La castrazione si rende necessaria nei suini di sesso maschile per evitare che le carni assumano il caratteristico “odore di verro” che inficia il sapore delle carni stesse. Tra gli agenti primari responsabili della problematica, abbiamo l’androstenone, lo scatolo anche se le carni possono assumere il già menzionato “odore di verro” anche in presenza di bassi livelli dei due composti.
Da anni la suinicoltura si sta interrogando su eventuali metodologie da mettere in campo per arrivare ad uno stop definitivo della castrazione. I metodi che fino ad ora hanno dato i migliori risultati sono essenzialmente due: la selezione contro l’odore di verro che mira a diminuire per via genetica i principali agenti chimici che vanno ad inficiare il sapore delle carni e la cosiddetta immunocastrazione tecnica che agisce stimolando il sistema immunitario del suino a produrre anticorpi contro l’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH).
Entrambi gli approcci presentano vantaggi, ma al tempo stesso non sono risolutivi: infatti la via genetica non è in grado di azzerare il problema, quella ormonale che potrebbe invece esserlo, non viene accettata in diversi paesi dell’Ue per l’atteggiamento dei consumatori che sono contrari al consumo di carni trattate con prodotti a base ormonale.
Nel nostro paese l’immunocastrazione è oltretutto osteggiata da macelli e industria di trasformazione in quanto una quota importante delle cosce Dop alla rifilatura, presenta una maggior superficie coperta dalla pelle scrotale, per cui rimane un’area muscolare molto ampia priva di copertura della cotenna, requisito fondamentale per una corretta salatura del prosciutto.
Non si è citato volutamente la tecnica del sessaggio del seme in quanto, seppur studiata da un tempo superiore rispetto ai due sistemi precedentemente elencati, non è riuscita ancora ad approdare a soluzioni che possano essere applicabili in campo su larga scala, per costi e tempistiche di lavorazione.
Da qualche tempo invece, una tecnologia denominata Gene Editing (per approfondimenti vedere box) viene investigata in quanto, dagli studi preliminari, sembra essere molto promettente per risolvere la problematica della castrazione.
La sperimentazione tedesca
Al Friedrich-Loeffer-Institut Bjӧrn Petersen e il suo staff, sono stati in grado di eliminare un gene chiamato “SRY” il quale si trova sul cromosoma maschile (Y) di tutti i mammiferi che sembra essere uno dei principali responsabili della differenziazione per via genetica delle caratteristiche maschili. La ricerca è stata condotta a seguito di precedenti studi, in cui si era dimostrato su topi da laboratorio e conigli, che eliminando il gene “SRY” non si verificava lo sviluppo testicolare e, contemporaneamente, si assisteva allo sviluppo degli organi sessuali femminili. In questi soggetti chiamati a fenotipo femminile seppur con genotipo maschile, il problema dell’odore di verro non si presenta.
Nel primo filone di esperimenti condotti da Petersen e il suo staff si sono prodotti suini a partire da embrioni cui era stato asportato il gene “SRY” ed impiantati in scrofette. Gli animali ottenuti avevano vulva, utero, ovai e le altre parti dell’apparato riproduttore femminile anche se, ai 6 mesi di età non hanno mostrato i segni del calore. Esami post-mortem condotti ai 9 mesi di vita, hanno evidenziato l’assenza di follicoli funzionali e l’utero è stato giudicato “immaturo”. Dagli esperimenti iniziali al fine di poter ottenere questo genere di suini su larga scala, si stanno indagando due possibili vie. La prima prevede di effettuare la rimozione del gene non sugli embrioni, ma sui verri i quali dovrebbero essere portatori della modifica a livello spermatico. La tecnica alquanto complicata, consiste nell’integrare il vettore CRISPR/Cas (costituito da una sequenza genica) nel cromosoma Y del verro sotto il controllo di un promotore specifico della spermatogenesi, andando successivamente ad analizzare se lo sperma prodotto contiene la modifica. In caso di successo, il seme di questi verri utilizzato per ingravidare le scrofe, dovrebbe portare alla nascita di femmine o maschi con fenotipo femminile.
Un secondo filone di studi invece, prevede la completa distruzione del cromosoma “Y” a livello spermatico. Secondo Petersen, si tratterebbe di effettuare numerosi tagli nelle sequenze geniche tali per cui il cromosoma Y si distrugge. Tale sperimentazione è stata condotta nei topi con successo anche se nei suini viene da chiedersi cosa possa determinare l’eliminazione di intere sequenze geniche che sono presenti solo nel cromosoma Y. Affinché la tecnica possa avere successo, è necessario integrare il vettore CRISPR/Cas sotto il controllo di un promotore della spermatogenesi specifico il quale conduca alla produzione di spermatozoi Y non funzionali e cellule spermatiche X intatte e funzionali.
Petersen spera che il secondo approccio possa rivelarsi percorribile in campo in quanto consentirebbe di produrre suini senza la necessità di ricorre all’editing genomico se non nei verri. Inoltre tali suini sarebbero sia da un punto di vista fenotipico che genetico femmine le quali ricevono un cromosoma X dalle madri e uno dai padri, come avviene normalmente in tutte le femmine non solo tra i suini, ma anche nei mammiferi in generale. In questo modo, non ci si dovrebbe aspettare differenze in termini di performance riproduttive e qualità della carne.
L’Ue e il Gene Editing
La normativa in vigore nell’Ue considera gli organismi ottenuti attraverso la tecnica del Gene Editing alla stregua dei cosiddetti ogm (Organismi geneticamente modificati) e pertanto vige il divieto di produzione per fini commerciali. Ovviamente ad altre latitudini le restrizioni sono inferiori e con esse i divieti. A parere di Petersen, il consumatore dovrebbe arrivare all’accettazione di tale tecnica in quanto evita agli animali le inutili sofferenze legate alla castrazione. A livello di Commissione Ue sono già allo studio i vantaggi e possibili svantaggi del Gene Editing e non è escluso che il Parlamento europeo, possa pronunciarsi in suo favore soprattutto in determinati contesti.
La posizione dell’opinione pubblica
Nel giugno 2019 sono stati pubblicati i risultati di uno studio Brasiliano in cui ai consumatori sono state poste domande circa la loro accettazione della tecnologia del Gene Editing come possibile alternativa alla castrazione. Ne è emerso che gli eventuali benefici attesi, hanno un loro ruolo nel favorire un giudizio positivo per oltre la metà degli intervistati indipendentemente dal sesso, età, orientamenti religiosi, livello di studi, ecc. Nemmeno la residenza in zone urbane o rurali, che spesso determina differenze comportamentali e di giudizio, ha influenzato l’esito dell’intervista suddetta. Altrettanto interessante è stato osservare come il giudizio positivo non era collegato a conoscenze di fondo sulle biotecnologie, così come non era da mettere in relazione con preoccupazioni da ricondurre al problema della castrazione o dell’odore di verro. Più in generale invece, gli intervistati sembravano intravedere nel quesito generici benefici e contemporaneamente l’assenza di particolari rischi. Coloro che consideravano la tecnica del Gene Editing accettabile per i suini, tendevano a giustificare la loro posizione con argomentazioni legate al benessere animale, mentre invece i contrari, avevano tale posizione soprattutto a seguito di una mancata accettazione di questo genere di biotecnologie.
Da non trascurare infine che complessivamente l’80% degli intervistati, ha comunque espresso una certa preoccupazione per conseguenze non previste sull’eventuale utilizzo della modificazione genetica su larga scala.
PILLOLE DI GENE EDITING
L’ultima frontiera dell’ingegneria genetica è rappresentata dalla modifica mirata di parti del genoma attraverso tecniche come il CRISPR-Cas9 meglio conosciuta come gene editing. Tale metodica si concretizza sostituendo una sequenza di Dna con un’altra. L’editing è una tecnica molto utilizzata, soprattutto nell’era digitale, per modificare, correggere, riorganizzare e perfezionare un file. Con il taglia e cuci si può revisionare un file word o un file video in modo da realizzare un libro o un filmato praticamente senza imperfezioni.
Ora la tecnica del “taglia e cuci” è presa in grande considerazione nell’ambito della selezione dei suini e non solo anche se, come si può immaginare, è molto più complessa rispetto al modo in cui è stata presentata in questa sede. Necessita di essere perfezionata, ma lascia intravedere prospettive enormi sia per fini terapeutici che di miglioramento genetico nelle specie d’interesse zootecnico. Essendo una tecnologia che interviene sul Dna andandone a modificare dei tratti, presenta problematiche legislative in quanto per esempio nell’Ue a oggi, non è ancora permessa se non a livello puramente sperimentale.
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