La sostenibilità degli allevamenti suinicoli all’aperto

allevamenti suini sostenibili
Azienda “I Fondi di Zavatta”.
Scopriamo quali sono le condizioni di biosicurezza e di benessere animale, le emissioni di CO2 e i costi di produzione degli allevamenti all’aperto appartenenti alla filiera corta dell’Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna l’allevamento dei suini all’aperto è stato disciplinato a partire dal 2008 (Deliberazione di Giunta regionale n. 1248) con lo scopo di definirne i requisiti minimi di biosicurezza, di benessere animale e di sostenibilità ambientale, con particolare riferimento alla tutela delle acque superficiali e di falda. A causa della diffusione crescente della Peste Suina Africana, la biosicurezza rappresenta oggi un requisito prioritario per tutti gli allevamenti suinicoli ma ancora di più per quelli all’aperto, dove i suini possono essere più esposti al contatto con i selvatici.

Il progetto

Il Gruppo Operativo per l’Innovazione (Goi) “Salcasa – Filiera corta sostenibile dei salumi e delle carni derivanti da suini all’aperto”, finanziato dal Psr 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna (misura 16.1.01), ha voluto indagare le condizioni di biosicurezza in cui questa tecnica di allevamento è applicata in Emilia-Romagna e l’effetto che essa ha sulle emissioni di CO2, sull’economia aziendale e sulle condizioni di benessere animale.

Dieci allevamenti all’aperto emiliano romagnoli sono stati selezionati, visitati e analizzati in relazione alle loro condizioni di biosicurezza, alla loro impronta del carbonio e al loro costo di produzione; in nove di questi sono state rilevate anche le condizioni di benessere dei suini. Tre di essi sono gestiti dalle tre aziende agricole partner del Goi. I dati analizzati sono stati raccolti attraverso sopralluoghi, interviste e la compilazione di questionari dedicati.

Le condizioni di biosicurezza

Le condizioni di biosicurezza sono state analizzate secondo il sistema di valutazione Biocheck.UGent, la cui compilazione online permette di scaricare un rapporto aziendale comprensivo di punteggi percentuali relativi a 6 criteri di biosicurezza esterna e a 6 criteri di biosicurezza interna (tabella1), intendendo per biosicurezza esterna l’insieme delle misure per impedire o limitare l'introduzione di malattie dall'esterno, e per biosicurezza interna le misure per limitare la diffusione delle malattie all'interno dell'allevamento. Biocheck.UGent consente anche il confronto tra i punteggi aziendali e i punteggi medi a livello nazionale e mondiale (benchmarking) ed è stato già utilizzato per analizzare le condizioni di biosicurezza in numerosi allevamenti suinicoli (408 in Italia, 48.610 nel mondo).

La biosicurezza esterna

La tabella1 evidenzia chiaramente che solo 3 allevamenti su 10 presentano punteggi subtotali per la sola biosicurezza esterna superiori alla media nazionale (73); altri 3 allevamenti hanno punteggi vicini alla media, 2 di non molto sotto la media e 2 molto al di sotto della media. Per questi ultimi le carenze principali riguardano la prevenzione nel trasporto dei suini e lo smaltimento dei morti, la fornitura di alimenti e di acqua e l’uso delle attrezzature, le zone filtro e la disinfezione per il personale e i visitatori e il controllo dei parassiti. Ciò evidenzia che è possibile ottenere livelli di biosicurezza superiori alla media anche in allevamenti all’aperto ma, al tempo stesso, che la maggior parte degli allevamenti considerati presenta carenze da risolvere urgentemente, tenuto conto della attuale emergenza Psa.

La biosicurezza interna

Dal punto di vista della biosicurezza interna si evidenziano punteggi relativamente bassi in tutti gli allevamenti eccetto uno. Le principali carenze riguardano le ovvie difficoltà nell’adottare il sistema “tutto pieno, tutto vuoto” e nel lavaggio e disinfezione delle attrezzature e degli ambienti in cui i suini sono allevati, e sono imputabili anche alla più difficile compartimentazione dei suini tra bande e tra fasi di allevamento negli allevamenti all’aperto rispetto a quelli intensivi.

Il Benessere Animale: gli ambienti di allevamento

L’analisi del benessere animale è stata condotta utilizzando una serie di indicatori di benessere, alcuni dei quali basati sull’osservazione degli ambienti di allevamento (Rbm, resource-based measures) e altri basati sull’osservazione diretta di un campione rappresentativo di suini (Abm, animal-based measures).

La tabella 2 illustra i principali indicatori analizzati rilevati in 9 dei 10 allevamenti all’aperto considerati; in uno di essi, infatti, non è stato possibile rilevare le condizioni di benessere dei suini all’aperto perché prima del rilievo dei dati l’Autorità Competente ha richiesto all’azienda di trasferire i suini in un allevamento intensivo per ridurre il rischio di esposizione dei suini alla Psa.

Tutti i suini hanno accesso a spazi all'aperto al peso vivo medio di 33 kg, eccetto in un allevamento dove passano ai recinti all'aperto a un peso più elevato (60-80 kg).

In nessun allevamento sono stati effettuati trattamenti antibiotici sulle bande di suini precedenti la visita aziendale. In uno di essi i suini hanno ricevuto un trattamento antiparassitario durante la fase di accrescimento.

La caudectomia non viene praticata in nessuno di questi allevamenti e soltanto un allevatore dichiara di avere avuto saltuariamente alcuni casi di morsicamento della coda, la cui causa non è imputabile alla mancanza di arricchimento ambientale nei recinti all’aperto ma ad altri fattori (es. carenze nutrizionali, stress termico), tenuto conto dell’origine multifattoriale di tale fenomeno.

Due allevamenti su 9 alimentano i suini a broda mentre gli altri 7 utilizzano mangime a secco. La distribuzione alimentare è razionata eccetto in un allevamento dove il mangime secco è distribuito a volontà e sempre accessibile ai suini. In 7 allevamenti su 9 i suini possono accedere a sistemi di raffrescamento durante la stagione calda, rappresentati principalmente da pozze di acqua dove bagnarsi ed evaporare acqua dalla cute per dissipare calore.

La condizione di salute degli animali

Dieci indicatori di benessere sono stati rilevati attraverso l’osservazione di campioni rappresentativi dei suini presenti in allevamento, di numerosità variabile da 22 a 111 e di peso vivo medio variabile da 25 a 146 kg. Il limitato numero di suini allevati in alcune delle aziende e il loro diverso peso vivo rendono difficile il confronto interaziendale; inoltre il limitato numero di allevamenti considerati non permette di generalizzare i risultati.

Tuttavia i dati evidenziano alcune problematiche, come per esempio l’elevata percentuale di suini sottopeso nell’azienda 3, dove si sono osservati casi di tosse (8%) e starnuti (4%) che indicano la presenza di patologie respiratorie.

Lesioni alle orecchie sono stati riscontrate nel 27% dei suini dell’azienda 9. Nessun altro tipo di lesione recente è stara riscontrata sul corpo e sulla coda dei suini oggetto di osservazione. Nonostante ciò, in 4 aziende sono state osservate code più corte del 50% della lunghezza naturale, come nel caso dell’azienda 6 che presentava il 14% di suini con coda più corta del 50% e il 18% con coda più corta del 32%. Poiché l’allevatore ha dichiarato di non tagliare le code, si desume che le code più corte derivino da fenomeni di morsicamento avvenuti prima della fase d’ingrasso all’aperto.

Ernie non gravi e bursiti sono state osservate rispettivamente in soli uno e due allevamenti. Zoppie non gravi sono risultate presenti in 6 su 9 allevamenti, con percentuali fino 5% dei suini osservasti e in un allevamento è stato riscontrato anche un suino con zoppia grave incapace di deambulare. Ciò evidenzia che il problema delle zoppie è presente negli allevamenti all’aperto nonostante tutta la ginnastica funzionale che i suini possono esercitare; infatti, anche il terreno accidentato (es. le crepe nel terreno durante l’estate) può causare traumi ai suini che dovrebbero essere curati tempestivamente, isolandoli in idonei recinti o box infermeria.

I valori dell’impronta di carbonio

Il numero di capi allevati nell’anno varia da 25 a 725 capi con una media di circa 200 capi. Le aziende hanno in media 28,27 ettari di terreno di cui 7,28 ettari a pascolo. L’impronta di carbonio media è risultata pari a 3,73 kg CO2eq/kg per peso vivo.

L’impronta di carbonio non presenta correlazioni significative con il numero di capi (Cf +0,07), con il peso finale di macellazione (Cf -0,17) e con la superficie a pascolo (Cf +0,06). Considerando, invece, la superficie totale aziendale si nota una possibile correlazione tra superficie e impronta di carbonio (Cf -0,32), che si riduce all’aumentare della superficie disponibile (Cf -0,32). Le aziende con meno di 30 ettari hanno ottenuto un’ impronta di carbonio media di 4,30 kg CO2eq/kg P.V. contro i 3,17 kg CO2e/kg di P.V. di quelle con superficie superiore ai 30 ha.

Bisogna però considerare che i dati raccolti provengono da un numero limitato di aziende, che mostrano un alto grado di eterogeneità, il che li rende statisticamente poco significativi. Inoltre, la mancanza di omogeneità tra i dati limita la capacità di trarre conclusioni generali o effettuare analisi statistiche robuste.

Complessivamente, i dati raccolti evidenziano valori di impronta del carbonio mediamente superiori a quelli rilevabili in allevamenti suinicoli intensivi. Tuttavia è importante precisare che l’impronta del carbonio è solo uno degli indicatori di sostenibilità ambientale e che non tiene in considerazione le emissioni di ammoniaca e di polveri sottili. Inoltre gli allevamenti all’aperto possono essere più sostenibili per l’ambiente, rispetto agli allevamenti intensivi, in termini di promozione della biodiversità e dell’utilizzo di risorse alimentari disponibili su terreni marginali (es. pascolo, ghiande, castagne, faggiole).

Costi di produzione diretti

 L'importanza dei costi di produzione risiede nella loro diretta influenza sulla redditività e sulla competitività delle aziende coinvolte. I dati utilizzati per questa elaborazione derivano da informazioni aziendali raccolte attraverso interviste condotte da tecnici specializzati, supportate da un questionario appositamente progettato per tale scopo. In tabella 5 sono presentati i risultati dell'analisi condotta, espressi in euro per chilogrammo di peso vivo prodotto.

Inizialmente, è opportuno focalizzarsi sui costi diretti, che rappresentano tutte le spese che generano un impatto diretto sull’attività produttiva,

I dati di acquisto di nuovi suini da ingrassare evidenziano valori notevolmente variabili, che partono da un minimo di 0,44 €/kg p.v., fino a raggiungere valori pari a 3,75 €/kg p.v.

La giustificazione a questa notevole variabilità è da associare alla poca uniformità di prezzo delle razze autoctone, che subiscono ulteriori fluttuazioni in base ai contratti stipulati e al peso iniziale dei suini. Nel caso in cui i suinetti siano auto-prodotti in azienda, questa voce fa riferimento al prezzo di vendita dei suinetti da parte dell’azienda stessa.

Una voce molto importante e impattante sul calcolo dei costi di produzione è il costo di alimentazione. Anche in questo caso si nota una elevata variabilità, giustificabile dalla diversa gestione degli animali, che hanno accesso a superfici di terreno a pascolo più o meno ampie e ricche di alimenti per i suini (es. castagne, ghiande). A seconda dei momenti in cui avviene l’ingresso a queste aree, si hanno delle variazioni nei valori. Infatti, un valore interessante relativo a queste aziende è l’incremento medio giornaliero, che varia notevolmente a seconda delle razze e della tipologia di allevamento adottato: i valori oscillano tra i 0,2 e i 0,7 kg di accrescimento al dì.

La manodopera è di tipo prevalentemente familiare, ad eccezione di alcuni contesti in cui sono presenti almeno uno o due dipendenti. Il tempo preso in considerazione per il calcolo del costo del lavoro è strettamente legato alla fase di ingrasso e non alle attività aziendali. Il calcolo del lavoro in questa tipologia di allevamenti restituisce valori molto altalenanti. Le ore di lavoro settimanali richieste non sono comparabili con gli allevamenti convenzionali, in quanto le attività da svolgere in un allevamento da ingrasso all’aperto possono essere nettamente inferiori ma comunque variabili a seconda del numero di suini e della gestione aziendale e strutturale, che può differire enormemente. Secondo la tariffa 2021, il costo del lavoro è altamente variabile, da pochi centesimi al kg prodotto fino a raggiungere valori superiori all’euro.

Le altre spese appartenenti alla categoria dei costi diretti comprendono le spese veterinarie, i materiali medici e vaccini, l’acqua e la paglia, eventuali materiali aggiuntivi, detersivi e disinfettanti, carburanti, elettricità, trasporto ecc. I valori raccolti restituiscono una spesa media di circa 0,24 €/kg P.V.

Le spese indirette

Tra le spese indirette sostenute dall’azienda si configurano tutti i costi che, pur essendo essenziali per il funzionamento dell'azienda, non sono direttamente associati al processo di ingrasso e produzione. Nella presente elaborazione, i costi generali hanno un valore medio di circa 0,35 €/kg P.V. e comprendono i costi amministrativi, i costi di manutenzione delle strutture, le tasse e licenze, le assicurazioni, altre spese generiche che coprono l’azienda e non specificatamente il processo di produzione.

In tutte le aziende il costo di produzione è largamente superiore a quello di mercato per i suini convenzionali; per questo motivo queste dieci aziende valorizzano la carne prodotta trasformandola in azienda. I suini vengono macellati nelle aziende stesse, dotate di un proprio impianto di macellazione (aziende 2 e 5) oppure in macelli limitrofi per poi ritirarne le carni e lavorarle e/o stagionarle e venderle nel proprio spaccio aziendale o agriturismo.

Tabella 5 - Costi di produzione, suddivisi in spese dirette e indirette, espresse in euro/kg P.V.
ID
azienda
Acquisto suinetti in ingresso Costi di alimentazione Costo del lavoro Altri costi diretti Costi generali Costo totale
1 0,44 1,6 0,23 0,11 0,05 2,38
2 2,68 3,22 0,6 0,11 0,36 6,97
3 1,43 1,34 2,68 0,2 0,56 6,22
4 1,97 5,2 1,27 0,28 0,3 9,02
5 0,75 1,6 0,32 0,43 0,01 3,11
6 3,2 1,02 4,54 0,3 1,45 10,51
7 3,75 1,69 0,97 0,19 0,55 7,15
8 0,48 1,14 0,22 0,14 0,11 2,09
9 3,53 3 0,21 0,63 0,38 7,75
10 0,95 1,1 3,35 0,03 0,06 5,46

Conclusioni

In conclusione, questa breve analisi evidenzia una notevole diversità tra le pratiche di allevamento estensivo e semibrado. Non è possibile standardizzare i dati, ma essi rivestono comunque un'importanza fondamentale poiché forniscono informazioni preziose su questo scenario all'interno del contesto agricolo regionale ed italiano.


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La sostenibilità degli allevamenti suinicoli all’aperto - Ultima modifica: 2023-11-13T16:49:43+01:00 da Annalisa Scollo

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