo visto ricoprire un ruolo fondamentale, è fornita in forma liquida, con distributore automatico, dal magronaggio in poi. «Facciamo alimentazione a secco soltanto per il mangime sotto scrofa e durante lo svezzamento», ci dice Arnoldi.
Il ruolo della dieta
«Fabbrichiamo in casa il mangime ormai da cinque anni. Non lo facciamo per risparmiare – chi si illude di risparmiare in questo modo fa un grosso errore – ma per avere un prodotto di qualità controllata.
Grazie a questa soluzione, le infezioni negli animali sono crollate, al punto che riusciamo a non usare gli antibiotici», riassume Mauro Arnoldi. Le materie prime, continua, sono prodotte in azienda o reperite sul mercato. «Gli ingredienti sono abbastanza comuni: mais, orzo, crusca, concentrato proteico di soia, semi di lino crudi, siero di latte in polvere e integratori. Quel che conta sono la qualità e la preparazione».
Oltre a mantenere più sani gli animali, la nuova alimentazione li ha resi molto più tranquilli, al punto che gli Arnoldi hanno abolito il taglio della coda. «Credo che il cibo, assieme a una densità inferiore per metro quadrato, giochi un ruolo importante. Con un mangime di qualità gli animali sono indubbiamente più sereni e quindi sono meno istigati a mordersi».
In caso di problemi, come accenni di diarrea, gli Arnoldi ricorrono a prodotti fitoterapici, che sembrano dare buoni risultati. «Sono a base di diverse erbe e quando il problema è in fase embrionale, sono senz’altro efficaci. Il solo difetto è il costo, che non è cosa da poco».
Integratori più costosi, come del resto l’alimentazione; in più ci sono i tempi dilatati per la formazione dei gruppi e la minor densità abitativa nei capannoni. Tutto questo fa salire le spese di allevamento.
Bilancio finale negativo
E sul fronte ricavi che avviene? I suini della famiglia Arnoldi sono venduti a Opas Coop, una organizzazione di allevatori che ha creato una linea di prodotti Antibiotic free. «Le cosce sono usate nella filiera di Parma e San Daniele, mentre il resto della carne finisce in gran parte all’estero, dove c’è maggior attenzione verso questo tipo di prodotti. Mi risulta però che una buona quota sia commercializzata anche da catene italiane».
A fronte degli sforzi fatti, naturalmente, gli Arnoldi ricevono un premio sul prezzo. Tuttavia, il bilancio finale non è positivo. «La maggiorazione è poca cosa: se un allevatore dovesse rivoluzionare il ciclo produttivo per diventare antibiotic free, non credo che ne avrebbe convenienza. Noi lo facciamo in primo luogo perché riusciamo a rispettare il disciplinare senza grossi problemi e poi perché ci piace l’idea di fare un prodotto sano. È anche una questione di orgoglio aziendale, insomma. Infine, ci auguriamo che presto o tardi la domanda di prodotti senza antibiotici possa decollare».
Scheda aziendale
Azienda: Allevamento Arnoldi
Proprietari: Fam. Arnoldi
Ubicazione: Rivarolo Mantovano (Mn)
Tipo di allevamento: ciclo chiuso
Scrofe: 270
Destinazione: filiere Parma e San Daniele
Particolarità: adesione al disciplinare Antibiotic Free di Opas Coop
Superficie coltivata: 140 ettari
Coltivazioni: mais, grano foraggero, medica
L’incognita Covid-19
Naturalmente, su tutto questo pesa oggi l’incognita legata al Coronavirus. Che finora, tuttavia, non ha creato grossi problemi alla famiglia Arnoldi. «Registriamo qualche ritardo nella consegna delle forniture, ma nulla di più. La speranza, ovviamente, è di non ammalarsi e che non si ammalino nemmeno i nostri due dipendenti, altrimenti la situazione potrebbe diventare molto seria».
Il prezzo dei suini, continua Mauro Arnoldi, sta però risentendo della crisi incipiente. «Le quotazioni sono in discesa, a quanto pare per scarsità di domanda, legata al fatto che i ristoranti e gli hotel sono chiusi. Temo che la flessione si prolungherà a tutta l’estate, purtroppo. Ne usciremo, ma non sarà un anno facile».
Ascolta il podcast di Simone Arnoldi!