Lo sviluppo di un modello di calcolo dei costi di produzione del suino pesante è una delle finalità del Gruppo operativo per l’Innovazione denominato “Pork monitor”, finanziato dal Piano di sviluppo Rurale 2014-2020 dell’Emilia Romagna e che vede come capofila l’organizzazione interprofessionale Gran suino italiano. Partner del progetto sono il Centro ricerche produzioni animali, l’Organizzazione dei suinicoltori dell’Emilia Romagna (Asser) e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’obiettivo è mettere a disposizione dell’allevatore uno strumento che consenta di monitorare il proprio costo di produzione e i propri parametri di produttività.
Il programma di calcolo è stato preliminarmente testato su un campione di allevamenti, e i risultati dell’analisi con i costi di produzione 2019 sono esposti di seguito.
Nell’indagine sono stati coinvolti 11 allevamenti, sei dei quali specializzati nell’ingrasso di magroni acquistati da terzi. I rimanenti gestiscono direttamente anche le fasi di riproduzione e svezzamento dei suinetti, successivamente trasferiti nei reparti di accrescimento ed ingrasso (ciclo chiuso).
Allevamenti da ingrasso
Gli allevamenti da ingrasso contano una dimensione media di circa 6.500 posti, mentre la produzione netta espressa in termini di peso vivo, si è attestata a poco meno di 1.450 tonnellate.
Tab. 1 - Caratteristiche e indici produttività allevamenti da ingrasso
Posti (n.) | 6500 | Mortalità | 0,026 | |
Magroni acquistati (n.) | 11609 | Incremento medio (gr/capo/d) | 674 | |
Peso magroni (kg/capo) | 33,3 | Consumo razione (kg/capo/g) | 2,45 | |
Suini venduti (n.) | 10962 | Consumo alimentare per ciclo (kg) | 490 | |
Peso vivo (kg p.v./capo) | 170,1 | Indice di conversione alim. (kg/kg) | 3,6 | |
Produzione netta (kg) | 1449150 | Costo della razione (€/100 kg) | 23,95 |
I capi da macello, destinati al circuito Dop, sono allevati fino ad un peso vivo di 170 chilogrammi, a partire da magroni acquistati al peso di 33 chilogrammi. Le razioni sono costituite da mais, orzo, crusca e nuclei proteici o farine di soia, e somministrate in broda dopo la diluizione in acqua o in siero di latte. L’indice di conversione alimentare, che è stato calcolato sul quantitativo tal quale dei mangimi, si è attestato a 3,60, mentre l’incremento medio giornaliero dei capi risulta mediamente pari a 675 grammi, con punte massime di 730 gr/capo/g.
La tabella 2 riporta la ripartizione completa dei costi di produzione calcolati in riferimento al capo e al peso vivo venduto. Rispetto ad un costo totale di 273 €/capo, corrispondente a 1,60 €/kg p.v., l’acquisto del magrone ha rappresentato oltre un terzo del costo medio totale. Nel calcolo è stato anche incluso il costo rappresentato dalla mortalità, che, oltre a comportare una riduzione della produzione vendibile, implica una perdita monetaria dovuta alla spesa sostenuta per l’acquisto di quei capi da allevamento che non arrivano a terminare il ciclo produttivo. La variabilità del costo di alimentazione, che è risultato in media pari a 118 €/capo, è determinata dalla differenza delle rese dei mangimi e, in misura ancor più rilevante, dal costo unitario della razione, compresa tra un minimo di 22 ed un massimo di 25 €/100 kg. La voce di maggiore rilievo tra gli altri costi variabili è rappresentata dai servizi e dalle prestazioni professionali, nei quali sono inclusi i trasporti, le consulenze, e i costi di gestione degli effluenti.
Tab. 2 - Costi di produzione suino pesante in allevamenti da ingrasso
Voci di costo IVA incl. | €/capo | €/kg p.v.l |
Mezzi correnti e servizi (di cui): | 242,44 | 1,43 |
Alimentazione | 117,85 | 0,69 |
Magrone | 97,89 | 0,58 |
Mortalità | 2,62 | 0,02 |
Energia e carburanti | 4,53 | 0,03 |
Medicinali e veter. | 4,09 | 0,02 |
Servizi e prestaz. prof. | 8,49 | 0,05 |
Manutenzioni e materiali | 3,51 | 0,02 |
Spese generali | 3,45 | 0,02 |
Fattori di produzione (di cui): | 30,56 | 0,18 |
Lavoro | 14,12 | 0,08 |
Ammort. e interessi | 16,44 | 0,1 |
Costo totale | 273 | 1,6 |
Allevamenti a ciclo chiuso
I cinque allevamenti a ciclo chiuso per i quali è stato testato il modello di calcolo contano mediamente 385 scrofe in produzione. In questo caso il ciclo produttivo del grasso da macello è terminato al raggiungimento del peso vivo di 174 chilogrammi.
Molte voci di costo risultano più elevate in confronto agli allevamenti da ingrasso, in ragione dei fabbisogni di mezzi e servizi che fanno capo al centro di riproduzione aziendale, ovvero alla quota dei consumi a carico di scrofe, scrofette da rimonta e dei suinetti avviati alla fase di magronaggio. Questo vale, in particolare, per le voci relative all’alimentazione (168 €/capo), all’uso di vaccini e medicinali e ai consumi di energia e combustibili.
Inoltre, a parità di suini ingrassati, l’allevamento a ciclo chiuso necessita di un fabbisogno di ore lavoro supplementare da impiegare nei reparti di fecondazione, gestazione, maternità e allo svezzamento dei lattonzoli che escono dalle sale parto. Per questo tipo di allevamenti è inoltre abbastanza frequente il ricorso a contratti di soccida o di locazione dei siti produttivi dove hanno luogo le fasi di post-svezzamento e di ingrasso dei suini nati nelle scrofaie di proprietà. Tuttavia il costo di produzione medio totale, pari a 1,49 €/kg, è risultato complessivamente inferiore rispetto agli allevamenti da ingrasso, per l’incidenza che sulle spese sostenute da quest’ultimi ha assunto la voce relativa all’acquisto del magrone.
Redditività e prospettive
Per la vendita dei grassi da macello gli allevamenti del campione hanno percepito un prezzo, Iva esclusa, di 1,58 €/kg p.v. L’aliquota di compensazione forfettaria per l’Iva non detratta (7,95%) ha portato i ricavi unitari a 1,68 €/kg. Si tratta di una quotazione più elevata rispetto alla media dei prezzi di riferimento formulati dalla Cun nel 2019 per i suini da macello Dop della medesima categoria di peso.
D’altra parte nella seconda metà del 2019 i mercati europei hanno registrato una ondata di rialzi, innescata dal notevolissimo incremento delle esportazioni comunitarie verso la Cina. Seppure in ritardo, anche il mercato del suino pesante italiano ha agganciato la ripresa raggiungendo nell’ultimo trimestre dell’anno valori di massimo mai toccati in precedenza, per poi invertire pesantemente la tendenza nel primo semestre dell’anno in corso.
Per gli allevamenti da ingrasso, senza la compensazione Iva applicata al valore delle vendite, i costi di produzione sarebbero risultati superiori ai ricavi unitari, con una perdita quantificabile in circa € 7,5 € per capo. L’aliquota di compensazione ha invece consentito la piena copertura dei costi.
Il costo medio degli allevamenti a ciclo chiuso è risultato complessivamente inferiore ed il margine più elevato, dato il peso che la spesa per l’acquisto del magrone ha sul bilancio degli ingrassatori. Difficilmente lo stesso risultato sarà raggiunto al termine dell’esercizio 2020, anche ipotizzando il miglioramento degli indici di produttività o un contenimento dei tassi di mortalità nelle fasi successive allo svezzamento. Il prezzo del suino pesante nel primo semestre ha infatti accusato un calo tendenziale riconducibile in parte agli effetti del lungo periodo di chiusura dei canali della ristorazione, che hanno affossato nel mese di giugno le quotazioni al di sotto del livello di sopravvivenza. Quasi contemporaneamente al ripresentarsi dell’emergenza dovuta alla seconda ondata della pandemia da Covid, gli equilibri del mercato europeo sono stati ulteriormente alterati dalla scoperta in Germania dei primi casi di Peste suina Africana rinvenuti di settembre nella popolazione di cinghiali. A fine novembre i casi accertati nei distretti del Brandeburgo e della Sassonia confinanti con la Polonia ammontavano a un totale di 153. Già a pochi giorni dai primi accertamenti, Cina, Corea e Giappone - ovvero i maggiori mercati di esportazione dell’Ue - hanno deciso di chiudere le proprie frontiere alle carni suine tedesche.
Nel solo mese di settembre le esportazioni della Germania verso Paesi terzi sono precipitate del 40% sia su base tendenziale sia rispetto al precedente mese di agosto. La pressione sui prezzi nel mercato interno europeo è progressivamente aumentata per il riversarsi delle eccedenze tedesche entro i confini comunitari e per la nuova serie di provvedimenti adottati a fronte dell’emergenza sanitaria, che hanno portato alla totale o parziale chiusura di alcuni importanti canali di distribuzione, ed imposto il rallentamento degli abbattimenti all’interno di molti macelli. La conseguenza è stato un calo tendenziale dei prezzi comunitari dei suini da macello (classe E) di oltre il 20%. In Italia si è assistito al calo delle quotazioni dalla seconda metà del mese di ottobre, causa la riduzione degli ordini delle aziende di trasformazione e l’ampia disponibilità di tagli provenienti dal Nord Europa a prezzi estremamente competitivi.